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Aran, congedo parentale al 100% doppio in caso di parto plurimo

La tutela di miglior favore di previsione contrattuale deve essere estesa a ciascuno dei figli avuti dalla coppia

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di Consuelo Ziggiotto

La tutela di miglior favore di previsione contrattuale riconosciuta ai primi trenta giorni di congedo parentale fruiti dalle lavoratrici madri, o in alternativa dai lavoratori padri, in caso di parto plurimo, deve essere estesa a ciascuno dei figli avuti dalla coppia.

Così si esprime l'Aran in un parere reso a un ente che si è interrogato sulla modifica apportata all'articolo 45, comma 3, del contratto sottoscritto il 16 novembre 2022.

Il tema è quello dei primi trenta giorni di congedo parentale retribuiti per intero, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente.

Nella formulazione contrattuale precedente non si faceva espresso riferimento a ciascun figlio tant'è che l'Agenzia si era espressa al riguardo specificando che il maggior favore dei primi trenta giorni manteneva la correlazione con l'evento parto, per cui, anche in presenza di parti plurimi, competeva una sola volta cumulativamente per entrambi i genitori.

La rotta è cambiata e a partire dall'entrata in vigore del nuovo contratto il beneficio di miglior favore deve intendersi esteso a ciascuno dei figli.

Rimane ancora da chiarire se la retribuzione intera dei primi trenta giorni di congedo parentale, che in caso di parto plurimo devono ritenersi riferiti a ciascun figlio, valichi anche la soglia anagrafica dei 6 anni di vita del figlio e possa essere riconosciuta fino ai 12 anni di vita del figlio, termine massimo di godimento del congedo parentale.

L'incertezza nasce dalla modifica apportata dalla Legge di Bilancio al Dlgs 151/2001 che ha introdotto una miglioria al trattamento economico di un mese di congedo parentale.

La fonte legale prevede che a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell'80 per cento della retribuzione

La Funzione Pubblica con il parere n. 0020810 (si legga Nt+ Enti locali & edilizia del 4 aprile 2023) ha chiarito il periodo di trenta giorni di congedo parentale retribuito all'80 per cento non è una quota aggiuntiva a quella già retribuita al 100 per cento.

La deroga migliorativa da parte della contrattazione collettiva quindi, assorbe di fatto il congedo parentale all'80% che quindi non risulta applicabile al dipendente pubblico. Rimane però il dubbio circa la soglia anagrafica.

Sarà l'Agenzia a dover chiarire se la modifica apportata dalla legge di bilancio al testo Unico sulla maternità e paternità, essendo intervenuta dopo la sottoscrizione del contratto collettivo, modifichi il quadro, alzando il muro dei 6 anni superato il quale, si perderebbe il beneficio economico.

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