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Le nuove sanzioni tributarie stabilite dal Dlgs 87/2024 non sono retroattive

di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Le minori sanzioni previste dal Dlgs 87/2024, di riforma delle sanzioni amministrative tributarie attuativo della legge delega fiscale legge 111/2023, non si applicano alle violazioni commesse prima del 1° settembre 2024, in deroga ai principi del favor rei e della lex mitior (sanzione più favorevole).

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 17113 del 25/06/2025, ha sposato la tesi relativa all’irretroattività delle nuove misure sanzionatorie sancito dall’articolo 5 del Dlgs 87/2024 e dalla relazione illustrativa del decreto.

Come accennato, l’articolo 5 del citato Dlgs 87/2024 ha stabilito che le disposizioni contenute negli articoli 2, 3 (ad esclusione del comma 1, della lettera o) e 4 del medesimo decreto si applicano solo alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024. Così operando la norma ha sancito una deroga al principio del “favor rei”, contenuto nell’articolo 3, comma 2, del Dlgs 472/1997 (articolo 2 del Dlgs 133/2024 dal 2026), in base al quale: «salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile» ed a quello della lex mitior, di cui al comma 3 del medesimo articolo, ove si stabilisce che: «Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo».

Tale deroga è stata fortemente discussa, in quanto diversi commentatori ritenevano che questa previsione fosse illegittima, in quanto contrastante con il principio costituzionale stabilito in materia di sanzioni penali. Tuttavia, accanto alla chiara previsione normativa, che opera una precisa definizione del momento di decorrenza delle nuove sanzioni, derogando ai principi anzidetti, la relazione di accompagnamento al decreto legislativo aveva già evidenziato la portata non retroattiva delle nuove misure sanzionatorie.

La Corte di cassazione, ha sposato quest’ultima tesi, evidenziando che la scelta del legislatore non è in contrasto né con i principi costituzionali, né con il diritto dell’Unione europea. In particolare, la circostanza che la riforma delle sanzioni si innesti del più ampio quadro di riforma del sistema sanzionatorio, consente di ritenere la deroga al principio della lex mitior coerente con i principi costituzionali e sovranazionali. La relazione illustrativa al decreto ha evidenziato che la riforma tributaria è impostata su di un nuovo rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente, basato sull’ottenimento della compliance preventiva del contribuente, a cui è corrisposto, proprio in virtù di quanto nuovo rapporto di fiducia, l’abbassamento delle sanzioni. Sotto tale profilo è apparso necessario un allineamento temporale tra la piena attuazione dei nuovi istituiti di compliance e l’entrata in vigore delle nuove misure sanzionatorie.

La Corte di cassazione ha inoltre sottolineato come non hanno ragione di essere le contestazioni mosse circa lo scostamento che l’entrata in vigore delle misure sanzionatorie solo pro futuro comporterebbe rispetto a quanto accade nelle violazioni penali, nelle quali invece il principio del favor rei e della lex mitior non è derogabile. Tuttavia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che, poichè le sanzioni penali differiscono dalle sanzioni amministrative tributarie, è giustificato uno scostamento dal loro maggiore rigore. La riprova si ha con la previsione del comma 2 dell’articolo 3 del Dlgs 472/1997, il quale ha previsto che il principio del favor rei per le sanzioni tributarie possa essere derogato da una previsione di legge; a maggior ragione, per la Corte questa deroga è ammissibile per il principio della lex mitior (comma 3) in quanto, pur non prevedendo la norma in questo caso la possibilità di una deroga legislativa, sarebbe del tutto irragionevole consentire la deroga al principio della irretroattività della sanzione quando una fattispecie non costituisce più una violazione e non ammetterla invece quando una fattispecie resta sanzionata, seppure con una intensità minore. Quanto sopra è coperto dalla Corte costituzionale, che nella sentenza n. 68/2021 aveva sancito che: «la Corte ha affermato che, laddove la sanzione amministrativa abbia natura punitiva, di regola non vi sarà ragione per continuare ad applicarla, qualora il fatto sia successivamente considerato non più illecito; né per continuare ad applicarla in una misura considerata ormai eccessiva (e per ciò stesso sproporzionata) rispetto al mutato apprezzamento della gravità dell'illecito da parte dell'ordinamento: ciò, salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo vaglio positivo di ragionevolezza, alla cui stregua debbono essere in linea generale valutate le deroghe al principio di retroattività». Analogamente si può fare riferimento alla sentenza n. 63/2019. In sostanza, per la Corte, la deroga al principio del favore rei o della lex mitior è giustificato allorquando ci siano esigenze di tutela di altri interessi costituzionali, pari o superiori a quelli tutelati dai suddetti principi.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 193/2016, ha infatti chiarito che «la costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in materia di sanzioni amministrative non è dato rinvenire un vincolo costituzionale nel senso dell’applicazione in ogni caso della legge successiva più favorevole, rientrando nella discrezionalità del legislatore nel rispetto del limite della ragionevolezza modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore in base alle materie oggetto di disciplina».

La Cassazione evidenzia quindi che: «È sufficiente la lettura dell’articolo 20 della legge delega, e degli ampi obiettivi che con essa sono stati assunti dal legislatore, per comprendere come la riforma non si limita a rideterminare le sanzioni in senso favorevole al contribuente, ma si accompagna a un ripensamento del ruolo stesso della sanzione, implementando un contesto di collaborazione tra Amministrazione e contribuente (articolo 20, comma 1, lettera a, n. 4), e persino prevedendo forme di compensazione tra sanzioni comminate e crediti maturati nei confronti delle amministrazioni (articolo 20, comma 1, lettera a, n. 2), oppure valorizzando la condotta successiva o pregressa del contribuente in uno spirito radicalmente rivoluzionato rispetto al passato, quanto meno in termini di obiettivi (articolo 20, comma 1, lettera 2 e 3). Un simile riassetto giustifica la scelta del legislatore delegato». La previsione di sanzioni più leggere, connesse alla più ampia riforma del sistema tributario, con conseguente diminuzione di gettito già preventivato, oltre a far emerge esigenze di tutela del principio costituzionale del pareggio di bilancio (articolo 97 della Costituzione), riversa i suoi effetti anche sul raggiungimento di prestazioni standard anche esse di rango costituzionale (prestazioni sanitarie, istruzione, sicurezza, ecc.). Una riforma del sistema tributario, nel quale la revisione del carico sanzionatorio si relaziona con un diverso rapporto tra fisco e contribuente, giustifica l’irretroattività delle sanzioni. Peraltro, è del tutto evidente che il legislatore delegato ha ponderato con attenzione tale deroga, considerando che l’entrata in vigore delle nuove sanzioni non è allineata con l’entrata in vigore del decreto, ma è differita ad un momento successivo (1° settembre 2024).

L’irretroattività delle nuove sanzioni è stata confermata, oltre che dalla citata relazione illustrativa al decreto, anche dalla sentenza della Cassazione n. 1274/2025 che, ha affermato che la deroga al principio del favor rei può essere giustificata da esigenze erariali.

Anche se, al contrario della sentenza n. 17113/2025, la quale ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale, la pronuncia n. 2950/2025 della Corte ha rimesso la questione alla Corte costituzionale, sollecitando un vaglio di costituzionalità del regime transitorio stabilito dall’articolo 5 del Dlgs n.87/2024, che preclude l’applicazione delle nuove disposizioni agli illeciti anteriori al 1° settembre 2024.

(*) Vicepresidente Anutel

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