Affidamenti concessioni pubbliche in scadenza, nessun diritto al rinnovo per il titolare
Con riferimento ai contratti di concessione pubblica prossimi alla scadenza, Il Tar Milano, con la sentenza n. 2106/2019, ribadisce il principio generale della gara pubblica quale modalità di scelta del concessionario, ricordando, altresì, che tale principio si articola nel divieto di ravvisare un presunto ‘diritto’ al rinnovo in capo al concessionario uscente.
Il fatto
Il caso di specie, trattato nella pronuncia qui in commento, vede come ricorrente una società che svolge attività di formazione scolastica in un immobile di proprietà del Comune di Milano, immobile detenuto in forza di apposita concessione amministrativa, la cui relativa convenzione era stata stipulata con il Comune il 26 gennaio 2006, per una durata di dodici anni; approssimandosi la scadenza della convenzione, l’Amministrazione comunale, con deliberazione di Giunta, disponeva che l’unità immobiliare in oggetto venisse assegnata in uso, mediante procedura ad evidenza pubblica, senza alcun rinnovo a favore del concessionario uscente.
Contro la citata deliberazione ed il successivo bando di gara per l’affidamento della concessione, la Scuola adiva il Tar Milano tramite ricorso, affidato ad una pluralità di motivi tra cui assume particolare interesse la presunta illegittimità lamentata dalla ricorrente circa la decisione del Comune di non rinnovare la concessione, contestando quindi l’avvenuta indizione della pubblica gara per la selezione del nuovo concessionario.
A sostengo della propria pretesa, la Scuola argomenta di occupare i locali ormai da lungo tempo, invocando quindi un presunto affidamento al rinnovo e richiamando talune decisioni dello stesso Tar Lombardia sulla legittimità del rinnovo di concessioni di beni di proprietà del Comune di Milano.
La decisione
Sulla questione, il Giudice lombardo, ritiene utile ribadire il principio secondo cui alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica – come quello di cui è causa – devono essere applicate norme e principi di diretta derivazione comunitaria, il che implica che la scelta del concessionario deve avvenire attraverso procedure concorsuali, che garantiscano il confronto fra gli operatori e l’apertura al mercato. Diretta conseguenza dell’applicazione del sopra richiamato principio è che non sussiste in capo al titolare di una concessione alcun diritto al rinnovo della stessa alla scadenza, «con conseguente necessità per il concedente di indizione di una pubblica gara dopo la scadenza stessa, ai fini della scelta del concessionario, che può, peraltro, essere pure quello uscente».
L’Amministrazione comunale nel procedere all’indizione della gara, quindi, ha dato applicazione a principi pacifici di derivazione europea, pur tenendo in ogni modo conto della posizione del concessionario uscente, al quale nel bando è stato riconosciuto un apposito diritto di prelazione, potendo infatti la Scuola, all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, presentare un’offerta economica superiore rispetto alla migliore offerta presentata in sede di gara.
Attraverso tale clausola, specifica il Tar, il Comune ha realizzato un equo contemperamento fra il più volte richiamato principio generale sulla necessità dell’evidenza pubblica e l’esigenza rappresentata dalla Scuola di continuare negli stessi locali l’attività didattica svolta da tempo.
Inoltre, è opportuno segnalare come la scelta comunale del riconoscimento della prelazione rappresenta già di per sé una – seppure parziale – deroga al regime della pubblica gara, che imporrebbe invece di premiare esclusivamente l’offerta migliore per la parte concedente, senza alcuna particolare preferenza per il gestore uscente.
In altri termini, il Tar statuisce come «la decisione comunale di procedere alla pubblica gara, seppure con il riconoscimento della prelazione, appare rispettosa non solo dei più volte citati principi generali posti a favore della concorrenza, ma anche di esigenze di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa».
Il Giudice amministrativo, con riferimento alla passata giurisprudenza richiamata da parte ricorrente, conclude con una doverosa precisazione: «la Scuola non può lamentare la presunta violazione di un proprio asserito diritto al rinnovo e sul punto non vale neppure il richiamo al precedente di questa Sezione (sentenza n. 1271/2016), che ha reputato legittimo un rinnovo di concessione da parte del Comune di Milano, in una fattispecie però radicalmente differente da quella di cui è causa».
Infatti, nella vicenda di cui alla succitata pronuncia, la legittimità del rinnovo è stata giustificata dalla necessità di salvaguardare una nota insegna commerciale presente nella Galleria Vittorio Emanuele II di Milano sin dalla fine del 1800, in quanto caratterizzante l’immagine della Galleria stessa ed essendone divenuta una sorta di ‘segno’ distintivo.
Nulla di ciò ricorre ovviamente nel caso di specie, considerato che la Scuola non può certo rappresentare un elemento caratterizzante del Centro storico della città di Milano.