Fisco e contabilità

Dl Aiuti bis da 14,3 miliardi - S&P abbassa l’outlook dell’Italia

Entro martedì ok ad assestamento e Dl. L’agenzia di rating: dopo la crisi rischi per le riforme, outlook da positivo a stabile. Draghi: non ci fermiamo

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di Gianni Trovati

L’ultimo mattone nella colonna delle entrate extra che permettono di finanziare il bis del decreto Aiuti è arrivato con i dati dei versamenti al 30 giugno, non ancora disponibili quando si è costruito l’assestamento di bilancio. E porta a 14,3 miliardi, otto decimali di Pil, il miglioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto alla curva disegnata nel Def di aprile. La notizia arriva poco prima che in serata Standard & Poor’s comunichi una revisione del rating fuori sacco con cui abbassa l’outlook dell’Italia da positivo a stabile, mantenendo inalterata la tripla B, come prima conseguenza diretta delle tensioni sui mercati prodotte dal rischio politico determinato dalla caduta del governo e dalle prospettive elettorali del Paese che mettono a rischio le riforme mentre l’economia produce incognite più che certezze.

Ma anche se dimissionario, ha spiegato ieri il premier Draghi, il governo «non si ferma» perché l’agenda è ricca di impegni. Il primo è quello di utilizzare gli spazi fiscali, certificati dalla relazione che ieri mattina il premier Draghi e il ministro dell’Economia Franco hanno illustrato in consiglio dei ministri, nel provvedimento da approvare «senza indugio» per contrastare gli effetti di guerra e inflazione. Per le nuove misure dovrebbero essere in realtà fra 11 e 12 miliardi, 11,3 miliardi se con il provvedimento si deciderà di sbloccare tutti i 3,04 miliardi di fondi ministeriali congelati il 1° luglio dal decreto 80/2022 che ha abbattuto gli oneri di sistema sulle bollette del terzo trimestre dell’anno. E sul resto l’equilibrio fra le nuove misure, a partire dalle più costose come il bonus 200 euro e gli sconti sulla benzina, non è semplice.

In ogni caso il punto è chiaro. Mentre l’avvio del cammino estivo verso il voto manda in onda le prime scene del solito carosello di promesse di spesa, «le attività del governo non si fermano», come ha spiegato Draghi in mattinata incontrando a Palazzo Chigi agricoltori e artigiani; l’esecutivo «ha ancora tanto da fare», è il succo del ragionamento del presidente del consiglio, e vuole «coinvolgere tutti» nel lavoro in vista di un autunno difficile. Il contesto è quello confermato ieri dalle stime del Fondo monetario, che ha alzato al 3% le previsioni di crescita italiane per il 2022 ma le ha tagliate allo 0,7% per il 2023 (si veda a pagina 3; Moody’s invece con il suo +2,2% si mostra pessimista anche per quest’anno ; si tratta di usare gli ultimi frutti di una corsa dell’economia che sarà misurata venerdì dall’Istat per coprirsi dalla gelata in arrivo. Anche se la campagna elettorale la ignora.

In effetti l’agenda del governo, che oggi si confronterà con sindacati, commercianti e terziario, è fitta e coinvolge il Parlamento. Con lo stesso meccanismo seguito ad aprile con il Def, l’utilizzo dei margini di manovra aperti dal miglioramento dei conti pubblici è reso possibile da un’autorizzazione parlamentare che andrà votata a maggioranza assoluta dei componenti come prevedono le regole del pareggio di bilancio. Tecnicamente è la via dello «scostamento», che però non crea deficit aggiuntivo conferma l’obiettivo 2022 del -5,6%. E il calendario prevede il voto di domani sulla relazione per completare assestamento e decreto entro martedì. In vista di una conversione anch’essa a tappe forzate prima del liberi tutti del voto di settembre.

In quest’ottica quello che si presenta come l’ultimo «corposo» provvedimento di politica economica del governo Draghi punta prima di tutto a mettere in sicurezza il ventaglio di aiuti fiscali che finora, senza la crisi di governo, era stato portato avanti con passo trimestrale. Si spiega così l’obiettivo di prolungare il più possibile il taglio delle accise su benzina e gasolio, e il progetto di estendere agli ultimi mesi dell’anno le misure ora in vigore fino a fine settembre come il bonus sociale e il taglio degli oneri di sistema. Oltre, ovviamente, a rivitalizzare gli aiuti già scaduti come i crediti d’imposta per le aziende.

Ma la lista è lunga. E deve trovare il punto d’equilibrio con gli interventi anti-inflazione per le famiglie. In prima fila resta la replica del bonus da 200 euro, che così com’è ha però bisogno di 6,8 miliardi e potrebbe quindi riproporsi in forma più selettiva. Mentre la Lega torna a insistere sul taglio dell’Iva sui beni alimentari, proposto da mesi da Renato Brunetta. «Meglio tardi che mai», chiosa il ministro per la Pa.

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