Appalti

Da motivare il cda al posto dell'amministratore unico nelle società pubbliche

immagine non disponibile

di Michele Nico

Con la delibera n. 6/2019/VSG la Corte dei conti delle Marche esegue una verifica a tappeto sulla governance delle società a controllo pubblico partecipate da una Provincia, sulla base delle informazioni ottenute dall'ente in ordine al recepimento, da parte delle società interessate, della disciplina prevista dall'articolo 11, commi 2 e 3, del Dlgs 175/2016 (testo unico sulle società a partecipazione pubblica). In base a questa norma, l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di regola, da un amministratore unico, salvo che l'assemblea dei soci decida di affidare la guida della società a un consiglio di amministrazione composto da 3 o 5 membri, sulla base di un'apposita delibera motivata da inviarsi alla Sezione regionale della Corte dei conti e alla struttura di controllo del ministero dell'Economia.

L'evoluzione della norma
Questa disciplina, che è innovativa rispetto a quanto previsto fino all'entrata in vigore del testo unico, comporta specifici obblighi di controllo e monitoraggio da parte degli enti soci sulle partecipate.
Il vigente comma 3 dell'articolo 11, come ricordano i giudici, risponde a finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, recando un disposto che è stato riformulato dal Dlgs 100/2017 (cosiddetto decreto correttivo) rispetto alla versione originaria, che demandava a un Dpcm il compito di definire i criteri per poter ricorrere a un Cda nelle società pubbliche, in alternativa alla regola dell'amministratore unico.
Il testo dell'articolo rimette ora alle medesime società e, quindi, all'apprezzamento discrezionale degli enti soci, la decisione sulla governance ritenuta più funzionale, da determinarsi con una delibera di assemblea che giustifichi la scelta in base a «specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi».
Bisogna riconoscere che il proposito originario di accentrare le strategie di governance delle partecipate locali con un decreto ministeriale avrebbe dettato regole uniformi per organizzazioni societarie molto diverse tra loro, con il rischio di provocare disfunzioni e inefficienze sul territorio.
Infatti, l'esigenza di porre al vertice di una società un Cda o un amministratore unico presuppone un'accurata analisi dei processi organizzativi aziendali, e non dipende solo da criteri o indicatori "esterni", come il volume di fatturato dell'impresa, la quantità di lavoratori impiegati o il numero di enti soci serviti.

La verifica della Corte
In ogni caso, la pronuncia evidenzia che la Corte dei conti, alla quale vanno trasmesse le delibere assembleari per la nomina di un organo collegiale alla guida delle partecipate, non si limita a un mero controllo formale, ma dà corso a una puntuale attività di verifica in materia.
La Sezione ha riconosciuto preliminarmente il portafoglio azionario in mano alla Provincia interessata, e concentra l'attenzione sugli organi di vertice delle società partecipate.
La verifica ha per oggetto la composizione degli organi amministrativi e i compensi determinati per l'esercizio della carica, il cui importo (ivi compresa l'eventuale remunerazione per particolari cariche) non può superare l'80 per cento del costo complessivamente sostenuto dall'ente nell'anno 2013, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del Dl 95/2012, convertito in legge 135/2012.
Per quanto poi riguarda il processo decisionale relativo alla composizione degli organi societari, è opportuno evidenziare il rigore con cui il collegio ha eseguito la verifica in ordine all'attuazione di quanto previsto dal sopra citato articolo 11, comma 3, del testo unico.

La decisione della Corte
Nello specifico, rispetto a una società a controllo pubblico operante nel settore del mercato agroalimentare, ove la Provincia detiene l'esigua quota del 5,35 per cento, la Sezione ha raccomandato all'ente socio di procedere alle necessarie verifiche in modo che la partecipata si attivi per adottare la delibera assembleare prevista dalla norma, posto che l'attuale decisione di nomina del Cda con 3 componenti «non illustra le motivazioni in ordine all'esistenza di specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa che hanno indotto a operare la scelta dell'organo collegiale, e non è pertanto supportata da una serie di dati ed elementi concreti e puntuali riguardanti in particolare la struttura organizzativa, le dimensioni, l'ambito di operatività e i risultati economico-finanziari raggiunti».
La Corte ha rilevato che un'altra società controllata dalla Provincia, a differenza della precedente, si è adoperata per nominare un organo amministrativo collegiale nelle forme prescritte, mediante delibera assembleare che illustra le ragioni di adeguatezza organizzativa a supporto della scelta dell'organo collegiale, con una serie di dati ed elementi concreti e puntuali.
Il collegio ha osservato che la società, nel disimpegno di questo adempimento, ha peraltro evidenziato, nel corso del tempo, una sostanziale invarianza dei costi gestionali per i compensi all'organo collegiale amministrativo.
Tutto questo però non basta, scrivono i giudici, perché la società «non si sofferma su valutazioni specifiche idonee a dimostrare che la scelta operata, in deroga alla regola dell'amministratore unico, sia coerente rispetto a detta esigenza e non comporti un irrazionale aggravio di spese».
Questo rilievo è sufficiente per far emergere la necessità di una maggiore specificazione delle motivazioni addotte a fondamento della scelta operata, per cui il collegio chiede all'assemblea dei soci di adottare un'ulteriore delibera integrativa, da trasmettersi anch'essa, al pari della prima, alla Sezione regionale e alla competente struttura di controllo del ministero dell'Economia e delle finanze.
In definitiva, il rigore della Corte giustifica la massima cura nel definire la scelta di governance societaria, con la necessità di tenere presente che la nomina di un organo collegiale alla guida della società a controllo pubblico è pur sempre una deroga alla norma di principio dell'amministratore unico.

La delibera della Corte dei conti delle Marche n. 6/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©