Fisco e contabilità

Corte dei conti, l'illecito «permanente» estende i termini di prescrizione

Il principio è affermato nella sentenza della III Sezione giurisdizionale centrale d'appello

di Corrado Mancini

In ipotesi di illecito permanente la prescrizione dell'eventuale danno erariale ricomincia ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce e si verifica, e in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si realizza. Il principio è affermato nella sentenza della III Sezione giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei conti n. 79/2021 che, nello specifico, si riferisce alla mancata utilizzazione e destinazione di un immobile alle finalità per le quali il finanziamento per la ristrutturazione fu concesso.

In questi casi, per il collegio giudicante, la lesione degli interessi finanziari della collettività, e quindi il danno erariale, è l'effetto del mancato conseguimento delle utilità di interesse generale che, attraverso la spendita delle risorse pubbliche, l'amministrazione programma di conseguire per la cura e realizzazione dell'interesse pubblico intestatole. In tale contesto, le modalità delle condotte assumono un carattere essenzialmente omissivo: il percettore omette di osservare il "programma" del finanziamento, ossia l'oggetto, i modi ed i tempi dell'intervento, pena la frustrazione delle finalità dell'intervento stesso.

Com'è noto, in linea generale, il termine d'esordio della prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale coincide con il momento in cui si verifica il «fatto dannoso», ossia si realizza la deminutio patrimonii e la lesione patrimoniale si esteriorizza, divenendo "conoscibile" dal danneggiato secondo un criterio di ordinaria diligenza (sulla esteriorizzazione, conoscibilità e percepibilità secondo l'ordinaria diligenza del danno si veda da ultimo, Sezione. III n. 20 del 2020).

In tale prospettiva, la lesione patrimoniale conseguente al mancato uso di un bene idoneo ha certamente il suo esordio sin dal momento in cui il bene è disponibile per l'uso per il quale è stato realizzato, ma manca l'effettività della sua destinazione.

Ma, oltre a ciò, occorre anche considerare che il valore patrimoniale perduto che consegue al suo mancato utilizzo, e quindi il mancato verificarsi delle utilità che si sarebbero dovute conseguire nel tempo per il mezzo delle risorse finanziarie impiegate, permane fintantoché il bene non venga effettivamente destinato alle finalità per le quali fu acquisito.

In punto di prescrizione, allora, in ipotesi di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento per la durata del danno e della condotta che lo produce, essa ricomincia ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce e si verifica, e in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si realizza. Con la conseguenza che il risarcimento può essere chiesto giorno per giorno dalla data di inizio della inutilizzazione, connessa a condotte gravemente colpose, e rimane colpito dalla prescrizione per il periodo anteriore al quinquennio precedente alla proposizione dell'atto interruttivo della prescrizione.

Per tanto, in caso di mancata utilizzazione di un bene, qualora tale preclusione di utilizzo deriva da inerzie e omissioni, ciò vale anche nel corso del suo iter di completamento, il danno non è affatto correlato ai pagamenti già effettuati, ma deriva proprio da tali condotte, anche successive ai pagamenti, omissive o comunque inadeguate a realizzare il fine al quale l'opera pubblica è destinata, e sorge e matura nella sua certezza, concretezza e attualità man mano che tale condotta viene perpetrata nel tempo.

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