Appalti

Consiglio di Stato: consultabili con l'accesso civico anche i documenti di gara relativi agli appalti

di Roberto Mangani

Anche la materia degli appalti pubblici è soggetta alla disciplina sull'accesso civico generalizzato contenuta all'articolo 5- bis del D.lgs. 33/2013. Di conseguenza gli atti delle procedure di gara e quelli attinenti alla fase esecutiva del relativo rapporto contrattuale sono, almeno in linea generale, accessibili a tutti, senza che operino le limitazioni previste dalla disciplina sull'accesso agli atti di cui alla legge 241/90, che presuppone un interesse specifico e qualificato del richiedente l'accesso.

Si esprime in questi termini il Consiglio di Stato, Sez. III, 5 giugno 2019, n. 3780, che interviene a fronte di orientamenti giurisprudenziali contrapposti, accogliendo – almeno come affermazione di principio – la linea interpretativa più estensiva.

Il fatto
Nell'ambito di una procedura di gara per l'affidamento del servizio di manutenzione e riparazione di automezzi un operatore economico del settore aveva formulato istanza di accesso civico generalizzato, riferita sia agli atti della procedura che a quelli relativi all'esecuzione del rapporto contrattuale.

L'ente appaltante aveva respinto l'istanza, ritenendo che la disciplina sull'accesso civico generalizzato non trovasse applicazione nella materia degli appalti pubblici.
Questa posizione veniva confermata dal giudice amministrativo di primo grado. Secondo quest'ultimo costituisce elemento dirimente la previsione contenuta al comma 3 dell'articolo 5 – bis del D.lgs. 33/2013 che esclude dall'accesso civico generalizzato, tra l'altro, i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1 della legge 241/90.
A sua volta l'articolo 53, comma 1 del D.lgs. 50/2016 stabilisce che nella materia dei contratti pubblici il diritto di accesso agli atti è disciplinato, salvo le disposizioni particolari in esso contenute, dall'articolo 22 della legge 241/90.

Dalla combinazione di queste due norme il giudice amministrativo di primo grado ha tratto la conclusione, riassumibile nei seguenti termini: l'accesso civico generalizzato non trova spazio laddove una specifica norma preveda l'applicazione della diversa disciplina dell'accesso di cui all'articolo 21 della legge 241, e siccome l'articolo 53 del D.lgs. 50 si esprime in questi termini, la materia dei contratti pubblici è sottratta all'accesso civico generalizzato.

La posizione del Consiglio di Stato
Diametralmente opposte sono le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato.
In via preliminare il massimo giudice amministrativo evidenzia come attraverso la disciplina dell'accesso civico generalizzato il legislatore abbia voluto introdurre uno strumento che consente a chiunque di accedere agli atti della pubblica amministrazione, a prescindere da un interesse specifico e qualificato.

Inoltre, ricorda che sulla questione specifica dell'applicazione dell'istituto alla materia dei contratti pubblici si sono contrapposti due diversi orientamenti dei giudici di primo grado, il primo a favore di detta applicazione e il secondo contrario.

Ciò premesso, anche per il Consiglio di Stato la soluzione della questione va cercata nella lettura coordinata delle diverse norme che si occupano di accesso agli atti e in particolare del comma 3 dell'articolo 5 – bis del D.lgs. 33/2013 e dell'articolo 53 del D.lgs. 50/2016. Ma di questa lettura coordinata offre un'interpretazione opposta a quella accolta dal Tar.
Infatti, la prima norma, come visto, esclude l'accesso civico nei casi in cui la disciplina vigente subordini l'accesso al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti, ivi compresi quelli dettati dalla legge 241/90. Tuttavia il riferimento a quest'ultima legge non può essere inteso come volontà di escludere l'accesso civico generalizzato tutte le volte che ne venga richiamata l'applicazione.

Il richiamo alle condizioni, modalità e limiti va inteso come riferito a casi specifici che possono realizzarsi nell'ambito di una determinata materia, ma non come possibilità di escludere dall'accesso civico un'intera materia.
D'altronde con specifico riferimento alla materia degli appalti una diversa interpretazione porterebbe all'esclusione della stessa dall'accesso civico generalizzato, proprio laddove dovrebbe trovare massimo spazio il principio di trasparenza, di cui l'accesso generalizzato costituisce espressione.

Sotto quest'ultimo profilo occorre considerare che l'accesso civico generalizzato tende a superare i limiti soggettivi dell'accesso, consentendolo ad ogni cittadino, con la sola fissazione di un numero definito di limiti oggettivi, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti. Questa diversa prospettiva tende a favorire forme diffuse di controllo della pubblica amministrazione nel perseguimento delle sue funzioni istituzionali e nell'utilizzo di risorse pubbliche.

In questo contesto è lo stesso D.lgs. 33/2013 a individuare specifiche materie che, in relazione alla necessità di mantenere riservate determinate informazioni, sono sottratte all'accesso. Si tratta in particolare della politica estera e della sicurezza nazionale. Al di là di queste materie, vi possono essere solo casi specifici in cui l'accesso deve essere negato, nell'ambito di una materia che è comunque sottoposta all'accesso.
E' proprio questo che avviene nella materia degli appalti pubblici, che in linea generale deve ritenersi soggetta all'accesso civico generalizzato, non potendo rilevare ai fini della sua esclusione il richiamo alla disciplina dell'accesso di cui alla legge 241/90 contenuto nell'articolo 53 del Dlgs. 50/2016.

