Il CommentoAmministratori

Autonomia, necessario mettere ordine al dibattito e rispettare gli appuntamenti

di Ettore Jorio

Di tutta l'erba un fascio. Troppe le contraddizioni e le inesattezze che si stanno registrando nel dibattito che si è sviluppato nel prima e nel dopo l'approvazione del Ddl Calderoli, intervenuta in Consiglio dei Ministri il 2 febbraio scorso (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 3 febbraio).

Un brutta confusione sulle fonti
Si evidenzia sempre di più una grande confusione sui presupposti normativi, finanche costituzionali. Si mettono insieme, senza tuttavia distinguerli, i contenuti della lettera costituzionale con quelli della legislazione ordinaria attuativa della Costituzione e, quindi, anche degli atti amministrativo-regolamentari del tipo il Dpcm. Si arriva persino a criticare, per la verità più politicamente che tecnicamente, il ricorso a quest'ultima tipologia di provvedimento per individuare i Lep, dimenticando che un siffatto ruolo è la legge statale ad attribuirglielo legittimamente da oltre vent'anni in diverse fattispecie. Il Dpcm è una corretta espressione normativa dello Stato, purché adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province». D'altronde, è quanto originariamente avvenuto con il Dpcm 29 novembre 2001 che ha fissato i livelli di assistenza sanitaria (Lea). Riconosciuto idoneo allo scopo, in armonia con l'articolo 117, comma 2, lettera m) della Carta, dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 134/2006, proprio perché considerato provvedimento attuativo di una legge statale, purché confortato dalla prevista concertazione Stato-Regioni.

Un tema da approfondire perché di per sé complesso
Proprio perché il regionalismo differenziato è funzionale allo stravolgimento dell'ordinamento legislativo, legittimato dalla Costituzione, produttivo di conseguenze modificative del sito di esercizio istituzionale delle competenze amministrative ed erogative nella materie rivendicate dalla Regioni, costituisce un argomento già difficile da affrontare per suo conto. Ciò in considerazione del vasto coinvolgimento delle istituzioni interessate e le ricadute sociali che da esso derivano, tali da esigere una analisi del tema e dei cambiamenti conseguenti da distinguere con precisione chirurgica, e non già all'ingrosso. Pertanto, guai a fare confusione, come detto, tra le fonti di diritto e le conseguenze istituzionali che deriverebbero da una competenza legislativa regionale accresciuta in forza dell'istanza di cui all'articolo 116, comma 3, della Costituzione.
Al riguardo, occorre più attenzione anche da parte del legislatore, politicamente più "autonomista", oltre che dell'opposizione parlamentare, dichiaratasi pentita rispetto a quanto legiferato costituzionalmente nel 2001 e al tentativo di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione esperito da Prodi con un Ddl del 3 agosto del 2009.
Sia Calderoli che le minoranze stanno commettendo errori di valutazione e di sviluppo normativo, rispettivamente:
• di liquidare, con pericolosa genericità, il rinvio alla legge di bilancio 2023 in materia di applicazione del federalismo fiscale, in termini di spesa ordinaria, e alle regole di contabilità e finanza pubblica (Legge 196/2009), relativamente all'irrinunciabile perequazione infrastrutturale garante di una uniformità erogativa dei Lep, omettendo tuttavia ogni genere di riferimento al sistema perequativo sull'ordinario, di cui al terzo comma dell'articolo 119 della Costituzione, dell'articolo 9 della legge 42/2009 e del Dlgs 68/2011;
- di mettere insieme, come se fosse un tutt'uno, il regionalismo differenziato con l'attuazione dell'articolo 117, comma 2, lettera m (i Lep) e ancora dell'articolo 119 della Costituzione (costi e fabbisogni standard), dopo la trascuratezza dimostrata sui temi negli ultimi undici anni di governo del Paese.

È necessario mettere ordine al dibattito e rispettare gli appuntamenti
Al di là dai fraintendimenti, di cui si è accennato, sullo strumento di individuazione dei Lep e sulla confusione che si fa tra attuazione dell'articolo 116, comma 3, e applicazione del federalismo fiscale, si sta equivocando sulla procedura di individuazione dei Lep e di quella per la determinazione dei costi e fabbisogni standard, ancorché strettamente funzionali a pervenire ad una soddisfacente autonomia legislativa differenziata.
I primi riguardano, come detto, l'articolo 117, comma 2, lettera m) e i secondi appartengono all'appendice legislativa ordinaria attuativa dell'articolo 119, intervenuta con la legge delega 42/2009 e i Dlgs 216/2010 e 68/2011, riguardanti rispettivamente i fabbisogni standard degli enti locali e il metodo costi/fabbisogni standard nella sanità.
In realtà, quanto ai fabbisogni standard veleggia nel testo del Ddl Calderoli la oramai divenuta solita confusione, il travisamento generatosi all'indomani dell'attuazione del federalismo fiscale (NT+ Enti locali & edilizia del 17 novembre 2022). Non si fanno emergere le dovute distinzioni tra i fabbisogni di contenuto quantitativo (il tanto per garantire), individuabili per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, e quelli di tipo qualitativo (la composizione caratteristica della popolazione), strumentali ad adeguare in favore delle comunità destinatarie il finanziamento basato sui costi standard, sulla base degli indici di deprivazione socio-economica, la vecchiaia in primis.
I primi sono quindi riferiti allo svolgimento dei compiti obbligatori della Pa locale, individuati dallo Stato a mente dell'articolo 117, comma 2, lettera p). I secondi sono relativi ai Lep, in attuazione dello stesso articolo 117, comma 2, ma lettera m), oltre ovviamente anche alla funzione attribuita ai Comuni riguardante l'assistenza sociale, in quanto tale da assicurare sulla base del binomio costi/fabbisogni standard. Di una tale fondamentale distinzione non ve n'è traccia né nel Ddl esaminato, né nella norma complementare di rinvio essenziale individuata nella legge di bilancio 2023, né tampoco nel dibattito politico più recente.

La norma di rinvio è una corretta complementarizzazione
L'unico richiamo alla procedura riferita alla determinazione, si badi bene, dei fabbisogni standard è contenuta nel comma 793, lettera d), della legge 197/2022 dove il compito - rimesso prevalentemente alla Sose e all'Istat - è quello di individuare un generico quantum standard, del tipo quelli disciplinati dal Dlgs 216/2010. Un percorso tarato a determinare un fabbisogno valorizzato per assicurare le funzioni di Comuni, Province e Città metropolitane e non per attualizzare i valori predeterminati dei Lep da fungere come moltiplicatori dei costi standard tanto da adeguarli al fabbisogno reale delle popolazioni regionali destinatarie. Così facendo si perpetuerà la logica che ha portato dal 2010 a oggi a registrare i flop causati da una tale metodologia di rilevazione delle esigenze locali misurate attraverso il ricorso a questionari. Con l'imperativo di introduzione a sistema dell'agenda digitale pretesa dall'Ue e finanziata dal Pnrr significherebbe ricorrere a soluzioni antiquariali.