Commissioni di gara, composizione ok se i membri esperti sono in maggioranza
Il Consiglio di Stato chiarisce anche che la competenza tecnica non deve essere per forza dimostrata con titoli di studio. Vanno bene anche attività e incarichi svolti in precedenza
La commissione giudicatrice chiamata a valutare le offerte è legittimamente composta se la presenza di membri esperti nello specifico settore oggetto dell'appalto è anche solo prevalente, ancorché non esclusiva. Inoltre la competenza tecnica ascrivibile ai componenti della commissione non deve essere necessariamente dovuta al possesso di specifici titoli di studio, ma può essere riconducibile anche ad attività e incarichi svolti in precedenza.
Sono queste alcune delle affermazioni principali con cui il Consiglio di Stato, Sez. V, 1 marzo 2021, n. 1700 ha delineato i principi fondamentali volti a definire le corrette modalità di composizione delle commissioni giudicatrici, finalizzate a evitare profili di illegittimità nella relativa attività di valutazione delle offerte.
La pronuncia affronta poi altre importanti questioni, relative alla revoca della procedura di gara in relazione a sopravvenute disposizioni normative, alla segretezza delle offerte e alla definizione dei criteri qualitativi per la valutazione delle offerte tecniche.
Il caso
Un Comune aveva indetto una procedura di gara per l'affidamento del servizio di supporto alla riscossione dei tributi locali. Nel corso della procedura di gara e prima che intervenisse l'aggiudicazione entrava in vigore un provvedimento normativo che aboliva l'imposta unica comunale e dettava una nuova disciplina in materia di Imu. Nonostante questa modifica normativa che veniva a incidere sul regime giuridico dei tributi locali, il Comune decideva di proseguire nella gara, che si concludeva con il provvedimento di aggiudicazione.
L'aggiudicazione veniva impugnata da un altro concorrente, che sollevava una serie articolata di censure relative a una molteplicità di profili: a) mancata revoca della procedura di gara in relazione al sopravvenuto quadro normativo inerente l'oggetto della gara; b) violazione del principio di segretezza delle offerte; c) errata individuazione del criterio qualitativo ai fini della valutazione delle offerte tecniche; d) illegittima composizione della commissione giudicatrice.
Composizione della commissione giudicatrice
Il nucleo centrale del ricorso ha riguardato le censure volte a far valere l'illegittima composizione della commissione giudicatrice. A questo proposito il giudice amministrativo ricorda alcuni dei principi fondamentali che sono stati enunciati dalla giurisprudenza, e che rappresentano i criteri di riferimento per valutare la legittima composizione della commissione giudicatrice.
In primo luogo non è necessario che vi sia una rigida corrispondenza tra le competenze dei componenti della commissione e gli ambiti materiali oggetto del contratto da affidare.
Nella stessa logica di evitare ogni tipo di rigidità, si pone l'altro criterio secondo cui la competenza ed esperienza richiesta ai commissari si deve riferire a tematiche omogenee, ma non necessariamente coincidenti con quelle oggetto dell'appalto.
Risulta anzi addirittura preferibile che a fronte di componenti che hanno competenza tecnica primaria nello specifico settore oggetto dell'appalto, vi siano anche altri componenti che abbiano competenze di natura secondaria, cioè non direttamente attinenti l'oggetto dell'appalto ma di carattere amministrativo e gestionale.
Ancora, la commissione è legittimamente costituita se è composta in misura soltanto prevalente e non anche esclusiva da componenti esperti nel settore oggetto dell'appalto, cosicché se due membri sono portatori di una specifica competenza settoriale, il terzo può anche avere semplicemente una competenza generale in materia di pubbliche gare.
Infine, la competenza tecnica dei commissari non deve essere necessariamente desunta da uno specifico tiolo di studio, potendo anche risultare da attività espletate e da incarichi svolti in precedenza.
Resta invece oggetto di contrastanti interpretazioni anche giurisprudenziali se per contestare l'illegittima composizione della commissione occorra dare evidenza del fatto che la mancanza di competenze della stessa abbia influito sulla valutazione delle offerte, ovvero non sia necessario offrire tale dimostrazione, essendo sufficiente l'illegittima composizione in sé considerata. Tesi quest'ultima preferibile, anche tenendo conto della difficoltà di offrire la prova dell'incidenza dell'anomala composizione sul giudizio di merito delle offerte.
I principi richiamati evidenziano come l'orientamento giurisprudenziale consolidato tenda a privilegiare un'impostazione volta a evitare ogni rigidità e un approccio di tipo formalistico. In sostanza, non ci si può appellare a fatti formali per contestare la legittima composizione della commissione giudicatrice e di conseguenza invalidare l'attività valutativa dalla stessa compiuta.
