Amministratori

Abuso d’ufficio, parte la corsa per cancellare le condanne

In vigore da domenica 25 agosto la legge Nordio con la soppressione del reato

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di Giovanni Negri

Con l’entrata in vigore, da domenica 25 agosto, della legge Nordio, parte la corsa dei pubblici ufficiali a farsi cancellare le condanne già passate in giudicato per abuso d’ufficio. Davanti alla soppressione del più classico dei reati a carico dei pubblici amministratori, senza dubbio la norma emblema di tutto la legge 114, è evidente che moltissimi sanzionati in via definitiva, come sempre accade nei casi di abolitio criminis, o di drastico ridimensionamento della rilevanza penale (basta pensare a quanto avvenne pochi anni fa sul falso in bilancio quando, con l’introduzione delle soglie, il reato venne drasticamente circoscritto), avanzeranno richiesta di cancellazione della condanna dal casellario.

Secondo l’Anm, che ha contestato quella che appare come una vera e propria «amnistia», sono circa 4mila i pubblici ufficiali interessati; una ricerca del professore di Diritto penale della Statale di Milano, Gian Luigi Gatta, ha messo in evidenza come secondo i dati del casellario giudiziale, aggiornati a maggio 2022, relativi alle sentenze definitive di condanna dal 1997 al 2020, risultano iscritte oltre 3.600 condanne. Erano 546 nel 1997; sono progressivamente scese fino ad arrivare a 40 nel 2021.

Se l’esplosione delle richieste di eliminazione delle condanne ricevute è un’ovvia certezza, come pure l’archiviazione di tutti i procedimenti in corso, con uffici giudiziari che già nelle settimane passate hanno provveduto a sospendere i giudizi in attesa dell’entrata in vigore della legge, da domenica 25 agosto sarà invece tutto da misurare l’impatto dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio sotto una pluralità di punti di vista. Ne ricordiamo tre. Da verificare, infatti, sarà se la capacità creativa delle procure, favorendo l’espansione di altri reati, proverà a compensare quello che la magistratura tutta, per una volta compatta, considera un drastico abbassamento delle tutele a disposizione dei cittadini. Un’espansione che potrebbe condurre al paradossale effetto di rendere applicabili, al posto del vecchio e ormai accantonato abuso, delitti con sanzioni più gravi come la corruzione o l’estorsione. Anche per scongiurare questa, per ora solo eventuale ricaduta, nella maggioranza si ragiona su una possibile complessiva riforma dei reati contro la pubblica amministrazione.

La seconda incognita riguarda l’incisività del nuovo peculato per distrazione, che il ministero della Giustizia si è visto costretto a introdurre di corsa, nel decreto carceri, per tamponare l’assenza di piena tutela penale sulle distrazioni di denaro pubblico. Infine, c’è tutto il profilo di tensione con le fonti internazionali, a partire dal progetto di direttiva anticorruzione, che potrebbe a breve condurre la decisione della maggioranza davanti alla Corte costituzionale. Nello schema iniziale di direttiva, infatti, un robusto presidio penale per sanzionare le condotte ascrivibili all’ormai scomparso abuso d’ufficio è considerato essenziale dalla Commissione. Nelle settimane scorse, tuttavia, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha rivendicato di avere trovato un nuovo punto di equilibrio nel contesto europeo, con il riconoscimento della pluralità di reati che, complessivamente, la legislazione italiana può annoverare contro la corruzione.

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