Fisco e contabilità

Concessioni balneari, allo Stato 115 milioni di un business che vale fino a 15 miliardi

Allo Stato solo le briciole di un business che vale fino a 15 miliardi l'anno

di Raoul de Forcade

Circa 7,2 milioni di euro dalla Liguria; quasi 7,5 dalla Puglia; 11 dalla Sicilia. È questa la (assai bassa) consistenza dei canoni per le spiagge che arrivano allo Stato da tre regioni di grande importanza sotto il profilo del numero degli stabilimenti balneari. E dalle altre regioni italiane giungono somme analoghe.

Non a caso l’Agenzia per la concorrenza, calcola che il gettito dello Stato incamerato grazie a questi canoni è di circa 115 milioni di euro complessivi. Cifra davvero esigua se confrontata al giro d’affari stimato del settore, che arriverebbe (secondo Nomisma) a 15 miliardi, comprendendo anche un’alta percentuale di nero. Del resto, sempre secondo l’Agcom, delle 29.689 concessioni balneari in Italia, ben 21.581 pagano meno di 2.500 euro l’anno.

Enrico Schiappapietra, vicepresidente nazionale e presidente ligure del Sib, il sindacato dei balneari, però non ci sta: «È vero che pagavamo troppo poco per le concessioni degli stabilimenti, ma versavamo quello che ci chiedeva lo Stato. E non spetta certo all’inquilino chiedere al padrone di casa di fargli pagare di più. In ogni caso, ora non si possono cambiare le carte in tavola all’improvviso, annullando, da un giorno all’altro, tutti i progetti di chi aveva in mano una proroga delle concessioni fino al 2033».

Il riferimento è ovviamente alla sentenza del Consiglio di Stato con cui la proroga delle concessioni ai gestori di stabilimenti balneari è stata circoscritta al 31 dicembre 2023, dieci anni di meno rispetto a quanto in precedenza stabilito dalla legge di bilancio per il 2019 (la 145/2018). A fronte della doccia fredda arrivata dalla giustizia amministrativa (in assenza di una norma di regolazione definitiva della questione) i gestori affermano di essere pronti a tirare il freno su tutti gli investimenti previsti per il prossimo futuro. Resta il fatto che una normativa che regoli in maniera congrua, sia per lo Stato sia per i gestori, i canoni concessori è necessaria.

«Ho fatto partire la convocazione del tavolo interregionale del Demanio - afferma Marco Scajola, che ne è il coordinatore oltre a ricoprire la carica di assessore all’urbanistica e al demanio della Regione Liguria - e lunedì prossimo si aprirà un confronto tra tutte le Regioni. Ho il massimo rispetto per il Consiglio di Stato ma mi dispiace che in questo Paese le scelte vengano fatte in tribunale invece che in Parlamento e in Consiglio dei ministri». In Liguria, spiega Scajola, «ci sono 3.950 concessioni demaniali, che portano direttamente allo Stato 12,18 milioni di euro; di queste 1.275 sono per stabilimenti balneari, da cui vengono versati allo Stato 7,2 milioni (dei 12,18, ndr). Poi c’è un canone regionale che quest’anno ha portato nelle casse dell’ente complessivamente 1,8 milioni; di questi, 1,08 milioni provengono dai balneari. La somma, peraltro, è stata trasformata in una tassa di scopo che viene interamente girata ai Comuni per il ripascimento delle spiagge».

Gli imprenditori, come è logico, sono in fibrillazione. Roberto Recagno ha preso in gestione i bagni Ondina di Albisola Superiore nel 2021, con circa 120 ombrelloni (pre Covid e 90 con la pandemia); non rivela la somma che ha pagato, ma uno stabilimento di quel tipo, nella zona, non vale meno di 500-600mila euro. «Ho deciso di acquistare i bagni perché una legge mi garantiva la concessione fino al 2033. Ora non so più cosa fare. Era preferibile un aumento del canone (pagava 3.800 euro l’anno, ndr) piuttosto che tagliarci le gambe».

Preoccupato anche Simone Pastorino, titolare da 11 anni dei bagni Pescetto (140 ombrelloni pre Covid, un prezzo d’ingresso pagato, a suo tempo, di oltre un milione e 7mila euro di canone l’anno), vicini a quelli di Recagno. « Speriamo che cambi qualcosa rispetto alla sentenza - dice - perché siamo una famiglia e abbiamo sei dipendenti».

Nelle Marche, a Campofilone, il Comune ha ricostruito quasi due chilometri di lungomare investendo 500mila euro. Lì insistono sette concessioni; una è stata appena assegnata e gli oneri pagati. Per altre due, afferma il sindaco, Gabriele Cannella, «abbiamo preferito bloccare la gara vista l’attuale grande incertezza: avevamo una cinquantina di richieste».

Scendendo più a Sud, Raffaele Piemontese, vicepresidente della Regione Puglia, dice che «sarà necessario un intervento del legislatore nazionale su come si deve arrivare all’evidenza pubblica entro dicembre 2023. C’è da rispettare il tema della concorrenza ma bisogna pure evitare che le coste italiane finiscano in mano a grandi holding internazionali, sacrificando il lavoro di anni di tante imprese». In Puglia sono 2.500 le concessioni ma, spiega, la Regione «incassa una quota assai modesta, parliamo di 200mila euro: il canone va tutto allo Stato».

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