Lavori privati, esecutore sempre responsabile del progetto viziato salvo che non metta in guardia il committente
La Cassazione precisa l'unica situazione in cui l'impresa chiamata a eseguire un progetto di terzi non venga ritenuta responsabile di errori
Un'impresa impiantistica ha stipulato un contratto con un committente privato per installare un impianto di climatizzazione, in base a un progetto fatto da un terzo progettista. Progetto che il committente ha "imposto" all'esecutore, nel senso che il contratto prevedeva l'esecuzione fedele di quanto previsto dal progetto, non solo nelle caratteristiche tecniche ma anche nelle forniture di materiali e apparecchiature, senza possibilità di varianti. All'emergere di vizi e difformità nell'esecuzione del progetto, il committente ha rifiutato il pagamento all'impresa chiedendo la risoluzione contrattuale per inampimento. Il committente ha successivamente impugnato al Tribunale (di Monza) l'ingiunzione di pagamento dell'impresa. Sia il Tribunale che la Corte d'appello (di Milano) hanno respinto il ricorso del committente. In particolare, la sentenza della Corte d'appello conclude «per la legittimità della sospensione delle opere e della loro mancata ultimazione, negando la configurabilità di un inadempimento [dell'impresa esecutrice] a fronte dell'omesso pagamento del prezzo dovuto dalla committente» alla scadenza indicata nel contratto.
La Corte di Cassazione (Seconda Sezione Civile) nella pronuncia n.31273/2022 depositata il 24 ottobre ha invece accolto il ricorso contro la sentenza della Corte d'appello di Milano che, nella perizia tecnica richiesta per la valutazione del progetto e dell'opera aveva qualificato l'impresa esecutruce "come nudus minister" quando invece lo stesso contratto privato citasse espressamente «gli obblighi gravanti sull'impresa di funzionalità e conformità tecnica e giuridica degli impianti, indipendentemente da omissioni, errori, imperfezioni, sviste o imprecisioni contenuti negli elaborati grafici e nei computi metrici».
La responsabilità dell'impresa esecutrice rispetto all'oggetto del contratto stipulato con il committente è in effetti il fuoco della questione, nella cui trattazione i giudici del Tribunale e della Corte d'appello «non hanno tenuto conto dei consolidati principi» ribaditi dalla Consulta in materia. Pertanto i giudici della Seconda Sezione hanno ricordato che «l'appaltatore che, nella realizzazione dell'opera, si attiene alle previsioni del progetto fornito dal committente può non di meno essere ritenuto responsabile per i vizi dell'opera stessa, valutandone la condotta secondo i parametri di cui all'articolo 1176, comma 2, del codice civile». «In particolare - proseguono i giudici - l'appaltatore deve comunque segnalare al committente le carenze e gli errori progettuali al fine di poter realizzare l'opera a regola d'arte, con la conseguenza che, in caso contrario, egli è comunque responsabile anche se ha eseguito fedelmente il progetto e le indicazioni». Inoltre, «l'appaltaore, invero, deve assolvere al proprio obbligo di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, ed è perciò tenuto a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità solo se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirli, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ad a rischio di quest'ultimo». «Pertanto - concludono i giudici - in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista».