Amministratori

Acqua, una maxi utility a Milano - Piano per sinergie fino al 10%

L’Ato ha preparato l’analisi per la fusione fra GruppoCap e Metropolitana milanese

di Sara Monaci

Ecco pronto lo studio di fattibilità che indica la strada per la fusione, nel settore idrico, di Metropolitana milanese, controllata del Comune di Milano, e del Gruppo Cap, la multiutility della Città metroplitana di Milano e di altre aree della Lombardia (molti comuni di Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como).

Mettendo insieme le due realtà - attraverso quello che tecnicamente è un accorpamento in Cap di un ramo d’azienda di Mm - nascerebbe un bacino potenziale di 3,5 milioni di utenti: i 2 milioni gestiti al momento dal gruppo Cap più 1,5 milioni circa di residenti milanesi.

L’analisi, realizzata dall’Ambito territoriale ottimale (Ato) della Città metropolitana di Milano a fine 2021 ma mai resa nota, mette in evidenza «un risparmio medio di circa 4 milioni», grazie al quale «si potrebbe generare una riduzione tariffaria pari all’1%, ovvero una maggior capacità di fare nuovi investimenti a parità di tariffa del Sistema Idrico Integrato per circa 56 milioni di euro (+3% di investimenti complessivi nel periodo delle vigenti concessioni)».

Gli obiettivi

Si tratta di un’operazione di cui si parla da molto tempo, essendo la realtà milanese rimasta un’anomalia nel panorama italiano: da una parte c’è infatti una società per il capoluogo, dall’altra una per il territorio circostante. Entrambe sono a controllo pubblico. Eppure nessuna amministrazione comunale e provinciale è stata mai interessata a unire la gestione idrica fondendo le due realtà. Questo documento riprende ora le fila di un mandato generico che, circa un anno e mezzo fa, era stato dato dalle due società.

Gli obiettivi evidenziati sono: «la riduzione dei prelievi di acqua dalle elevate caratteristiche qualitative dalle falde profonde e quindi la tutela delle fonti di approvvigionamento, il risparmio di energia, la riduzione dei costi di depurazione, l’aumento di efficienza dei depuratori», a cui si aggiunge l’efficientamento dei sistemi fognari.

Nel dettaglio, vengono illustrate le aree dove sarebbe possibile ridurre i costi grazie alle economie di scala, indicando la migliore delle ipotesi (best) e la peggiore (worst). Mediamente per ogni attività - dagli acquisti di materiali alla manutenzione, dalle assicurazioni e fidejiussioni alle spese per le tecnologie - ci sarebbe un miglioramento che va dal 3 al 5%, fino a punte del 10%. Verrebbero inoltre «azzerati i costi duplicati (spese per consulenze tecniche, organizzative, legali e notarili, amministrative fiscali, revisione legale, odv, comunicazione e marketing).

Inoltre, per il quadriennio 2024-2027 potrebbe esserci un aumento degli investimenti del 10%, per un ammontare cumulato di 185 milioni.

I tempi

Lo studio spiega che ci sono tre possibilità. «Qualora si optasse per il mantenimento dell’attuale assetto gestionale sino al termine delle attuali concessioni, nel 2033 la nuova concessione dovrebbe prevedere che il nuovo concessionario Cap subentri a partire dal 2038, nell’ambito Mm. Seconda possibilità: «al fine di unificare la durata delle gestioni», l’affidamento del servizio a Cap dovrebbe essere prorogato fino alla scadenza della gestione attualmente affidata a MM, cioè fino al 2037. Una terza ipotesi è di procedere, a seguito dell’unificazione del gestore del servizio, ad un nuovo affidamento in house, di durata trentennale.

Ora Milano e la Città Metropolitana dovranno decidere cosa fare di questo studio. Palazzo Marino è sempre stato tiepido di fronte all’aggregazione delle due società. Prima di tutto perché perderebbe il controllo unico di una realtà importante, secondariamente perché Milano da sola ha già la tariffa idrica più bassa d’Italia. Infine Mm, senza acqua, rischia di non rimanere in piedi, dovendo continuare a gestire le case popolari e la manutenzione di scuole e impianti sportivi.

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