Fisco e contabilità

Convenzione urbanistica, le Entrate stoppano l’esclusione dall’Iva

L’imposta va pagata perché la cessione delle aree non è a titolo gratuito

di Alessandro Garzon

Se diverse da quelle che comportano la cessione nei confronti dell'ente pubblico di aree od opere a scomputo di oneri di urbanizzazione, le convenzioni urbanistiche vanno assoggettate a Iva. Chiara nelle conclusioni, la risposta 326/23 dell’agenzia delle Entrate difetta nelle motivazioni. Peccato, perché la rilevanza del caso avrebbe meritato ben altra analisi.

La definizione di convenzione urbanistica è ampia: in quanto applicazione specifica dell’articolo 11 della legge 241/90 in tema di accordi di diritto privato, è volta a disciplinare, con il consenso del privato proprietario di un’area, la realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici.

Nel caso , la convenzione sottoscritta dal Comune istante è volta a regolare i contenuti di un piano urbanistico attuativo che obbliga la parte privata a cedere all’ente sia aree destinate a standard urbanistici sia aree di compensazione urbanistica e ambientale,come richiesto dal piano regolatore. Posto che il trasferimento di entrambe le tipologie di aree è un requisito essenziale per il permesso di costruire, e considerato che il valore delle aree di compensazione resta determinato su base convenzionale e quindi in misura notevolmente inferiore al valore di mercato, il Comune chiede se l’atto di trasferimento delle aree di compensazione vada assoggettato a Iva. L’ente sottolinea il costante orientamento della Cassazione, secondo cui la convenzione urbanistica non dà luogo a sinallagma (e cioè a scambio di cessioni/prestazioni tra le parti), e non è quindi soggetta all’Iva: per le finalità dell'accordo, che non sono contrapposte ma comuni alle parti, e per la diversa situazione soggettiva dell’ente locale, che pone in essere atti tipicamente amministrativi.

A quest'ultimo proposito, la Cassazione (n. 11344/16) ha precisato che nella convenzione di lottizzazione «(…) manca il rapporto sinallagmatico tra i contraenti presupposto dell’Iva anche a livello comunitario, non essendovi alcun nesso d’interdipendenza contrattuale tra cessioni immobiliari, opere di urbanizzazione, prestazioni e contributi vari». Queste argomentazioni trovano conferma nella sentenza C– 528/19 Mitteldeutsche: nel caso di un accordo che comporta l’allargamento di una strada da parte di una società che, in cambio, riceve da un ente l’autorizzazione allo sfruttamento di una cava, la Corte riconosce che tra l’ente e la società c’è un rapporto giuridico. Poi la sentenza sembra richiamare la situazione soggettiva dell’ente locale che pone in essere atti amministrativi dove viene precisato che il rapporto giuridico non può qualificarsi come a prestazioni corrispettive perché «un atto unilaterale di esercizio di pubblici poteri non può, in linea di principio, instaurare un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvengono scambi di reciproche prestazioni». A questo punto, la mancanza di sinallagma sembrerebbe comportare l’esclusione da Iva delle convenzioni urbanistiche. Il fatto è che di queste argomentazioni non c’è alcun cenno nella risposta delle Entrate. Molto più brevemente, l’Agenzia propende per l’applicazione dell’Iva sul duplice presupposto per cui la cessione delle aree non avviene a titolo gratuito né a scomputo di oneri di urbanizzazione. Come a dire che, al di fuori di quest’ultimo caso (escluso da Iva ex articolo 51 della legge 342/00), tutte le altre convenzioni restano sempre soggette al tributo. A questo punto, il divario tra prassi e giurisprudenza è fatalmente destinato ad allargarsi.

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