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Cassazione, il Comune non risponde dei danni procurati alla circolazione stradale dal nubifragio

La Corte ha confermato l'orientamento giurisprudenziale maggioritario

di Pietro Verna

Il Comune quale ente custode delle strade non è responsabile dei danni cagionati da un automobilista a seguito della caduta di un albero durante un nubifragio, trattandosi di un evento riconducibile all'articolo 2051 del codice civile («Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito»). Diversamente opinando l'ente locale sarebbe chiamato a rispondere «di quel che non può vigilare», ossia di ciò che va al di là dei compiti stabiliti dall'articolo 14, comma 1, del codice della strada («Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta»), e quindi in spregio al principio ad impossibilia nemo tenetur.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 27527 dell'11 ottobre 2021 che ha confermato la sentenza con la quale Corte di appello di Palermo, in aderenza alla decisione del giudice di primo grado, aveva rigettato la domanda di un automobilista che aveva convenuto in giudizio un Comune, al fine di ottenere il risarcimento dei danni fisici e materiali riportati a seguito dell'impatto della sua autovettura con un eucalipto abbattutosi nel corso di un violento nubifragio. Evento che la Corte territoriale aveva ricondotto al «caso fortuito costituito dall'alterazione imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile della res custodita», pervenendo alla conclusione che il Comune non aveva alcuna ragionevole possibilità di esercitare la custodia.

La Cassazione ha confermato l'orientamento giurisprudenziale maggioritario secondo cui l'articolo 2051 del codice prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva, il cui unico presupposto è l'esistenza di un rapporto di custodia, con la conseguenza che è del tutto irrilevante accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio della vigilanza sulla cosa (Cassazione civile, Sezione III: ordinanza 1° febbraio 2018 n. 2481 e sentenza 12 marzo 2013 n. 6101). Orientamento che si incentra sui seguenti principi:
• è dovere primario dell'ente custode della strada di garantirne la sicurezza mediante l'adozione delle opere e l'assunzione dei provvedimenti necessari, fermo restando che non è responsabile di ciò che non sia prevedibile oggettivamente ovvero di tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, che, invece, rapportato ad una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso fortuito;
• l'articolo 2051 del codice civile non dispensa il danneggiato dall'onere di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza della potenziale condizione lesiva della cosa, «mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente […] carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità»;
•la ricostruzione del nesso causale tra il criterio di imputazione della responsabilità e l'evento dannoso va operata dal giudice anche d'ufficio attraverso le opportune indagini sull'eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte.

Principi che il Supremo Collegio ha ultimamente ribadito con la sentenza 23 gennaio 2019, n. 1725, che ha escluso dal caso fortuito la condotta dei fedeli che, durante una processione avevano lasciato il manto stradale coperto di cera, provocando la caduta di un motociclista. In particolare, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello di Bari («la situazione di pericolo che causò l'evento dannoso può essere qualificata come caso fortuito, non potendosi ragionevolmente esigere che l'amministrazione comunale provvedesse alla ripulitura del manto stradale immediatamente dopo il passaggio della processione »), la Corte di cassazione ha stabilito che se sussiste una condotta di terzi prevedibile materialmente attinente a una cosa oggetto di custodia, la prevenzione e/o l'eliminazione della sua conseguenza pregiudizievole rientrano, direttamente e propriamente, nell'attività di custodia.

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