Dal Tar Lazio nuovi paletti al risarcimento danni per annullamento dell'atto amministrativo
Non è una conseguenza automatica dell'annullamento di un provvedimento
Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell'illecito e l'illegittima compressione della situazione giuridica lesa, talché non ricorre allorché il giudice abbia individuato spazi residui per l'esercizio del potere in senso nuovamente sfavorevole al ricorrente. Lo afferma il Tar Lazio nella sentenza n. 725/2022.
La richiesta
A seguito dell'annullamento di un provvedimento innanzi al Consiglio di Stato, un operatore economico ha chiesto la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno, ritenendo evidenti l'ingiustizia del danno (accertata dalla sentenza) e il nesso causale tra l'adozione dell'atto e la perdita economica subita (impossibilità di svolgere la sua attività) e non ricorrendo la necessità di indagare la ricorrenza dell'elemento soggettivo in ragione dell'operatività del principio di responsabilità oggettiva.
Dal corpo della sentenza si evidenzia che l'annullamento dell'atto era stato disposto in accoglimento della censura con la quale era stato lamentato il difetto di motivazione riguardo al tipo di provvedimento adottato. La sentenza ha affermato che l'accoglimento dell'appello non risultava in alcun modo dipendente dalla fondatezza delle ulteriori censure nel merito, riconoscendo legittimamente esercitato il potere di intervento e che il vizio del provvedimento atteneva lo specifico profilo del difetto della necessaria motivazione quanto alla giustificazione della scelta sul tipo di misura ritenuta da adottare tra quelle possibili.
Il bene della vita
Il punto centrale del ragionamento dei giudici amministrativi capitolini è che, in questi casi, la domanda di risarcimento non può trovare accoglimento in quanto l'annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi formali (quali il difetto di istruttoria o di motivazione) o procedimentali (come il vizio di incompetenza), in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al risarcimento del danno: mentre la caducazione dell'atto per vizi sostanziali vincola l'amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l'annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell'atto annullato e lascia ampio potere in merito all'amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l'illegittimità. Quindi, non ricorre l'ingiustizia del danno nel caso in cui la pronuncia di annullamento, intervenuta per vizi formali, abbia espressamente individuato spazi residui per un corretto esercizio del potere in senso nuovamente sfavorevole al ricorrente, così da non contenere alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene.
Il risarcimento
Il Tar Lazio afferma che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell'illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), nonché la riscontrata ricorrenza, pur in presenza di un interesse legittimo oppositivo, di un accertamento in ordine all'illegittima compressione della situazione giuridica lesa. E ancora: ai fini del riconoscimento della spettanza del risarcimento dei danni, l'illegittimità del provvedimento di per sé non può fare riscontrare la colpevolezza-rimproverabilità dell'amministrazione, rilevando invece altri elementi, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità dell'amministrazione.
Con specifico riferimento all'elemento psicologico, la colpa della pubblica amministrazione viene individuata non nella mera violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ma quando vi siano state inescusabili gravi negligenze od omissioni, oppure gravi errori interpretativi di norme, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione. Pertanto, la responsabilità deve essere negata quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto.