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Concessioni demaniali marittime, la Consulta «blinda» i piani di utilizzo della Regione Siciliana

La mancata adozione determina un abbassamento del livello di tutela dell'ambiente e del paesaggio

di Pietro Verna

La mancata adozione dei piani di utilizzo del demanio marittimo introdotti dalla legge della Regione Siciliana n. 15 del 2005, in attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 400 determina un abbassamento del livello di tutela dell'ambiente e del paesaggio, dal momento che tali piani «svolgono un'essenziale funzione non solo di regolamentazione della concorrenza e della gestione economica del litorale marino, ma anche di tutela dell'ambiente e del paesaggio, garantendone la fruizione comune anche al di fuori degli stabilimenti balneari». Motivo per il quale «anche nelle parti del territorio regionale ancora sprovviste di piano paesaggistico i comuni possono, e anzi devono, attivarsi per adottare e far approvare i rispettivi Pudm dall'Assessorato regionale».
Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza n. 108 del 2022 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 3 e 9 della Costituzione, dell'articolo 2, comma 1-bis, la legge della Regione siciliana n. 17 del 2021 (Attesa l'emergenza epidemiologica Covid-19, al fine di consentire all'amministrazione concedente la conclusione dei procedimenti amministrativi, la coerenza con le previsioni del Piano di utilizzo del demanio marittimo non è prevista per le istanze già protocollate alla data di entrata in vigore della presente legge).

La pronuncia della Corte costituzionale
Nel giudizio di costituzionalità promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato aveva sostenuto che la norma regionale, dispensando i comuni dall'obbligo di munirsi dei piani di utilizzo del demanio marittimo (Pudm), avrebbe violato il principio della «prevalenza del piano paesaggistico rispetto ad ogni altro atto della pianificazione territoriale» e il principio di ragionevolezza («non sussisterebbe alcuna ragionevole correlazione tra la necessità di derogare ai PUDM e l'emergenza pandemica in corso»). Tesi che ha colto nel segno. L'Alta Corte ha stabilito che:
• l'appartenenza del demanio marittimo tra i beni tutelati dall'articolo 142, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) comporta che ogni intervento debba essere sottoposto all'autorizzazione paesaggistica dell'autorità competente «a prescindere dall'esistenza o meno di un piano paesaggistico, e a prescindere – a fortiori – dall'esistenza o meno di un PUDM nel comune interessato» ( Tar Veneto, sentenza 19 novembre 2020, n. 1092 e Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 21 giugno 2005 n. 3267: i piani di utilizzo del demanio marittimo assolvono ad una funzione programmatoria delle concessioni demaniali, al fine di «rendere compatibile l'offerta dei servizi turistici con le esigenze della salvaguardia e della valorizzazione di tutte le componenti ambientali dei siti costieri, onde consentirne uno sfruttamento equilibrato ed ecosostenibile»);
• i Pudm, essendo preventivamente sottoposti alla valutazione ambientale strategica (Vas) secondo le procedure di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale) assolvono anche la funzione di ponderare gli effetti sul paesaggio che l'attività antropica oggetto di pianificazione può comportare (Tar Toscana, sentenza 28 dicembre 2016 n. 1874; Tar Marche, sentenza 6 marzo 2014, n. 291).

Ciò, non mancando di rilevare che la disposizione impugnata, consentendo il rilascio di nuove concessioni sul demanio marittimo anche nei Comuni che, a distanza di oltre quindici anni dall'entrata in vigore della legge regionale n. 15 del 2005 non si sono dotati del Pudm, «finisce per frustrare gli sforzi, compiuti con le precedenti leggi regionali […], di indurre finalmente i Comuni ad avviare i procedimenti di approvazione dei PUDM: sforzi che si imperniavano, in particolare, sul vincolo delle nuove concessioni al rispetto, quanto meno, del PUDM già adottato dal Comune, ancorché non ancora definitivamente approvato dall'Assessorato regionale competente».

Da qui il verdetto della Corte costituzionale secondo cui l' articolo 2, comma 1-bis, della legge della Regione siciliana n. 17 del 2021 « assicura esclusivamente la salvaguardia degli interessi degli aspiranti alle nuove concessioni, sacrificando, oltre i limiti consentiti dal principio di ragionevolezza, gli interessi riconducibili al raggio di tutela dell'articolo 9 della Costituzione in funzione dei quali la stessa legislazione regionale impone ai comuni l'obbligo di dotarsi di PUDM». Decisione che è in linea con la sentenza della Consulta n. 10 del 2021 che ha dichiarato l'illegittimità incostituzionalità della normativa della Regione Calabria (Lr n. 46 del 2019) che prevedeva il rilascio di «concessioni demaniali pluriennali di natura stagionale», nelle more dell'approvazione del piano comunale di spiaggia.

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