Appalti

Appalti, il nuovo codice affossa la proposta di iniziativa privata

La formulazione di questa modalità di coinvolgimento dei privati scoraggia di fatto l'iniziativa degli operatori economici

di Velia M. Leone*

Le strette tempistiche dettate dalle scadenze del Pnrr hanno indotto il legislatore ad introdurre una serie di misure volte a favorire il ricorso all'istituto giuridico della c.d. proposta ad iniziativa privata - regolata dai commi 15 e ss. dell'art. 183 del D.lgs. 50/2026 e ss.mm.ii. (il "Codice dei contratti pubblici") -, attraverso una serie d'interventi normativi, come il c.d. "Decreto Semplificazioni" (il "DL 76/2020"), che, dal 2020, consente agli operatori economici (gli "OE") di presentare proposte anche ove lo specifico intervento sia già previsto in programmazione. Ma ancora più pregnante è l'evidenza che il ricorso alla proposta ad iniziativa privata sia stato scelto per le due gare clou, previste nel Pnrr, in tema di digitalizzazione - ossia quella sul polo sulla sicurezza nazionale (il "Psn") e quella sulla piattaforma nazionale di telemedicina (la "Pnt") -, seppur con modalità di interlocuzione iniziale con gli OE differenti, che si sono svolte, in un caso, e sono ancora in fase di svolgimento, nell'altro, partendo da proposte presentate da OE privati, i quali, mettendo in campo ingenti risorse e operando secondo tempistiche particolarmente serrate, stanno contribuendo al raggiungimento di importanti risultati per il Paese.

Chiaramente, lo sforzo che gli OE sono disposti ad incorrere, impiegando ingenti investimenti - sia in termini di tempo, che di denaro -, in una fase prodromica all'indizione della c.d. gara a valle - che sarà celebrata solo dopo che la proposta sia dichiarata fattibile - è giustificato dal riconoscimento del c.d. diritto di prelazione, che l'art. 183, comma 15 e ss. del Codice dei contratti pubblici riconosce al momento dell'indizione della gara, successiva alla dichiarazione di fattibilità della proposta, ossia al momento in cui il proponente acquisisce lo status di promotore. Tale diritto di prelazione potrà essere azionato dallo stesso promotore ove, in esito alla gara, un altro concorrente se l'aggiudichi - ad esempio, perché la propria offerta era, comunque, più vantaggiosa -, consentendo, in seguito, al promotore di vincere la gara, ma alle condizioni dell'offerta del concorrente aggiudicatario originario.

Quest'incentivo economico, la cui ratio giuridica può essere identificata in una forma di sussidiarietà operativa tra gli OE e il settore pubblico - "faccio fare qualcosa a qualcuno che la sa fare e così evito la gara deserta" - ha, anche in passato, suscitato perplessità circa la sua legittimità, seppur la stessa sia stata riconosciuta come legittima dalla stessa Corte di giustizia dell'Unione Europea, che si riteneva soddisfatta della celebrazione della gara c.d. a valle per tutelare la concorrenza. In realtà, quando la proposta ad iniziativa privata fu introdotta nel sistema giuridico italiano - con l'inserimento degli artt.37-bis e ss. della Legge 109/94 e ss.mm.ii. -, il gruppo di lavoro che si occupò di redigere tali norme, si pose, correttamente, il tema della legittima fruizione, da parte dell'amministrazione di tutta la documentazione di cui si compone la proposta - progettazione, bozza di contratto ed elementi del piano economico finanziario - già redatta e predisposta dall'OE, per di più spesso coperta da privative d'opera intellettuale. Proprio per equalizzare tale asimmetria operativa e prevenire l'illegittimità dell'istituto della proposta ad iniziativa privata, si pensò di far ricorso alla norma in tema di arricchimento senza giusta causa, previsto dall'art. 2041 del codice civile. In tal modo, la quantificazione dell'eventuale ristoro dei costi di predisposizione della proposta, equivalente, al massimo, al 2,5% del valore dell'investimento, rappresentava un'equa modalità di compensazione, che seppur calcolata solo sui valori tabellari afferenti alla progettazione, comunque, rappresentava una forma di compenso per il proponente, anche perché certa e nota ex ante, in coerenza con i principi base della certezza del diritto. A tale ristoro si aggiunse anche il c.d. diritto di prelazione.

La natura di incentivo economico atto ad indurre gli OE a presentare proposte ad iniziativa privata è riconosciuta anche dalla stessa bozza di Codice dei contratti pubblici, prodotta dal Consiglio di Stato e rilasciata il 20 ottobre u.s. (la "Bozza"). Infatti, l'articolo 193 della Bozza, rubricato "Procedura di affidamento" e facente parte del Titolo IV - La finanza di progetto, del Libro IV - Delle Concessioni e del Partenariato Pubblico-Privato, recita, al comma 4, che «[N]el bando l'ente concedente dispone che il promotore possa esercitare il diritto di prelazione o, in alternativa, che allo stesso venga riconosciuto un punteggio premiale. In quest'ultimo caso, nel determinare l'incidenza del punteggio premiale, l'ente concedente bilancia l'interesse del promotore a conseguire con il contratto l'interesse dell'amministrazione a incentivare la presentazione di proposte migliorative». (Il corsivo è dell'autrice).