Sulla base di questo quadro di riferimento il Consiglio di Stato ha respinto nel caso di specie le censure mosse dal ricorrente. Ha infatti evidenziato come il Presidente della commissione fosse indubbiamente dotato di adeguata competenza nello specifico settore oggetto dell'appalto, essendo responsabile del settore finanziario del Comune. Ma anche gli altri due componenti, pur non essendo esperti di tributi, rivestivamo comunque dei ruoli – capo rispettivamente del settore lavori pubblici e del settore urbanistico – di primario rilevo per le funzioni amministrative dell'ente locale. La conclusione ultima è che tutti e tre i componenti della commissione erano dotati di competenze tali da consentirgli di valutare con cognizione di causa le offerte presentate dai concorrenti.
Normativa sopravvenuta e potere di revoca
Il ricorrente ha contestato la decisione dell'ente appaltante di procedere all'aggiudicazione del contratto nonostante le modifiche normative intervenute in corso di gara in materia di tributi locali. Nello specifico, l'abolizione di alcune imposte oggetto del servizio avrebbe comportato il divieto di stipulare il contratto di appalto relativo alla riscossione di tali imposte, cosicché l'ente avrebbe dovuto procedere alla revoca della procedura di gara.
In sostanza il ricorrente ha evidenziato che l'abolizione di gran parte dei tributi locali era da considerarsi una circostanza sopravvenuta destinata a influire sull'organizzazione del servizio e quindi, in via consequenziale, sull'offerta economica dei concorrenti. Da qui l'obbligo per l'ente appaltante di procedere alla revoca della gara e alla sua riedizione in conformità al mutato quadro normativo.
Il giudice amministrativo ha respinto questa censura. Ha ricordato in primo luogo che il provvedimento di revoca è sempre il risultato di una scelta ampiamente discrezionale, e ciò anche nel caso specifico di una modificazione in corso di gara del quadro normativo di riferimento. Sotto questo profilo, è indubbio che una sopravvenienza normativa possa essere giusta causa di revoca della procedura di gara, a condizione che a seguito del nuovo assetto normativo gli esiti della stessa non possano avere alcun risultato utile. E ciò in quanto il contratto da stipulare a conclusione della procedura di gara non sarebbe più idoneo rispetto al perseguimento dell'oggetto del servizio.
Nel caso di specie non ricorre tuttavia questa condizione. L'oggetto del contratto di appalto è infatti la gestione dell'attività di accertamento e riscossione dei tributi locali, che rimane la medesima e che ben può essere svolta anche a seguito della sopravvenuta modifica normativa, con modalità che tengano conto della stessa.
La segretezza dell'offerta
Secondo il ricorrente la stazione appaltante sarebbe incorsa in una illegittimità procedurale in quanto, in risposta a un quesito formulato da un concorrente, ha reso pubblico l'organigramma e l'elenco del personale del ricorrente stesso, in quanto precedente gestore del servizio. In questo modo ne avrebbe potenzialmente reso nota l'offerta, che è necessariamente parametrata ai due elementi indicati.
Anche questa censura è stata respinta dal giudice amministrativo. Quest'ultimo ha rilevato che non vi era alcuna evidenza della sovrapponibilità tra le condizioni del precedente contratto e quelle proprie della nuova offerta, condizione imprescindibile affinché si potesse porre un tema di violazione della segretezza dell'offerta.
Tale violazione in realtà non è avvenuta in quanto l'ente appaltante non solo non ha in alcun modo reso noti i contenuti dell'offerta di un concorrente, ma si è limitato a portare a conoscenza di tutti gli operatori economici gli elementi che gli stessi erano tenuti a conoscere ai fini della formulazione delle loro offerte.
Il criterio qualitativo di valutazione delle offerte
Il bando di gara prevedeva quale criterio di valutazione qualitativo delle offerte il numero del personale impiegato. Secondo il ricorrente si tratterebbe in realtà di un criterio di natura quantitativa, come tale inidoneo a consentire una valutazione qualitativa dell'offerta.
Il Consiglio di Stato ha respinto anche questa censura. Ha infatti ritenuto che il criterio di valutazione indicato fosse da inquadrare tra i criteri di natura qualitativa, in quanto riconducibile alla previsione dell'articolo 95, comma 6, lettera e) del D.lgs. 50/2016, attinente all'organizzazione, le qualifiche e le esperienze del personale utilizzato nell'esecuzione dell'appalto.