Autonomia, verdetto i1 13 - Il governo resta «neutrale»
Non ci sarà l’avvocatura dello Stato contro l’ammissibilità del referendum, ma solo la regione Veneto. Entro il 10 lo stop in Cdm alla legge campana sul terzo mandato
Time out, ci siamo: lunedì 13 gennaio la Corte costituzionale si riunirà per decidere sull’ammissibilità del quesito di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata lasciato in piedi a fine anno dalla Cassazione. E sono in molti a sperare (e ormai in pochi a temere) che i giudici costituzionali, dopo essere intervenuti pesantemente sulla legge con la sentenza 192 del 2024 che ha cancellato 7 punti e ne ha riscritti in maniera “costituzionalmente corretta” altri 5, ritengano a questo punto inammissibile il quesito. Decretando così lo stop al referendum previsto per la prossima primavera e voluto dalle opposizioni assieme ai sindacati confederali Cgil e Uil. Anche per questo il governo, come è per altro capitato altre volte per i referendum abrogativi, resta in qualche modo neutrale: a Palazzo della Consulta, nella camera di consiglio allargata al comitato promotore, non ci sarà l’avvocatura dello Stato per sostenere l’inammissibilità del quesito. Meglio non difendere una legge che gli stessi giudici hanno profondamente emendato, rivoltandone il senso complessivo, e più in generale meglio non politicizzare oltre un argomento divisivo nel Paese e nella stessa maggioranza di governo. È nota infatti la poca simpatia per la “devolution” da parte di Forza Italia e del partito della premier, Fratelli d’Italia, che hanno più che altro ottemperato al patto programmatico stretto con la Lega.
Governo alla finestra, dunque. Ma a difendere la legge ci sarà la regione Veneto con una memoria redatta dal costituzionalista Mario Bertolissi. A scorrere le argomentazioni si capisce per altro meglio il motivo per cui il governo ha deciso di stare in disparte: paradossalmente l’argomentazione principale contro l’ammissibilità del quesito è - in sostanza - che dopo l’intervento della Consulta sono cambiati gli stessi “principi ispiratori” della legge Calderoli (la gestione dell’iter che passa dall’esecutivo al Parlamento, le materie da trasferire che diventano solo funzioni eccetera) e che dunque non ha più senso celebrare un referendum su una legge che non c’è più. Chiaro che la narrazione del ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli, che nelle ultime settimane ha sostenuto che la Consulta ha fatto solo dei “ritocchi” non dichiarando incostituzionale l’intera legge come chiedevano le 4 regioni ricorrenti, in questo modo si scioglie come neve al sole.
Quel che è certo è che a questo punto la premier si eviterebbe volentieri una campagna referendaria in difesa di una legge che non ha mai sentito sua e che finirebbe solo per compattare contro il governo un’opposizione divisa su molto altro. Lo stesso Pd rischierebbe di trasformare una vittoria giuridica (ossia la riscrittura della Consulta, che ha accolto molte delle critiche dem) in una sconfitta politica, visto che difficilmente il quorum del 50% più uno degli elettori necessario per la validità dei referendum abrogativi sarebbe raggiunto in un momento storico di alto astensionismo, soprattutto al Sud. Come che sia, l’attesa decisione sul referendum non è l’unico nodo istituzionale di questo inizio di 2025. Come anticipato dal Sole 24 Ore il 27 dicembre, entro il 10 gennaio il governo impugnerà davanti alla Consulta la legge regionale della Campania che permette di fatto il terzo mandato per il presidente dem Vincenzo De Luca. Nonostante il pressing contrario dei governatori leghisti (lo stesso Zaia e Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia), per Meloni il dado è tratto: è ora di mettere fine a una diatriba che investe soprattutto i rapporti interni alla maggioranza e liberare le caselle del Nord per almeno un candidato di Fratelli d’Italia. In cambio il governo potrebbe concedere a Zaia (e a De Luca) l’accorpamento delle regionali previste entro il 2025 con le comunali già accorpate nel 2026. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia, come diceva Giulio Andreotti. E nel frattempo Zaia potrebbe gestire le olimpiadi invernali del 2026.
Auguri di buon anno nuovo!
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