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A2A guarda al dossier Edison - Nel piano il focus resta l’Italia

L'intervista a Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A

di Cheo Condina

Il dossier Edison? «Se asset di generazione importanti come quelli di Foro Buonaparte finissero sul mercato è ovvio che A2A sarà interessata: in un momento come questo è importante che il gruppo torni italiano». L’aggiornamento del piano industriale al 2030? «La volatilità sui mercati delle commodity crea instabilità e assorbe circolante: abbiamo deciso di sacrificare gli investimenti all'estero per confermare i 16 miliardi su transizione ed economia circolare in Italia: il tema dell’autonomia energetica del Paese oggi è troppo importante». Le nuove mosse del Governo? «La tutela sociale ha priorità assoluta: il taglia profitti per noi ha impatti limitati». Il ceo Renato Mazzoncini ha presentato ieri il percorso di crescita al 2030 della multiutility lombarda, che – in buona sostanza – conferma i numeri del piano originario, lanciato due anni fa. Il presupposto? «Il ritorno alla stabilità nel 2025, con il settore gas che dovrebbe beneficiare dell’entrata in funzione dei rigassificatori di Piombino e Ravenna».

In conseguenza di questo scenario come cambia il ritmo degli investimenti di A2A?

Nel 2021-22 abbiamo messo fieno in cascina investendo 1,7 miliardi l’anno, cosa che ci ha anche permesso di centrare in anticipo di due anni i target sulle rinnovabili, dove siamo ormai a 2,6 GW. Nel 2023-24 metteremo a terra ulteriori 1,4 miliardi, il doppio della media recente, e dal 2026 ripartiremo con 1,6 miliardi annui secondo i piani previsti.

A ciò si aggiunge anche un cambio di rotta sulle strategie di crescita con focus su quella organica. È finito il tempo dell’M&A?

Rilevando il portafoglio solare di Octopus, l’eolico di Ardian e Volta Green Energy abbiamo acquisito una posizione rilevante nelle rinnovabili, dove siamo il quarto operatore italiano con una buona pipeline di 800 MW. Ora vogliamo concentrarci sul green field, ma se ci saranno opportunità sul mercato le guarderemo.

Tra queste opportunità potrebbe esserci anche Edison, nel caso Edf decidesse di metterla sul mercato?

In questo caso A2A guarderà sicuramente il dossier. In un momento come questo è importante che, se mai fosse messa in vendita da Edf, Edison torni in mani italiane, avendo altri Stati, a partire dalla Francia, fatto scelte orientate alla nazionalizzazione. Il mercato energetico italiano è uno dei più avanzati in Europa. Se nel Vecchio Continente ci fosse più reciprocità questo consentirebbe alle aziende italiane di competere all’estero come gli stranieri fanno da noi.

Tra Francia e Germania lo Stato sembra essere tornato protagonista in economia e soprattutto nell'energia.

Non farei di tutta l’erba un fascio. L’Italia in tema di liberalizzazione può essere considerata un campione rispetto alla Francia. La nazionalizzazione di Edf da noi non sarebbe mai potuta accadere: avremmo distrutto 20 anni di mercato libero che nei primi nove mesi del 2022, grazie a contratti a prezzo fisso, hanno permesso ai clienti A2A di risparmiare oltre mezzo miliardo di euro in bolletta. Il mercato tedesco è più simile al nostro e la nazionalizzazione di Uniper è stato segno della straordinarietà della situazione.

A proposito di Stato interventista, come valuta le ultime mosse del Governo con l’inasprimento del taglia profitti?

La tenuta sociale ha priorità assoluta. Sul tema degli extra profitti l'indicazione dell'Ue sembra chiara: tassare gli utili che vengono dall'estrazione di combustibili fossili. Noi infatti, non avendone, abbiamo pagato cifre limitate.

In attesa delle decisioni europee, il ministro Pichetto Fratin ha parlato di un tetto nazionale a 180 euro/Mw per l’elettricità prodotta da rinnovabili.

È logico che l’Italia si allinei alle decisioni europee, ma serve un cap a un livello adeguato che garantisca cioè nuovi investimenti nelle energie verdi, non il claw back di oggi a 58 euro. Tutto ciò è però da valutare in sede comunitaria e non nazionale, non può esserci una competizione asimmetrica con altre nazioni europee che potrebbero attrarre più investimenti dell'Italia.

Intanto però il target dei 10 GW di nuove rinnovabili l’anno per l’Italia appare lontanissimo.

La cosa più importante è che le Regioni identifichino le aree idonee. Il grosso dello sviluppo si può fare sul solare: basterebbe occupare lo 0,5% del suolo e il 26% dei tetti per centrare i target al 2030.

A2A punta ad arrivare a 5 GW di rinnovabili nel 2030. Un obiettivo di medio periodo, ma il suo mandato scade in primavera. Le piacerebbe guidare la società per altri tre anni?

Certamente. Aziende di infrastrutture per la transizione come A2A hanno bisogno di piani lunghi: nel momento in cui li disegni è bello vederne un po' anche la strada.

Il debito al 30 settembre era quasi di 5 miliardi, la preoccupa?

No, perché va visto in rapporto all'Ebitda, che a fine anno potrebbe arrivare a 1,5 miliardi. Su arco piano il multiplo scenderà sotto 3 mentre il gruppo più che raddoppierà la sua dimensione.

Quale sarà la dividend policy?

A2A ha una capacità di pagare dividendi ai Comuni che è la più importante d'Italia. Confermiamo una crescita del 3% l'anno della cedola ordinaria.

Ipotizzate di aprire il capitale delle reti o delle genco gas?

Abbiamo davanti mesi di grande volatilità e molti investitori interessati ai nostri asset. Nel secondo semestre valuteremo se avremo bisogno di risorse esterne e nel caso valuteremo il da farsi.

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