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Comporto «secco» o «per sommatoria», dalla Cassazione le regole per il licenziamento in caso di superamento

Indicazioni utili alle Pa per evitare di vedersi annullare in sede giudiziaria il provvedimento espulsivo

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di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Con la sentenza n. 8628/2022, la Corte di cassazione si è occupata del licenziamento per superamento del periodo di comporto (periodo massimo di assenze per malattia) nel pubblico impiego.

La sentenza è interessante perché fornisce utili indicazioni per evitare che le pubbliche amministrazione si vedano annullare in sede giudiziaria il provvedimento espulsivo.

Secondo l'orientamento consolidato della Cassazione, nell'ipotesi di «comporto secco» ovvero di superamento del periodo di comporto per effetto di un unico ininterrotto periodo di malattia il datore di lavoro non ha l'obbligo di specificare già nella lettera di licenziamento i singoli giorni/periodi di malattia presi in considerazione, fermo restando l'onere di allegare e provare compiutamente in giudizio i fatti costitutivi del potere esercitato. Ciò in ragione del fatto che nell'ipotesi di «comporto secco» i giorni di assenza sono facilmente calcolabili anche dal lavoratore.

Se il datore di lavoro, nelle predetta ipotesi, abbia nel provvedimento espulsivo specificato le giornate di assenza del lavoratore non può più modificarle o aggiungerne successivamente altre, trovando in tale ipotesi diretta applicazione la regola generale dell'immodificabilità dei motivi di recesso.

Tale regola è posta a garanzia del lavoratore - il quale vedrebbe altrimenti frustrata la possibilità di contestare l'atto di recesso - con la conseguenza che, ai fini del superamento del suddetto periodo, non può tenersi conto delle assenze non indicate nella lettera di licenziamento.

Invece, nell'ipotesi di «comporto per sommatoria», ovvero di superamento del periodo di comporto per effetto di plurime e frammentate assenze, occorre una indicazione specifica delle assenze computate, in modo da consentire la difesa al lavoratore.

In conclusione, si afferma nella sentenza in esame, ai fini del superamento del periodo di comporto, non può tenersi conto delle assenze non indicate nella lettera di licenziamento, sempre che il lavoratore abbia contestato il superamento del periodo di comporto e che si tratti di ipotesi di comporto per sommatoria, essendo esclusa, invece, l'esigenza di una specifica indicazione delle giornate di malattia nel caso di assenze continuative.

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