Il CommentoAmministratori

Mancare l’appuntamento con il Pnrr condannerà i Comuni alla marginalità

I dati sugli indicatori di benessere presentati al Festival dell’Economia di Trento confermano un ritratto con ampia variabilità

di Alessandro Rosina

Nessuna provincia vince e nessuna perde nella classifica della qualità della vita. Vince o perde tutto il Paese. Vince quando la grande varietà che esprime il suo territorio è aiutata a diventare valore. Perde quando le differenze interne sono alimentate dalle diseguaglianze. Vince quando tutte le fasi della vita sono vissute positivamente con le proprie specificità e in relazione positiva tra di loro. Perde quando si creano squilibri, soprattutto dal basso, che portano a uno scadimento progressivo a danno di tutti.

Questo significa che se l’Italia vuole ripartire dopo l’impatto della pandemia ripensando e riorientando il proprio percorso di sviluppo, deve farlo attraverso meccanismi in grado di generare valore all’interno di un sistema spazio-temporale che ha come coordinate la dimensione territoriale e le dinamiche generazionali. I dati sugli indicatori di benessere presentati domenica al Festival dell’Economia di Trento e pubblicati lunedì su queste pagine, hanno come pregio principiale proprio quello di fornire un quadro su scala provinciale della qualità della vita e nelle varie fasi della vita. Quando si sintetizzano indicatori diversi nessuna metodologia è esente da limiti. Ciò che rende solido il ritratto fornito è l’uso di un ampio set di dati su vari ambiti. In questo modo nessun indicatore può da solo condizionare il risultato finale e allo stesso tempo vengono integrati diversi aspetti delle condizioni di benessere che interessano la vita quotidiana dei cittadini. Inoltre l’informazione di rilievo, nell’esercizio proposto, è il posizionamento relativo delle varie province e la possibilità di valutarne l’evoluzione nel tempo. Dopo la prima edizione dell’anno scorso, già quest’anno è possibile apprezzare le variazioni. Se è vero che i dati del 2021 portano ancora in sé i limiti del percorso passato e l’impatto della crisi sanitaria, qualche segnale di ripresa inizia già a vedersi, in particolare nelle province lombarde. Ma più che il recupero dei livelli passati sarà interessante vedere nei prossimi anni quali aree del Paese faranno i maggiori passi in avanti cogliendo gli investimenti e i progetti del Pnrr come opportunità di sviluppo coerente con le specificità del proprio contesto economico e sociale.

Il potenziamento della rete dei centri per l’impiego e degli asili nido sono due esempi di forte investimento strategico, in grado di far fare un salto di qualità al Paese, superando carenze sul territorio che hanno alimentato squilibri demografici e diseguaglianze sociali, vincolando verso il basso, in particolare, l’occupazione femminile e giovanile. Se finalmente le risorse sono disponibili, il successo dipenderà dalla effettiva implementazione in coerenza con le specifiche caratteristiche ed esigenze dei contesti locali. Per farlo, superando anche resistenze e sfiducia, è necessario attivare circoli virtuosi alimentati da un welfare di comunità. L’emergenza Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, è un esempio di sfida che chiede risposte sul territorio, sia in termini di politiche attive, in grado di fare da raccordo in tutta la transizione scuola-lavoro, sia attraverso un’alleanza locale, tra istituzioni pubbliche, scuola, aziende, associazioni di giovani e famiglie.

Sul fronte dei nidi, non basta costruirne di nuovi con finanziamenti che arrivano dall’alto. Devono essere utili e funzionali, con modalità in grado di favorire un circuito virtuoso tra domanda e offerta. La presenza dei servizi per l’infanzia è condizione necessaria ma non sufficiente, per una ripresa delle nascite. Serve un contesto più ampio favorevole. Non a caso, l’indicatore di sintesi sui bambini è quello che maggiormente discrimina tra Nord e Sud. Va, inoltre, osservato che il numero medio di figli per donna risulta maggiore a Trento che ad Aosta. La prima provincia mantiene una posizione elevata – la settima – sia nella dimensione dei bambini che in quella dei giovani, mentre Aosta passa rispettivamente dalla prima alla 37esima. La fascia dei giovani ha una rilevanza cruciale, perché se le nuove generazioni non trovano un contesto attrattivo dove si può coniugare lavoro, abitare e scelte di vita, il loro contributo allo sviluppo vitale del territorio rimane debole. L’indicatore più sensibile sulla presenza di queste condizioni è la natalità. Bolzano e Trento occupano le posizioni più elevate per numero medio di figli, mentre Aosta scivola nella seconda metà della classifica per le difficoltà a essere attrattiva pur avendo molte potenzialità, come mostra una recente ricerca commissionata dalla Regione.

Anche le grandi città si trovano con una natalità bassa che si correla a livelli bassi sul versante giovani. In questo caso non per mancanza di attrattività legata alle opportunità di lavoro, ma a tutti gli altri aspetti. Pesa il costo degli affitti, ma anche un livello di servizi che fatica a stare al passo con la complessità dell’organizzazione dei tempi di vita e lavoro dei centri metropolitani, dove più alta è anche al qualità attesa. Gli stessi contesti che presentano condizioni migliori per gli anziani, senza un rinnovo generazionale solido e di qualità sono destinati a veder aumentare nel tempo l’invecchiamento demografico con crescente difficoltà a garantire servizi di qualità per tutti.

Nel complesso, si conferma un ritratto con ampia variabilità, non scontato, sia in positivo che in negativo. Tranne pochi casi è difficile trovare province posizionate sempre in cima rispetto a tutte le tre fasce d’età e province sempre in fondo. Anche Messina, che non va mai sopra il 75esimo posto, sui giovani fa meglio di Milano e Roma. Nel recente libro Città Italia di Roberto Bernabò, che delinea «i nodi chiave di un’Agenda urbana per il governo della provincia italiana», un focus è proprio dedicato a Messina e agli interessanti segnali di vitalità sociale che sta esprimendo.

La classifica del Sole 24 Ore non deve, quindi, né rassicurare né portare a rassegnazione. Ogni territorio combina elementi di forza assieme a limiti e fragilità. È necessario sia prendere consapevolezza dei primi sia assumere un impegno responsabile verso i secondi, cogliendo l’occasione dei fondi del Pnrr per avviare processi di sostanziale miglioramento. Se finora la mancanza di risorse è stata per i Comuni un alibi, non utilizzare virtuosamente i finanziamenti rischia di diventare una colpa che condanna a un futuro di basso sviluppo e marginalità.