Urbanistica

Abusi, Comune condannato per carenza di accertamenti e di motivazione sulla sanzione

Il Tar Lazio accoglie il ricorso di un condominio contro la scelta dell'ente di imporre una multa invece della demolizione di un manufatto di modesta entità e di epoca incerta

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di Davide Madeddu

Nell'ambito di una contestazione per abuso edilizio è compito dell'amministrazione effettuare un accertamento tecnico preciso e motivare la sanzione pecuniaria. È questa una delle motivazioni con cui il Tar del Lazio con la sentenza n. 3462/2023 ha accolto il ricorso presentato da un condominio contro una sanzione irrogata da Roma Capitale «per un intervento di ristrutturazione edilizia in assenza del titolo abilitativo senza titolo». Un manufatto di modeste dimensioni posto nel cortile del condominio e utilizzato dai condomini per servizi igienici.

Nel ricorso il condominio contesta «sia la natura abusiva dell'opera oggetto del provvedimento sia la decisione del Comune di irrogare una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione in assenza di alcun rilievo o motivazione che giustifichi tale scelta che parte ricorrente ritiene pregiudizievole in ragione dell'entità della sanzione a fronte di un presunto abuso di ridotte dimensione e di agevole demolizione».

Per il collegio il ricorso è fondato.«Il provvedimento impugnato è molto generico sia sulle caratteristiche dell'opera abusiva - si legge nella sentenza - che sull'epoca in cui sarebbe stato commesso l'abuso, limitandosi a rilevare che si tratterebbe di "un volume in muratura di circa 3 mq per un'altezza di 2,10 edificato in epoca imprecisata"».

Non solo, nel provvedimento impugnato «non viene motivata la scelta di irrogare una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione del manufatto, e l'entità della sanzione viene determinata sulla base di una non meglio specificata "valutazione economica dell'abuso medesimo"». C'è poi un altro aspetto: la struttura sarebbe stata edificata «in epoca imprecisata» giacché l'intero edificio risale all'800 ed è stato oggetto di un «annoso contenzioso relativo ad altri pretesi abusi nell'ambito del quale non è mai stata contestata l'abusività del manufatto».

Per il collegio l'Amministrazione «avrebbe dovuto svolgere una più approfondita istruttoria relativamente all'epoca di realizzazione dell'abuso e alla natura pertinenziale del manufatto». Nel provvedimento non viene motivata la «decisione di comminare la sanzione pecuniaria in luogo dell'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi che, in ragione della modesta entità dell'opera avente natura pertinenziale, sarebbe stato meno oneroso per il Condominio». I giudici ricordano poi l'articolo 16 della legge regionale numero15 del 2008 con cui si prevede che «Qualora, sulla base di un motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente applica una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'incremento del valore di mercato dell'immobile conseguente alla esecuzione delle opere, determinato con riferimento alla data di applicazione della sanzione». I giudici sottolineano quindi che nel provvedimento impugnato «non vi è traccia dell'accertamento tecnico richiesto dalla norma applicata». Risultato? Ricorso accolto e provvedimento annullato «per difetto di istruttoria e motivazione, con la conseguenza che Roma Capitale dovrà rideterminarsi svolgendo idonea istruttoria sulle caratteristiche dell'immobile (con particolare riguardo alla sua natura pertinenziale) e sull'epoca di realizzazione dell'intervento e, laddove ne ritenesse l'abusività, dovrà fornire idonea motivazione in relazione alla sanzione da irrogare (demolizione ovvero sanzione pecuniaria)»

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