Corte conti, scansione temporale cruciale nella gestione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale
Tempi dilatati e fasi indeterminate possono compromettere il conseguimento degli obiettivi di risanamento
La Sezione autonomie della Corte dei conti è intervenuta sulla possibilità, anche per gli enti il cui piano di riequilibrio finanziario pluriennale sia ancora oggetto d'esame presso la Commissione del ministero dell'Interno, di non applicare il disavanzo di amministrazione ripianato nel corso di un esercizio per un importo superiore a quello pianificato, per effetto dell'anticipo delle attività riguardanti maggiori accertamenti o minori impegni previsti in bilancio per gli esercizi successivi in attuazione del piano di rientro, al bilancio degli esercizi seguenti, come previsto dall'articolo 111, comma 4-bis, del Dl 18/2020 e nel paragrafo n. 9.2.30 dell'articolo dell'allegato) 4/2 al Dlgs 118/2011.
Come ben commentato su Nt+ Enti locali & edilizia del 19 maggio, la Sezione autonomie, con la delibera n. 9/2023, ha stabilito che la facoltà di non applicare al bilancio degli esercizi seguenti il disavanzo di amministrazione ripianato nel corso di un esercizio per un importo superiore a quello in origine programmato, per effetto dell'anticipo dei surplus derivanti dalle misure di rientro in attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale previsto dall'articolo 243-bis del Tuel, può essere esercitata anche dagli enti il cui il piano sia ancora oggetto d'esame presso la Commissione di cui all'articolo 155 del Tuel.
In parole povere, la Corte ha ritenuto corretto che anche gli enti in attesa dell'approvazione del piano di rientro presentato al ministero dell'Interno, abbiano la possibilità di beneficiare del maggiore ripiano del disavanzo verificatosi in un esercizio per diminuire le quote di disavanzo da applicare negli esercizi successivi, riducendone così il "peso" rispetto alla modulazione originaria del piano.
Di grande interesse, però sono le motivazioni della Corte, che delineano un corretto inquadramento finanziario e funzionale del piano di riequilibrio finanziario pluriennale rispetto all'obiettivo di sistema previsto dal legislatore, vale dire, quello di prevenire, mediante tempestivo risanamento, il dissesto dell'ente locale.
La Corte parte dal concetto di piano di rientro introdotto, a livello europeo, nei confronti degli Stati membri con le modifiche del 2011 (Six Pack), anche nel braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita. Il regolamento n. 1173/2011 lo prevede in caso di deviazioni significative e il successivo regolamento n. 1174/2011, lo prescrive, nell'ambito della Macroeconomic Imbalance Procedure (Mip), in caso di squilibri eccessivi. Il piano di rientro è previsto dal braccio correttivo, pertanto, al fine di ricondurre in un sentiero di sostenibilità il paese che abbia presentato criticità nel conseguimento dell'equilibrio di bilancio.
Le caratteristiche del piano di rientro, pur nei diversi ambiti di applicazione, presentano alcuni tratti comuni per i vari livelli di governo. Il piano è caratterizzato da un orizzonte temporale definito e da una preliminare approvazione, dal monitoraggio nel corso della sua attuazione. Il piano è stabile negli obiettivi concordati, non modificabili discrezionalmente, ma è rimodulabile a fronte di eventi esogeni che possono modificare il quadro di riferimento. Il piano di riequilibrio secondo l'articolo 243-bis del Tiel può essere inquadrato sotto il profilo sistematico come una species nel più ampio genus degli strumenti preposti alla regolazione del processo di deviazione dall'equilibrio finanziario, che la normativa vigente indica, con varie declinazioni, per i diversi livelli di governo. Anche la legge 243/2012 fornisce alcune indicazioni sulla struttura del piano di rientro, dovendo questo indicare la misura e la durata dello scostamento. In altre parole, deve essere prevista la durata massima del piano, individuata dal legislatore, attraverso l'indicazione del rapporto tra passività e impegni correnti, nonché la misura, da indicare nel suo complesso e nella relativa scansione annuale.
Sotto questo aspetto, la Corte sottolinea con forza che la scansione temporale è cruciale nella gestione del piano. Tempi dilatati e fasi indeterminate possono compromettere il conseguimento degli obiettivi di risanamento. La scansione temporale stringente e il controllo tempestivo rappresentano difatti elementi essenziali per il successo del piano. La durata del piano è commisurata alla gravità degli eventi e vanno definite, nella sua architettura, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili. Presupposto del piano sono lo scostamento da un profilo di normalità, definito in termini di equilibrio strutturale e la tempestività. La scansione temporale è cruciale per tre ragioni: la modificazione del quadro di riferimento che può implicare la revisione del percorso di risanamento (più è lungo e incerto più questa eventualità ha possibilità di avverarsi); l'opacizzazione degli obiettivi, che tendono a sfocarsi se inattuati, con il trascorrere del tempo; e, da ultimo, l'impossibilità di prospettare un nuovo e diverso periodo di ripiano, a causa della struttura rigida e immodificabile del piano di riequilibrio, rispetto a quello originariamente stabilito.
Ed è proprio il principio tempestività nell'applicazione delle misure di risanamento che consente di estendere la flessibilità nella rimodulazione al fine di poter beneficiare dei maggiori ripiani rispetto all'originaria programmazione pluriennale, anche in favore degli enti in attesa dell'approvazione del ministero dell'Interno.
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