D' altronde ritenere che il richiamo alla legge 241 comporti di per sé la non applicazione della disciplina sull'accesso civico significherebbe precostituire una strada per depotenziare quest'ultimo istituto, in contrasto con la volontà del legislatore di riservare sempre maggiore spazio al controllo diffuso dell'attività della pubblica amministrazione.

Con specifico riferimento alla materia degli appalti pubblici va inoltre considerato che il D.lgs. 50/2016 è anteriore all'introduzione dell'accesso civico generalizzato – avvenuta con il D.lgs. 67/2016 che ha modificato il D.lgs. 33/2013 - cosicché si deve ragionevolmente ritenere che l'entrata in vigore di quest'ultimo istituto abbia implicitamente superato il riferimento alla legge 241/90 contenuto nell'articolo 53 del D.lgs. 50.
Da tutto quanto precede consegue la conclusione del Consiglio di Stato: l'accesso civico generalizzato trova applicazione nella materia degli appalti pubblici, consentendo a chiunque di accedere, almeno in termini generali, agli atti di gara e a quelli inerenti l'esecuzione del rapporto contrattuale.

D'altronde la normativa sull'accesso civico generalizzato non è funzionale a consentire a chiunque di accedere agli atti per mera curiosità o per accaparrarsi dati sensibili, ma vuole assicurare una forma di controllo diffuso sull'operato della pubblica amministrazione e, nel caso specifico, degli enti appaltanti. Per quanto riguarda poi l'accesso agli atti delle procedure di gara, una volta che la stessa si sia conclusa non sussiste più la necessità di tutelare il principio della par condicio, la cui tutela poteva costituire un ostacolo al pieno dispiegamento del diritto di accesso. D'altro canto, garantire il diritto di accesso generalizzato nella materia degli appalti pubblici significa anche contribuire a perseguire la finalità di trasparenza cui devono essere ispirate le procedure di gara.

Una volta affermato il principio generale dell'applicabilità dell'accesso civico generalizzato alla materia degli appalti pubblici, il Consiglio di Stato opera qualche considerazione aggiuntiva rispetto alla concreta applicazione dell'istituto nel caso di specie.
In primo luogo, a limitare l'accesso non può essere invocata una ritenuta eccessiva voluminosità degli atti, non potendosi addurre motivazioni strettamente pratiche – spesso di natura strumentale - per limitare un diritto riconosciuto.
In secondo luogo, la natura degli atti di cui si richiedeva l'accesso era sostanzialmente amministrativa e contabile, cosicché non poteva essere invocato alcun segreto industriale che poteva risultare violato dall'accesso medesimo.

I limiti dell'articolo 53 e l'accesso civico generalizzato
L'affermazione di principio secondo cui l'accesso civico generalizzato costituisce istituto che opera anche nella materia degli appalti pubblici non esclude che vi siano comunque dei limiti al suo utilizzo.

Va infatti ricordato che lo stesso comma 3 dell'articolo 5 – bis del D.lgs. 33/2013 esclude la piena operatività dell'accesso civico generalizzato nei casi in cui una norma vigente la subordini al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti. E questo sembra proprio essere l'ipotesi contemplata dall'articolo 53 del D.lgs. 50, che detta una disciplina specifica diretta a differire ovvero a vietare l'accesso in alcuni casi specificamente individuati.
In particolare, al comma 2 vengono stabiliti alcuni limiti al diritto di accesso che, relativamente alla fase della gara, sono preordinati a tutelare i principi di concorrenzialità e trasparenza. Vanno in questo senso la postergazione dell'accesso rispetto all'elenco dei soggetti invitati alla procedura ristretta, che possono essere resi noti solo quando sia scaduto il termine di presentazione delle offerte; ovvero rispetto alle offerte e ai contenuti del procedimento di verifica dell'anomalia, in relazione ai quali l'accesso può essere esercitato solo dopo l'avvenuta aggiudicazione.

Relativamente alla fase esecutiva, il successivo comma 5 prevede poi un vero e proprio divieto di accesso per taluni atti, quali le informazioni fornite in sede di offerta che costituiscano segreti tecnici o commerciali, i pareri legali acquisiti dagli enti appaltanti, le relazioni riservate del direttore lavori e dell'organo di collaudo. Si tratta di divieti finalizzati a preservare le esigenze di riservatezza o dei concorrenti o delle stazioni appaltanti, che impongono di escludere in assoluto il diritto di accesso.

È vidente che la disciplina richiamata risponde a logiche e finalità del tutto peculiari al settore dei contratti pubblici. Appare quindi corretto preservare tali finalità, evitando che le stesse siano contraddette da un ricorso indiscriminato all'accesso civico, che finirebbe per introdurre un controllo omnicomprensivo e generalizzato anche rispetto ad atti che il D.lgs. 50 ha inteso far rimanere riservati o per i quali esigenze di trasparenza e concorrenzialità hanno indotto a prevedere un accesso postergato.

In definitiva si deve ritenere che l'accesso civico, seppure ammesso in via di principio anche nella materia degli appalti pubblici secondo l'indicazione contenuta nella pronuncia del Consiglio di Stato, sia comunque soggetto agli specifici limiti stabiliti dall'articolo 53 del D.lgs. 50, limiti che possono valere in considerazione del rinvio contenuto nel medesimo articolo 5- bis del D.lg. 33/2013.

La sentenza del Consiglio di Stato

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