Personale

Comuni, il nuovo contratto schiaccia le assunzioni 2022

La spesa per gli arretrati l’anno prossimo altera il rapporto uscite/entrate

di Gianluca Bertagna e Davide d’Alfonso

I rinnovi contrattuali rischiano di portare con sé per tanti Comuni una spiacevole sorpresa: l’incremento straordinario della spesa di personale derivante dagli arretrati che saranno corrisposti nel 2022 potrà avere conseguenze nefaste sul rispetto dei parametri imposti dal Dm 17 marzo 2020, attuativo delle regole assunzionali scritte all’articolo 33, comma 2 del Dl 34/2019.

Mentre procede intensamente la trattativa per l’approvazione del nuovo contratto delle Funzioni Centrali, che farà da apripista per quello delle amministrazioni locali, si delinea un’implicazione problematica: i Comuni saranno chiamati, nell’anno nuovo, a corrispondere cospicue somme per arretrati contrattuali al proprio personale, appesantendo in modo significativo l’aggregato di spesa di personale. Per molti enti l’evento produrrà una contrazione dei maggiori spazi assunzionali altrimenti disponibili. Per altri, addirittura, potrebbe assumere le sembianze di un vento di buriana che le sospinge oltre la soglia più prossima, gettandole in una fascia peggiore dell'attuale.

I Comuni “virtuosi” potrebbero dover rinviare assunzioni già programmate. Quelli nella fascia intermedia invece avranno difficoltà, anche in invarianza delle altre componenti, a garantire il rispetto del rapporto spesa di personale/entrate correnti registrato nell’ultimo rendiconto. Quelli collocati nella fascia alta potrebbero subire un’almeno parziale vanificazione del loro processo di rientro al di sotto della soglia superiore, obiettivo da realizzarsi entro il 2024.

L’ampia nozione di spesa di personale disegnata dall'articolo 2 del Dm non consente esclusioni di sorta. Sole eccezioni l’Irap, fin dal principio chiamata fuori dal legislatore, e la deroga introdotta per la spesa etero-finanziata e correlata ad assunzioni previste da norme come previsto all’articolo 57, comma 3-septies, del Dl 104/2020. Le pronunce della Corte dei conti hanno posto in evidenza la sostanziale differenza della spesa di personale del Dm rispetto a quella disegnata dal comma 557 della legge 296/2006. Si rammenti, ad esempio, la delibera n. 134/2020 della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, che ha ritenuto che non possano derogare alla spesa di personale in base al Dm 17 marzo 2020 le somme correlate alle assunzioni obbligatorie ex legge 68/99, seppure in quota d'obbligo, che invece, com'è noto, sfuggono al vincolo posto dalla finanziaria 2007.

Il vecchio comma 557 esclude espressamente dal suo raggio d'azione gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, costo periodico e doveroso che appesantisce, di norma ogni tre anni, la spesa di personale degli enti: così come accade per altre ipotesi, però, l'esclusione non opera, ad oggi, nel caso del nuovo decreto assunzionale dei comuni. Sul tema, anzi, si è nel frattempo registrata la posizione della magistratura contabile dell'Abruzzo, che a quesito posto da un comune e riferito al costo del recente rinnovo contrattuale dei dirigenti, con delibera n. 63/2021 ha risposto negativamente. Secondo la Corte conti abruzzese, infatti, l'omesso riferimento nelle disposizioni del Decreto Crescita agli oneri dei rinnovi contrattuali, in evidente discontinuità rispetto all'altra norma di riferimento, appare del tutto coerente con la nuova modalità di governo della spesa introdotta dal legislatore, basata sulla sostenibilità nel tempo della spesa rispetto alle entrate correnti. In tal senso depone anche la considerazione che la circolare interministeriale esplicativa del 13 maggio 2020 prevede che, per determinare la spesa complessiva del personale, gli impegni di competenza da considerare sono quelli relativi alle voci riportati nel macro-aggregato BDAP U.1.01.00.00.000. Questo, com'è noto, ricomprende anche i codici di spesa relativi ad arretrati versati ai dipendenti in conseguenza dei rinnovi in esame.

Peraltro, l'incremento della spesa di personale generato dall'arrivo del nuovo contratto, seppure parzialmente, peggiorerà il rapporto con le entrate correnti anche a regime, protraendo almeno in parte le stesse difficoltà anche nelle annualità successive. Tutto questo in un momento in cui ai comuni sono richiesti sforzi straordinari con l'acquisizione di funzioni nuove e fondamentali per il rilancio dell'economia del Paese, che non possono essere affrontati senza poter reclutare il personale necessario.

Il tempo stringe, ma forse si può ancora sperare in un intervento risolutore del legislatore.

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