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Crescita diseguale: il Sud resta 10 punti sotto i livelli del 2008

Per Banca d’Italia anche il Mezzogiorno ha recuperato rispetto al pre Covid ma sul lungo periodo ha perso terreno sul Nord

di Carmine Fotina

La fotografia degli andamenti territoriali dell’economia è una costante nelle relazioni annuali di Banca d’Italia, a delineare il più delle volte faticose e molto parziali dinamiche di riavvicinamento tra le aree più sviluppate del Paese e quelle svantaggiate. Anche nel documento che accompagna le ultime considerazioni del governatore Ignazio Visco il Mezzogiorno partecipa alla crescita del 2022 e del primo trimestre 2023, ma paradossalmente perde terreno nel confronto con il resto dell’Italia. Indicazione quantomai attuale alla luce del rischio di ritardi del Pnrr, che ha nella riduzione dei divari territoriali uno degli obiettivi costitutivi.

Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter) elaborato dalla Banca d’Italia, lo scorso anno il Pil è aumentato del 3,8% nel Nord-Ovest, del 3,7 nel Nord-Est e al Centro e del 3,4 nel Mezzogiorno. Tutte le macroaree, ad eccezione del Centro, hanno recuperato i livelli di attività economica precedenti la pandemia ma con velocità diverse, con il risultato che questa risalita ha ampliato le distanze.

Per il Sud è proseguita una tendenza che Banca d’Italia sottolinea essere ormai di lungo periodo e il prodotto risulta ancora 10 punti sotto i livelli osservati prima della crisi del 2008-2009, mentre questo distacco è limitato a 6 punti al Centro. Il Nord ha addirittura superato i valori del 2007. Se si utilizza come parametro il Pil pro capite il differenziale resta, anche se è meno marcato: rispetto al 2007 il calo è del 3,5% al Centro-Nord e del 6,4% al Mezzogiorno, dove questa grandezza è pari al 55% di tutto il resto del Paese (nel 2007 era circa il 57%).

Anche le esportazioni si prestano a un doppio livello di lettura. Tutte le macroaree hanno contribuito alla rilevante crescita dell’export nel 2022, con le vendite di beni che hanno superato il dato del 2019. Il Sud, comprendendo le isole, si è distinto in senso positivo grazie alle vendite di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio ma al netto di questa voce le esportazioni meridionali sono cresciute meno che nel resto del Paese. Più complesso il quadro relativo all’occupazione. Banca d’Italia, citando la Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, ricorda che nel 2022 l’occupazione è cresciuta del 2,4% nel Centro-Nord e del 2,5% nel Mezzogiorno ma le caratteristiche degli occupati sono abbastanza diverse. Nel primo caso sono aumentati anche i rapporti di lavoro part-time e il numero dei lavoratori indipendenti, mentre nelle regioni meridionali queste due categorie si sono ridotte a fronte di un aumento limitato ai lavoratori dipendenti e a quelli a tempo pieno. Inevitabile però sottolineare ancora le forti differenze territoriali in merito al tasso di occupazione, che lo scorso anno nella fascia 15-64 anni è stato del 46,7% nelle regioni meridionali a fronte del 67,1% del resto del Paese. Pur scendendo del 2,1%, il tasso di disoccupazione al Sud e nelle isole, pari al 14,3%, rimane più che doppio rispetto al Centro-Nord ed è il triplo se si considerano solo i disoccupati di lunga durata. Nelle sue considerazioni, Visco ha ancora una volta evidenziato la difficoltà di mettere in atto un recupero in questo campo, con un attenzione particolare all’occupazione giovanile e femminile. Sicuramente a livello nazionale - ha osservato - «occorrerà accrescere la capacità di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i più bassi d’Europa». Un ulteriore riferimento alla coesione territoriale è contenuto nel passaggio sul Pnrr, quando Visco ricorda «l’importanza che il piano può rivestire per colmare gli ampi ritardi che il Mezzogiorno ha continuato ad accumulare nel tempo: ritardi che incidono profondamente sulle prospettive dei residenti e si riflettono in un insostenibile spreco di energie e risorse umane che frena lo sviluppo dell’intera economia italiana».

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