Fisco e contabilità

Coltivatori diretti senza Imu a prescindere dai redditi

Agevolazione riconosciuta senza verifica della quota di entrate da attività agricola

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di Francesco Giuseppe Carucci

L’ordinanza 14915/2025 della Cassazione ha demarcato la linea di confine tra la figura dell’imprenditore agricolo professionale (Iap) di cui al Dlgs 99/2004 e il coltivatore diretto, ai fini dell’esenzione Imu per i terreni agricoli e edificabili posseduti e direttamente condotti.

Nella controversia vagliata, il comune impositore disconosceva il diritto all’esenzione in quanto il soggetto passivo, pur rispettando i requisiti imposti dalla normativa Imu (possesso del fondo; persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale; qualifica soggettiva di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale; iscrizione nella previdenza agricola), possedeva redditi in prevalenza non legati all’attività agricola. I giudici dell’appello concordavano con l’ente sulla scorta dell’articolo 1, comma 1, del Dlgs 99/2004 che definisce l’imprenditore agricolo professionale come colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali specifiche, dedichi alle attività agricole, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo per trarne almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro.

Il contribuente, tuttavia, aveva provato nei gradi di merito di non rivestire la qualifica di imprenditore agricolo professionale, ma di coltivatore diretto che, come tale, invocava l’esenzione. Quest’ultima figura, molto più risalente nel tempo, è definita da norme di carattere speciale, cui i giudici hanno attinto, in virtù della quali è richiesto che il coltivatore diretto si dedichi direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia (articolo 48 legge 454/1961, articolo 6 legge 203/1982, articolo 2 legge 1047/1957). Ciò lo differenzia, in una pacifica coesistenza, dall’imprenditore agricolo professionale che «non è tenuto direttamente a provvedere alla coltivazione del fondo, ma è sufficiente che lo stesso conduca direttamente il terreno agricolo, anche a mezzo di maestranze», svolgendo attività di direzione e controllo. Al coltivatore diretto non è richiesto che l’attività agricola produca almeno il 50 per cento del suo «reddito globale da lavoro» con la conseguenza che, ove non sussista tale condizione, l’esenzione Imu va comunque riconosciuta.

La recente pronuncia, in verità, presta il fianco a un paio di considerazioni. Deve anzitutto evidenziarsi che trascura la legge 9/1963, recante il «riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti», secondo il cui articolo 2 l’attività prevalente del coltivatore diretto non solo è quella a cui presti il maggior tempo lavorativo, ma che rappresenti la sua «maggior fonte di reddito».

In secondo luogo, occorre conciliare le recenti statuizioni con l’oculata ordinanza 18083/2023 della Cassazione secondo la quale l’iscrizione nella previdenza agricola non implica e giustifica accertamenti reddituali da parte del comune. L’iscrizione previdenziale, difatti, presuppone che lo svolgimento di una diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o di un diretto ed abituale governo del bestiame, costituisca la prevalente fonte di reddito dell’agricoltore. L’iscrizione previdenziale, in altri termini, certifica il rispetto del requisito soggettivo al fine della legittima fruizione dell’esenzione fiscale. La previgente come l’attuale legislazione Imu, d’altra parte, non impongono requisiti soggettivi reddituali in capo al soggetto passivo, ma la sola condizione che quest’ultimo sia un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo professionale iscritto nell’apposita gestione previdenziale. Sono le norme previdenziali, al contrario, a imporre requisiti reddituali. A parere dell’ordinanza 18083/2023, il graduale venir meno della necessità della prevalenza del reddito dell’attività agricola sui redditi provenienti da altre fonti è desumibile da una lettura sistematica delle disposizioni succedutesi nella legislazione Imu che impongono l’esclusivo requisito dell’iscrizione nella previdenza agricola senza nulla affermare e pretendere con riferimento ad aspetti reddituali.

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