Fisco e contabilità

Corte dei conti, gli incarichi legali non sono consulenze e non serve la gara

Sono prestazioni di lavoro autonomo il cui affidamento si caratterizzaper un preminente elemento fiduciario

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di Pasquale Monea

Anche la Corte dei conti ora riconosce la non equiparabilità degli incarichi legali alle consulenze. Nella sentenza n. 509/2021 della sezione giurisdizionale del Lazio si afferma che gli incarichi legali a professionisti esterni non sono equiparabili alle consulenze esterne, alle quali si applica il regime degli articoli 7, comma 6, del Dlgs 165/2001 e dell'articolo 110, comma 6, del Tuel. Ma, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato e gli indirizzi dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, sono da inquadrare tra le prestazioni di lavoro autonomo professionale il cui affidamento, sia pur rispettoso dei principi generali in tema di trasparenza ed economicità, è caratterizzato da un preminente elemento fiduciario. La fattispecie negoziale dell'appalto di servizi potrebbe configurarsi solo nel caso in cui la prestazione richiesta al professionista non si esaurisca nel solo patrocinio legale a favore dell'ente, configurandosi quale modalità organizzativa di un servizio più complesso e articolato, risultando la tesi contraria attualmente del tutto superata alla luce della giurisprudenza comunitaria. La decisione è chiarissima nella parte in cui respinge la contraria tesi, sostenuta dal requirente, che si basa su una controversa interpretazione della disciplina riguardante l'affidamento di incarichi di patrocinio legale da parte della pubblica amministrazione, inquadrati nell'ambito di veri e propri appalti di servizi; interpretazione sicuramente minoritaria ed, attualmente, del tutto superata alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria.

La materia dell'affidamento degli incarichi legali esterni da parte della Pubblica amministrazione è un argomento da sempre connotato da carattere di estrema delicatezza. La tesi sostenuta da più parti è quella per la quale la difesa degli atti amministrativi, coinvolge in maniera particolarmente significativa l'attuazione dell'azione di governo dell'ente e, pertanto, la realizzazione effettiva dei programmi medesimi con risvolti immediatamente ricadenti sugli organi esecutivi. È conseguenza quella per la quale tali affidamenti sono caratterizzati da un elevato grado di fiducia tra l'amministrazione e il professionista incaricato.

Si era nel tempo formata la convinzione (Consiglio di Stato, Sezione. V, 11 maggio 2012, sentenza n.2730, CdS, 2012, 1241 e seguenti) per la quale le previsioni del Dlgs 163/2011 erano applicabili esclusivamente alle ipotesi di affidamento di «servizi legali», in altri termini a quei rapporti di carattere continuativo diversamente dai rapporti aventi ad oggetto il singolo contratto di conferimento riconducibile, invece, allo schema civilistico di cui all'articoli 2230 del codice civile, alla tipologia del contratto di prestazione d'opera intellettuale e affidabile intuitu personae. Con il nuovo codice, diversamente dalla tesi del giudice amministrativo, si affacciava una tesi estremamente rigorista che trovava un'apparente cristallizzazione nelle note Linee guida n.12 dell'Anac, approvate con delibera del Consiglio n. 907/2018 che, in aperta contrapposizione rispetto alle valutazioni del giudice amministrativo e valorizzando la previsione di cui all'articolo 4 del Dlgs 50/2016 («L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica»), hanno affermato che tali principi potessero trovare concreta applicazione esclusivamente a mezzo di procedure comparative. Da ultimo il Tar Lombardia-Milano (sentenza 24 marzo - 29 aprile 2021 n. 1071) ha avuto modo di affermare come l'affidamento di servizi legali di rappresentanza della Pa nei procedimenti giudiziari è escluso dall'ambito applicativo del codice degli appalti. La scelta dell'avvocato da parte dell'ente deve rispettare solo i principi di economicità, efficacia e proporzionalità (articolo 4 del Dlgs 50/2016).

La tesi dell'Anac era basata sulla sopravvenienza delle specifiche direttive europee del 2014 in materia: la direttiva 2014/24/Ue del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici; la direttiva 2014/25/Ue del 26 febbraio 2014 sugli appalti nei settori cosiddetti speciali – articoli 21 e 91; la direttiva 2014/23/Ue del 26 febbraio 2014 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione – articoli 10 e 19. La posizione della magistratura contabile in sede di controllo collaborativo si poneva in linea con la tesi interpretativa dell'Anac, rilevando l'ampia portata dei principi previsti dall'articolo 4 del Codice, tale da escludere la tesi basata sulla natura fiduciaria. Indicativa in tal senso la posizione della Corte dei Conti, Emilia Romagna, con cui è proposta una ricostruzione puntuale ed esaustiva dell'istituto (da ultimo la delibera n. 35/2018).

In questo contesto giungeva la sentenza della Corte di giustizia europea, del 6 giugno 2019, emessa nella causa C-264/18 avente ad oggetto proprio la questione pregiudiziale sollevata dalla Corte costituzionale Belga, in merito alla dubitata violazione dei principi comunitari conseguente la mancata inclusione tra i servizi rilevanti per la direttiva appalti, di specifici servizi legali. La Corte ha statuito che l'articolo 10, lettere d), i) e ii), della Direttiva n.2014/24 esclude dal proprio ambito di applicazione «unicamente la rappresentanza legale del suo cliente nell'ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell'ambito della preparazione o dell'eventualità di un siffatto procedimento». Pertanto «simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell'ambito di un rapporto intuitu personae tra l'avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza». Il giudice giustifica tale presa di posizione mettendo in rilievo che «da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l'avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del suo difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione oggettiva della qualità che si attende dai servizi da prestare … la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente, il cui oggetto consiste, in particolare nelle circostanze descritte al punto 35 della presente sentenza, tanto nel salvaguardare il pieno esercizio dei diritti della difesa dei singoli quanto nel tutelare il requisito secondo il quale ogni singolo deve avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 1982, AM S Europe/Commissione, 155/79, EU:C:1982:157, punto 18), potrebbe essere minacciata dall'obbligo, incombente sull'amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni». Conseguentemente la questione sollevata dalla Corte costituzionale del Belgio viene rigettata in quanto «alla luce delle loro caratteristiche oggettive, i servizi di cui all'articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell'ambito di applicazione della direttiva medesima. Tenuto conto di tale differenza oggettiva, è altresì senza violare il principio della parità di trattamento che il legislatore dell'Unione ha potuto, nell'ambito del suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall'ambito di applicazione di detta direttiva».

In altri termini a parere della Corte, l'aspetto fiduciario, in uno alla riservatezza, impongono drasticamente e irrimediabilmente di escludere ogni possibilità di porre in essere procedure comparative, giustificando così in toto l'esclusione applicativa della direttiva appalti a dette tipologie di incarichi. Dalla lettura della detta sentenza della Corte Ue il ragionamento appare ancor più radicato, sfiorando addirittura la sostanza del concetto stesso di «diritto di difesa» inteso, secondo l'assise comunitaria, anche come vero e proprio diritto di determinarsi liberamente nella scelta del proprio difensore. Riconoscendolo in tale inviolabile ed incondizionabile portata, anche alla Pa attraverso la fiduciarietà.

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