La previsione sottolineata è una novità che rischia di rappresentare, per così dire, il "bacio della morte" alla proposta ad iniziativa privata. Infatti, questa scelta dell'amministrazione sarebbe resa nota al proponente/promotore solo al momento della pubblicazione del bando o, comunque, in una fase immediatamente antecedente alla stessa pubblicazione del bando, frustrando lo sforzo imprenditoriale del promotore e riportando in auge il tema dell'arricchimento senza giusta causa, poiché nessun ristoro sarebbe, in tal caso, riconosciuto all'OE (ristoro che, di converso, continua ad essere previsto solo nel caso in cui sia concesso il diritto di prelazione). Inoltre, l'esercizio di una tale facoltà da parte dell'amministrazione nega qualsiasi principio della certezza del diritto da parte del proponente che, oltre ad assumere già l'alea costituita dalla possibilità, tutt'altro che remota, che la proposta non sia dichiarata d'interesse pubblico o che, ancor peggio, pur essendolo stata, poi, non sia posta a base di gara - in nome di una non ben delimitata discrezionalità amministrativa, che può trasmodare in una scelta meramente arbitraria dell'amministrazione - si troverebbe - ove tale norma dovesse entrare in vigore - esposto non solo ad un fisiologica concorrenza, suscitata con la pubblicazione del bando, ma anche all'incertezza più totale in relazione alla sorte della propria proposta, con buona pace dei principi di fiducia, buona fede e tutela dell'affidamento, enucleati nel Libro I della Bozza.

Venendo, poi, al secondo periodo del comma 4 dell'articolo 193 della Bozza, si deve constatare una – perdurante – sfiducia nei confronti delle capacità negoziali dell'amministrazione: infatti, ove la stessa, coerentemente con l'impostazione della Direttiva 23/2014 in tema di concessioni, fosse veramente la "domina" della fase di valutazione della proposta, non avrebbe bisogno di utilizzare il meccanismo del punteggio premiale per «incentivare la presentazione di proposte migliorative» (sic!) - che, tra l'altro, a valle della pubblicazione del bando dovrebbero essere «offerte migliorative della proposta a base di gara» -, ma si riterrebbe soddisfatta di richiedere eventuali migliorie alla proposta dichiarata fattibile. Oltre alla sciatteria con cui è declinato questo obiettivo, nuovamente, spiace rilevare un pieno dispregio dei principi declinati nel Libro I della Bozza, che ne dovrebbero rappresentare una delle principali novità, nonché la vera stella polare per facilitarne l'interpretazione e l'attuazione pratica.

Le disposizioni qui commentate rappresentano un tentativo d'innovare una modalità operativa che, in Italia, è ormai pacificamente accettata e rappresenta un chiaro strumento di accelerazione dell'agere dell'amministrazione, oggi più che mai necessario, in vista delle ciclopiche sfide che il Pnrr riserva per i prossimi anni. Il modello cui i redattori della Bozza si sono ispirati è, probabilmente, quello della legge spagnola di recepimento della Direttiva 23/2014 (Ley 9/2017, de 8 de noviembre, de Contratos del Sector Público, por la que se transponen al ordenamiento jurídico español las Directivas del Parlamento Europeo y del Consejo 2014/23/UE y 2014/24/UE, de 26 de febrero de 2014), che all'articolo 247, consente agli OE di presentare studi di fattibilità, piuttosto schematici, che l'amministrazione deve valutare entro tre-sei mesi e che, ove ritenuti d'interesse, pone a base di gara, riconoscendo all'OE un punteggio premiale pari a 5 punti, oltre al ristoro delle spese sostenute per lo studio di fattibilità, nel caso in cui non risulti aggiudicatario. Tale previsione ispanica non può, neppure lontanamente, essere assimilata a quanto, al momento, previsto nella Bozza, perché, in prima battuta, la proposta ad iniziativa privata rappresenta per la Spagna una novità assoluta – che, come tale, deve essere assorbita dal mercato, contrariamente alla situazione in Italia –, e, in secondo luogo, perché la disposizione de qua conferisce certezza giuridica agli OE, che, prima di decidere se imbarcarsi in un'operazione del genere, hanno piena contezza del percorso giuridico, preconizzato dalla normativa nazionale, oltre al fatto che, comunque, la stessa comporta uno sforzo imprenditoriale ragionevolmente contenuto – la predisposizione di uno studio di fattibilità –, rispetto al quale il riconoscimento di un mero punteggio premiale appare essere un meccanismo ragionevolmente legittimo ed equanime, a differenza di quello ipotizzato nell'articolo 193 della Bozza.

Per concludere, ove la previsione in commento dovesse sopravvivere, è facile prevedere che questa da sola sarebbe sufficiente a cancellare dalla prassi operativa italiana la proposta ad iniziativa privata, a dimostrazione del detto che "la strada verso l'inferno è lastricata di buone intenzioni": se si vuole innovare, non basta copiare modelli stranieri, occorre farlo con cognizione di causa ed attenta valutazione delle conseguenze operative.
(*) Studio legale Leone & Associati

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