Appalti

Appalti sanitari, stop ai contratti in caso di extra-costi oltre il 20%

Il Dl Semplificazioni consente revoche e risoluzioni in caso di aumenti di prezzo rilevanti per l'emergenza Covid

di Roberto Mangani

La legge di conversione del decreto Semplificazioni ha introdotto disposizioni specifiche per i contratti relativi ai servizi di pulizia e lavanderia in ambito sanitario o ospedaliero, attraverso l'inserimento dell'articolo 4 – bis.
Queste disposizioni intendono regolamentare l'incremento significativo dei costi di tali contratti derivanti dall'emergenza Covid. Tuttavia – contrariamente a quanto ci si poteva attendere – la scelta del legislatore non è stata quella di offrire una copertura normativa a tale incremento, ma al contrario quella di dare la possibilità agli enti appaltanti di porre nel nulla l'aggiudicazione intervenuta o addirittura di procedere alla risoluzione del contratto già stipulato.

Se da un lato questa scelta vuole presumibilmente frenare un eccessiva lievitazione dei costi dei contratti da stipulare in base a condizioni da considerare superate o addirittura dei contratti vigenti e in corso di esecuzione, non si può ignorare come la stessa rischia di avere ripercussioni fortemente negative in termini di tempestività delle prestazioni da rendere in un settore che più di altri esige rapidità di azione e non può sopportare interruzione dei servizi.

In particolare il comma 1 prevede che qualora l'incremento dei costi determini un incremento di spesa superiore al 20% del prezzo indicato in sede di gara, qualora si tratti di procedure di gara aggiudicate prima del 31 gennaio 2020 e non vi sia ancora stata la stipulazione del contratto né la consegna in via d'urgenza, l'ente appaltante può procedere alla revoca dell'aggiudicazione, dandone comunicazione all'aggiudicatario entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Si deve ritenere che l'ipotesi si riferisca all'incremento di spesa dovuto alla maggiore quantità di prestazioni da effettuare rispetto a quelle previste nel contratto posto a base di gara.

Il comma 2 si riferisce invece all'ipotesi in cui l'incremento della spesa in misura superiore al 20% riguardi contratti già stipulati ed in corso di esecuzione. Per questi è previsto che gli enti appaltanti possano procedere alla risoluzione del contratto, da dichiarare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Questa previsione trova tuttavia un temperamento nel successivo comma 3. Viene infatti stabilito che per i contratti in corso resta ferma la possibilità di introdurre modifiche nei limiti e alle condizioni di cui all'articolo 106 del D.lgs. 50/2016. Il che implica la possibilità di incrementare il costo originario dei contratti – nel ricorso delle altre condizioni indicate dall'articolo 106 – anche fino al 50 per cento.

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