Case da vendere, contratti da registrare, lavori fermi: ecco gli esclusi dal decreto
Il Dl approvato giovedì lascia a metà del guado molti cittadini e imprese
Ci sono le imprese che avevano pianificato la vendita di appartamenti nuovi, contando di trovare con più facilità l'acquirente (che in molti casi era, anzi, già stato individuato) puntando sullo sconto in fattura. Ma ci sono anche lavori più piccoli, come l'installazione di caldaie, infissi, condizionatori con pompa di calore. Ancora, ci sono i condomini che non hanno presentato la Cilas, ma hanno fatto molti altri adempimenti. E gli acquirenti di immobili che non hanno registrato i loro contratti. Tutti, improvvisamente, cacciati via con le cattive dal mercato della cessione dei crediti. Il decreto blocca crediti, licenziato giovedì scorso dal Governo e mandato nel giro di poche ore in Gazzetta Ufficiale, ha chiuso i battenti delle cessioni dei crediti e degli sconti in fattura. L'obiettivo era quello di mettere in sicurezza i conti pubblici, dopo le indicazioni (più restrittive) di Eurostat sulle modalità di contabilizzazione delle agevolazioni. Spegnendo il motore delle cessioni in modo così improvviso, però, molti contribuenti e imprese resteranno con il cerino in mano. Soprattutto, perché la fase transitoria del provvedimento ha diversi aspetti critici.Il primo riguarda i piccoli lavori in edilizia libera.
Per questi, in assenza di un'autorizzazione o di una comunicazione al Comune, la legge prevede che i cittadini potranno mantenere la possibilità di effettuare cessione e sconto solo se, entro il 16 febbraio, i lavori sono stati iniziati. Il problema è che, per interventi come l'installazione di infissi o caldaie, l'esecuzione dei lavori arriva in coda a un processo piuttosto lungo. Di solito, si firma un preventivo, versando un acconto, e poi si procede al lavoro e allo sconto in fattura anche a mesi di distanza. Chi ha effettuato i primi adempimenti senza realizzare gli interventi, è tagliato fuori. Dovrà quindi ridiscutere il contratto, perché lo sconto in fattura non c'è più. E, presumibilmente, anche le condizioni economiche della fornitura cambieranno perché, senza sconto, è il cliente ad accollarsi il rischio di non poter sfruttare il bonus.Altrettanto problematica è la situazione delle imprese che stanno realizzando edifici frutto di demolizione con ricostruzione o di una ristrutturazione. Questi lavori, fino a pochi giorni fa, potevano accedere a due bonus specifici (al 50% o al 75%-85%, a seconda dei casi), entrambi con sconto in fattura. Il mantenimento degli sconti, però, è riservato solo ai rogiti firmati e ai preliminari già registrati al 16 febbraio.
Per il futuro, non c'è più questa opportunità: i piani di commercializzazione di questi immobili, quindi, andranno rifatti. Ma c'è anche un caso peggiore. Ci sono coloro che hanno sottoscritto un preliminare di acquisto prima del 16 febbraio, pensando di avvalersi dello sconto in fattura, ma che non l'hanno ancora registrato. Anche in questo caso, lo sconto in fattura non c'è più. Ed è clamoroso, perché il termine per la registrazione del preliminare è, per legge, di trenta giorni. La perdita della chance dello sconto è tanto più grave, perché chi compra potrebbe non essere in grado di completare l'acquisto senza questi soldi. Oppure potrebbe non aver capienza per utilizzare in proprio il bonus, ed anche in questo caso l'interesse all'acquisto potrebbe affievolirsi decisamente.Infine, c'è il caso dei condomini che abbiano svolto la parte preliminare della pianificazione dei lavori di superbonus, ma non siano arrivati alla Cilas. Come sappiamo, infatti, il percorso che porta allo sconto fiscale è fatto di diverse assemblee, di preventivi delle imprese, di contatti con i tecnici. In tutti quei palazzi nei quali le attività preparatorie non siano ancora culminate con la comunicazione di inizio lavori, si torna alla casella di partenza perché sarà impossibile ottenere la cessione.
È un dato di fatto che più i bonus hanno breve durata (quattro o cinque anni del superbonus, cinque anni del sismabonus rafforzato), meno sono i soggetti che hanno la necessaria capienza di imposte dichiarate per poterli sfruttare: per tutti gli altri, è come se l'agevolazione non esistesse. Una situazione che il mercato non viveva più da diversi anni. Anche prima del decreto Rilancio, infatti, seppure in versione limitata, una possibilità di cessione del credito o di sconto in fattura era riconosciuta, con procedure che, inizialmente studiate per i soli "incapienti", erano state in parte ampliate. Ma anche queste facoltà sono state cancellate dal Dl n. 11/2013. A ben vedere, un effetto indiretto dello stop alle cessioni è proprio quello dell'accesso all'agevolazione: attualmente solo pochi (dichiarazioni dei redditi alla mano) se la potranno permettere.