Autonomia differenziata, un disegno di legge incompatibile con lo spirito del Pnrr
Il recente Rapporto dell’Unione denuncia l’ostilità europea al disegno di legge Calderoli. Nella scelta di questo incipit non mi ha mosso uno sterile provincialismo, ma un sano atteggiamento di ascolto verso una voce politica, la cui estraneità dai cori di casa è un indizio di obiettività nel giudizio. E se l’Europa avesse visto meglio della nostra maggioranza di governo? Un interrogativo lecito che almeno per un istante ci dovrebbe sfiorare.
Torniamo alle ragioni dell’ostilità europea, già da me analizzate in una nota alla 1a Commissione del Senato. Le sintetizzo in tre ordini di motivi.
1 È la prevalenza del diritto dell’Unione che non risparmia neppure il settore oggetto del ddl in esame.
2 È la natura del Rapporto, non un cahiers des doléances del ddl, ma la ragionata indicazione di soluzioni alternative proposte con un linguaggio gentile.
3 Sono i vizi di legittimità del ddl, che non rimangono una questione di “casa nostra”, ma diventano una issue di diritto sovranazionale come contrarietà del ddl al Next generation Eu.
Il ddl non piace all’Europa perché lo Stato promette ciò che non può mantenere: non avrà i soldi necessari per dare sostanza ai Lep, condizione sospensiva dell’intera manovra. Ma se il fatto dedotto in condizione non è in concreto osservabile per l’assenza dei soldi, la condizione è come se non fosse apposta. Dietro un processo a efficacia futura e incerta si nasconde il vero volto del regionalismo differenziato: un processo a operatività immediata e incondizionata. Il denaro, risorsa limitata, sarà in primis destinato a finanziare le materie trasferite alle Regioni beneficiarie della cessione, in seconda battuta e per quanto avanza andrà a coprire i costi dei Lep.
Il ragionamento europeo è un crescendo; prima si avverte lo Stato che, una volta trasferite le risorse alla Regione A per l’assolvimento dei relativi compiti, non potrà continuare a dare a B quanto gli corrispondeva in principio. Poi si ammonisce sempre lo Stato che se la fetta più grande sarà riservata ad A, a B spetterà la residua parte, in ipotesi anche zero. Stando così le cose, il regionalismo Calderoliano non è quello atteso dal legislatore costituzionale del 2001, art. 116 riformato, mancando il plafond minimale, necessario a consentire alle altre Regioni, se non di prosperare, almeno di sopravvivere.
La seconda ragione attiene alla funzione di indirizzo politico economico dello Stato, la quale gli viene strappata come se si potesse separare dalla sovranità una sua prerogativa inscindibile: la capacità di orientare la spesa pubblica, che qui arretra dinanzi alle richieste onnivore delle “Regioni virtuose”. Questa perdita metterebbe in pericolo l’unità della Repubblica per le considerazioni che seguono. Lo Stato avrebbe maggiore difficoltà a pagare il debito e quindi i soldi ricevuti con il Pnrr; le Regioni non differenziate rimarrebbero più indietro delle altre nel restituire la loro quota parte di Pnrr; la riduzione delle risorse andrebbe a danno delle azioni sociali progettate, destinate a rimanere sulla carta.
La terza ragione dell’ostilità europea al ddl è un calcolo di mera convenienza economica. Ammettiamo pure che lo Stato consenta la sopravvivenza delle altre Regioni, ma questo non è l’esito voluto dalla Costituzione, che impone alla Repubblica di attivarsi per ridurre le distanze, non di rimanere immobile per lasciarle invariate. Con il ddl assisteremmo a qualcosa di diverso e più grave: a un ossimoro giuridico perché lo Stato si muoverebbe per dilatare le diverse fortune territoriali, non per accorciarle. La Costituzione non si è limitata, a differenza dell’Unione, a vincolare le libertà economiche al common good perché ha scommesso sull’uguaglianza sostanziale, come avvio e fine di quel bagaglio di princìpi fondamentali, collocazione questa, che sottrae l’uguaglianza alle future revisioni costituzionali. Il ddl sbriciolerebbe questa norma-chiave dell’assetto istituzionale con una semplice legge ordinaria.
Il criterio europeo riconosce al disegno Calderoli la singolare capacità di produrre effetti diametralmente opposti sia a quelli attesi dalla coppia Next generation Eu-Pnrr per le numerose violazioni all’acquis communautaire, che a quelli prescritti dalla nostra Costituzione, violentata con l’attuazione alla rovescia dell’uguaglianza sostanziale.