Fisco e contabilità

Pensionati, codice della strada, trattamento accessorio e conto giudiziale: le massime della Corte dei conti

La rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo

di Marco Rossi

Pubblichiamo di seguito la rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti depositate nel corso delle ultime settimane.

Incarichi di supporto a soggetti in quiescenza
La tassatività delle fattispecie vietate (dall'articolo 5, comma 9, della legge 135/2012) fa sì che le attività consentite per gli incarichi si ricavano a contrario, dovendosi le situazioni diverse da quelle elencate non essere ricompresi nel divieto di legge. Se il divieto riguarda l'attività di «studio e quella di consulenza», infatti, può ritenersi consentita quella di "assistenza" nei limiti in cui si diversifica dalle altre previste: assistenza che non comporti studio e consulenza, ossia attività caratterizzate, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche e che non rientri nelle ipotesi di contratto d'opera intellettuale di cui agli articoli 2229 e seguenti del codice civile. Deve, quindi, concludersi che gli incarichi riferibili alle attività di assistenza devono essere non assimilabili agli incarichi vietati dalla norma citata: «incarichi di studio e consulenza», «incarichi dirigenziali o direttivi» e «cariche in organi di governo».
Sezione regionale di controllo del Lazio - Parere n. 88/2023

Proventi del codice della strada e destinazione
Secondo il Dm 30 dicembre 2019: «La ripartizione interesserà il totale delle somme incassate al netto delle spese sostenute per tutti i procedimenti amministrativi connessi». L'indicazione non comporta il superamento delle linee ermeneutiche tracciate dalla deliberazione n. 1/2019 della Sezione Autonomie, che si è pronunciata nell'ottica della rispondenza alla voluntas legis di includere le spese affrontate dall'ente da cui dipende l'organo accertatore nella metà delle risorse allo stesso spettanti. La ripartizione al 50% dei proventi a favore dell'ente proprietario della strada in cui è stata compiuta e rilevata la violazione dei limiti della velocità ha il suo titolo esclusivo nel diritto di proprietà fondante il rapporto dominicale che lega indissolubilmente l'ente proprietario medesimo al suo bene. Le spese pertanto rientrano nella quota parte spettante all'ente accertatore non titolare del titolo di proprietà, in linea con l'intenzione del legislatore, come del resto avevano lasciato intendere gli stessi lavori preparatori della legge 120/2010 nel testo approvato dalla Camera, a tenore del quale «All'ente da cui dipende l'organo accertatore spetta una quota dei proventi idonea a recuperare le spese di accertamento». La ripartizione dei proventi prevista dal Decreto del Mit interessa il totale delle somme incassate nell'anno di riferimento indipendentemente dall'esercizio in cui è avvenuto l'accertamento. Ciò, ad avviso di questa Sezione, al netto unicamente delle spese sostenute per i procedimenti amministrativi connessi agli incassi, aggiunte alle sanzioni, quali, ad esempio, le spese di postalizzazione. D'altra parte, secondo le indicazioni contenute nello stesso decreto ministeriale, sono gli introiti derivanti dalle pecuniarie a prevedere la quota parte da inserire nell'apposita sezione della relazione compilata secondo lo schema obbligatorio ai fini dell'adempimento della rendicontazione informatica. Di conseguenza, è ribadito il principio nomofilattico espresso dalla Sezione delle Autonomie in merito al riparto dei proventi da sanzioni per violazione dei limiti massimi di velocità ai sensi dell'articolo 142, comma 12 bis , del codice della strada da devolvere, nella quota parte del 50% ciascuno, all'ente proprietario della strada e all'ente da cui dipende l'organo accertatore, in virtù della doppia titolarità di attribuzione dei proventi medesimi.
Sezione regionale di controllo della Lombardia - Parere n. 112/2023

Vincoli al trattamento accessorio
Al fine di osservare correttamente il tetto 2016 delle risorse accessorie, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017, il Comune considera le risorse necessarie al trattamento accessorio del personale nel loro ammontare complessivo. In assenza di specificazioni diverse da parte del legislatore, nel computo del tetto di spesa previsto dalla menzionata rientrano a disposizione, se non diversamente previsto dalla legge, tutte le risorse stanziate in bilancio dall'ente con destinazione al trattamento accessorio del personale, indipendentemente dall'origine delle eventuali maggiori risorse, proprie dell'ente medesimo, a tal fine destinate. Le considerazioni che precedono privano, pertanto, di fondamento l'operazione di "isolamento" prospettata dall'ente, ai fini del calcolo del tetto del 2016, del salario accessorio del segretario comunale, poiché il limite ex articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017 deve essere applicato alle risorse destinate al trattamento accessorio del personale nel suo ammontare complessivo e non con riferimento ai fondi riferiti alle singole categorie di personale. Il dubbio interpretativo del Comune nasceva dai contenuti circolare della RgS n. 25/2022 sull'inserimento delle informazioni del conto annuale, dove si afferma che «in sede di verifica del limite di spesa 2016, l'algoritmo del Conto annuale controlla che le voci accessorie soggette a limite complessivamente spettanti al segretario comunale e provinciale non si incrementino rispetto all'anno 2016, a prescindere che le stesse siano a carico di una sola amministrazione (segretario titolare di sede unica) oppure di più amministrazioni (segreteria convenzionata)» .
Sezione regionale di controllo della Lombardia - Parere n. 115/2023

Conto giudiziale
Il conto deve essere idoneo a rappresentare, mediante i fatti di gestione, i relativi risultati, la forma del conto ed i relativi contenuti debbono essere coerenti on questa finalità. In questo senso, dunque, si può invocare l'applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma che, tuttavia, non è - e non può costituire - un mezzo per derogare o, men che meno, eludere l'indefettibilità non solo dell'obbligo di rendicontazione, ma, sotto il profilo contenutistico, dell'obbligo di completa ed idonea rappresentazione dei fatti di gestione. In applicazione di tali generali principi la giurisprudenza afferma l'improcedibilità dei conti tanto nel caso in cui siano rappresentativi di una pluralità di gestioni facenti capo al medesimo agente, quanto nel caso in cui la medesima gestione faccia capo ad agenti diversi e ciò proprio in ragione del fatto che la confusione delle gestioni (sia dal punto di vista oggettivo che da quello soggettivo) impedisce la corretta individuazione della responsabilità degli agenti.
Sezione giurisdizionale regionale del Veneto - Sentenza n. 29/2023

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