Il CommentoFisco e contabilità

Abusi di bilancio, il rischio cresce nei periodi di adeguamento

di Enrico Caterini e Federico Jorio

Interessante la specificità giuridica di «bene pubblico» attribuita dalla unanime giurisprudenza costituzionale e contabile al bilancio (NT+ Enti Locali & Edilizia del 21 ottobre). Un istituto che si pone come garante della certezza e della trasparenza contabile da assicurarsi nella dinamicità, ciclicità e continuità.

Proprio per questo si presenta come il manufatto più difficile a comprendersi per antonomasia. Ciò nonostante, assume il ruolo dell'atto a più alto spessore politico.

Quanto al suo ineludibile metabolismo della società governata, è più volte intervenuta la Consulta sancendo che lo stesso debba essere reso comprensibile al «cittadino di media diligenza», perché costituisce un importante elemento della consapevolezza utile a valutare gli uscenti in tempo (quasi) reale e, di conseguenza, decidere i propri successivi rappresentanti nelle istituzioni democratiche.

Il problema del bilancio è quello che "inaridisce" solitamente il dialogo e il confronto routinario e costante tra le forze politiche rappresentate nei massimi consessi territoriali, in realtà non sempre complessivamente adeguate per una loro corretta interpretazione funzionale alla formazione dei relativi giudizi. Ciò continua a manifestarsi, malgrado la intervenuta radicale modificazione della sua disciplina (da ultimo integrata nel 2014) ne abbia conformato e uniformato la lettura.

Quindi, un bilancio storicamente trattato come strumento dei forti, intendendo per tali le maggioranze dominanti negli enti territoriali in vigenza delle vecchie e più addomesticabili regole contabili, è divenuto un istituto cui dovere fare quasi sempre esclusivo riferimento per leggere correttamente l'esercizio d'ambito delle politiche, sia in via preventiva che rendicontativa.

Proprio per questo motivo, specie nel periodo di adeguamento, attraverso accertamenti straordinari dei residui e della costituzione dei fondi rischi generici e specifici si rendono concretizzabili abusi di bilancio. Eventi, questi, facilmente riconducibili al reato di falso in bilancio, di frequente perpetrati con grande leggerezza se non con dolo, con conseguente materializzazione di un reato specifico senza tuttavia avvertirne la portata del reato. Non solo. Neppure della evidente illegittimità che potrebbe arrivare a determinare la nullità del rispettivo provvedimento di approvazione, con assunzione di responsabilità civile con obbligo di risarcimento del danno prodotto.

La brutta abitudine di lasciare per decenni indisturbati iscritti in bilancio residui attivi inesigibili ha fatto sì che si maturasse l'idea (quasi il convincimento) nei decisori politici e nella dirigenza di potere "tollerare" allocazioni contabili storiche, senza l'irrinunciabile dovere di attualizzarle, ovvero di utilizzarle per scopi diversi dal conseguimento della comprensibilità del cittadino di media diligenza.

Tutto questo potrebbe ricondurre a un uso distorto degli strumenti, concretizzando uno specifico vizio riconducibile all'uso distorto che si possa fare degli strumenti di programmazione e rendicontazione finanziaria. Un vizio da eccepire non solo in via amministrativa, sotto le diverse forme sintomatiche dell'eccesso di potere, ma rilevabile anche sul piano della responsabilità penale, in una logica estensiva del falso in bilancio, spesso dolosamente perpetrato per guadagnare credibilità amministrativa, altrimenti irriconoscibile, ma prioritariamente politica, funzionale a mantenere il consenso precedentemente goduto all'atto dell'esito elettorale.

La sua conformazione si materializzerebbe, infatti, nell'ipotesi in cui nel bilancio non venissero evidenziate sistematicamente - per strategia "difensiva" del risultato preteso, per esempio, nell'ipotesi di piani di rientro - i diversi accadimenti, incidenti negativamente, sul patrimonio e/o sul disavanzo di amministrazione, derivanti dalla mancata ovvero negligente rilevazione della obsolescenza e/o dalla inesigibilità di crediti datati ovvero dal non valorizzato scientificamente contenzioso esistente. Non solo. Sarebbe non difficile non individuarlo nelle frequenti omissioni ovvero nelle non attualizzazioni dei bilanci delle partecipate e/o degli enti strumentali al perseguimento dell'interesse pubblico, spesso solo assicurato nominalisticamente, nel redigere i bilanci consolidati. Quegli strumenti che permettono di rappresentare fedelmente la realtà patrimoniale, finanziaria ed economica dell'ente, ricorrendo ad una corretta eliminazione dei rapporti interagenti tra l'ente consolidante e quelli partecipati dal medesimo. In siffatte occasioni, non è infrequente rilevare nei bilanci, specie degli enti territoriali, comportamenti artatamente elusivi, oltre che delle regole e dei principi recentemente in frequente evoluzione normativa, degli standard estimativi, del tipo quelli afferenti al principio di correttezza e buona fede in materia di rapporti obbligatori, all'esaustività dei controlli di merito, ma anche alla riconciliazione delle partite infra-enti, alla circolazione delle poste debitorie, alla corretta valorizzazione del contenzioso e della verifica giuridica dell'esistenza e attualità dei crediti. Un modo, questo, per affievolire la tutela della collettività e dei suoi corpi intermedi, compreso il mercato, abusando dello strumento patrimoniale ed economico-finanziario nei confronti del quale i medesimi hanno il diritto di pretendere affidabilità, alimentando così anche una responsabilità civile da illecito extracontrattuale dell'ente con conseguente obbligo risarcitorio.