Fisco e contabilità

Dalla Cassazione nuovi chiarimenti sulla tassa rifiuti

di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Diverse e rilevanti questioni concernenti l’applicazione della Tarsu sono affrontate dall’ordinanza della Cassazione dell’11 maggio 2018 n. 11451, che afferma dei principi in buona parte mutuabili anche per la Tari.

Il mancato svolgimento del servizio
In primo luogo, la Suprema corte ribadisce un consolidato principio, più volte affermato nella Tarsu: nel caso del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti attivato dal Comune, il mancato svolgimento nella zona di ubicazione dell'immobile non comporta l'esenzione dal tributo, ma soltanto il pagamento in misura ridotta, come previsto dall'articolo 59 del Dlgs 507/1993.
Ciò in quanto la tassa è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione all'espletamento del servizio da parte dell'ente pubblico nei confronti della collettività, che da tale servizio riceve un beneficio, e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli utenti. Quindi il contribuente è tenuto a pagare il tributo in misura ridotta anche se il servizio non viene effettuato, pur essendo istituito e attivato. Tale principio vale anche nella Tari. Il comma 656, articolo 1, della legge 147/2013 evidenzia che nei casi in cui il servizio non viene svolto ovvero è svolto in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione dello stesso per motivi sindacali o imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione di emergenza sanitaria o ambientale, il tributo è dovuto in misura non superiore al 20%.

Gli imballaggi terziari
La Cassazione, inoltre, afferma che i rifiuti di imballaggio terziario, nonché quelli secondari, ove non sia stata attuata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati agli urbani. Ne deriva l’illegittimità del regolamento comunale che li assimili.
Ciò premesso, la Corte conferma quanto già detto in altre pronunce sull'obbligo per il contribuente di informare il Comune in relazione alle superfici non tassabili in quanto produttive di rifiuti speciali non assimilati agli urbani. L’esclusione, infatti, è un’eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale. Principio che può senza dubbio estendersi anche alla Tari, rammentando che il comma 649, articolo 1, della legge 147/2013 esclude dalla determinazione della superficie tassabile quella parte di essa in cui si formano in via continuativa e prevalente rifiuti speciali non assimilati agli urbani.
Sul punto va comunque evidenziato che la sentenza 11451/2018 si riferisce agli anni di imposta 1999-2005, quando la materia dell'assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani era disciplinata dal Dlgs 22/1997, decreto che evidenziava, all'articolo 43, il divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura e, all'articolo 38, l'obbligo in capo agli utilizzatori di provvedere al ritiro degli imballaggi terziari e secondari e dei relativi rifiuti per consegnarli in luogo concordato con il produttore.
Norme, quindi, che escludevano l'assimilabilità degli imballaggi terziari ai rifiuti urbani. Tuttavia, con l'entrata in vigore del Dlgs 152/2006, la normativa, pur ribadendo il divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura (e quelli secondari salva raccolta differenziata da parte del comune), fa salva la possibilità prevista dall'articolo 221, comma 4, ove si consente agli utilizzatori oltre che di consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i relativi rifiuti in luogo di raccolta concordato con il produttore, anche di conferirli al servizio pubblico nei limiti dei criteri statali di assimilazione dei rifiuti, che avrebbero dovuto essere previsti da uno specifico Dm statale (in base all'articolo 195, comma 2, lettera. e), Dlgs 152/2006).
Criteri che però, in assenza di loro attuazione, continuano a essere quelli contenuti nel decreto interministeriale del luglio 1984, nel quale invece non c’è un totale di divieto di assimilazione degli imballaggi ai rifiuti urbani (punto 1.1.1 let. a). In altri termini, con l'entrata in vigore del Dlgs 152/2006, non appare così netta la non assimilabilità degli imballaggi terziari, a differenza di quanto invece accadrebbe se dovesse essere emanato il nuovo decreto di assimilazione previsto dall’articolo 195, secondo lo schema da tempo diffuso (decreto che espressamente esclude l'assimilabilità degli imballaggi terziari ai rifiuti urbani).

Recupero autonomo dei rifiuti assimilati
La Corte evidenzia inoltre correttamente la suddivisione tra superfici in cui sono generati rifiuti speciali non assimilati agli urbani, non soggette alla tassa, e quelle in cui si producono invece rifiuti assimilati avviati in modo autonomo al recupero da parte del produttore, come consentito espressamente dal lDgs 152/2006.
In tal caso, per la Cassazione il contribuente ha diritto anche in regime di Tarsu a una riduzione del tributo in proporzione alla quantità di rifiuti gestita in modo autonomo. Inoltre, se il Comune non ha identificato tale coefficiente di riduzione lo stesso, a parere dalla Corte, può essere individuato dal giudice tributario, non potendosi far ricadere sul contribuente inadempienze ascrivibili al Comune. Tale diritto senza dubbio sussiste oggi in regime di Tari (articolo 1, comma 649, legge 147/2013), mentre, a parere di chi scrive, la questione è più sfumata nella Tarsu, in quanto l’articolo 67 del Dlgs 507/1993 prevedeva la facoltà per i Comuni, ma non l'obbligo, di introdurre questa agevolazione tributaria. Agevolazione, invece, che per la Corte sarebbe operante anche in regime di Tarsu per effetto dell'articolo 49, comma 14, del Dlgs 22/1997, (pur riconoscendo che la norma è riferita alla Tia e non alla Tarsu) e comunque dell'articolo 7, comma 2, del Dpr 158/1999. Sebbene anche quest'ultimo decreto non appariva cogente in regime di Tarsu, essendo riferito al metodo normalizzato per la determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

I parcheggi pertinenziali
La Cassazione, infine, lambisce solo la questione dell'assoggettamento o meno al tributo delle aree esterne destinate a parcheggi pubblici di un centro commerciale, confermando sul punto la decisione positiva della Commissione tributaria regionale, per la quale il tributo è dovuto in quanto sono pur sempre di aree frequentate da persone e quindi in via presuntiva produttive di rifiuti, in quanto il ricorso sul punto è stato dichiarato inammissibile.
In proposito, la sentenza della Corte di Cassazione n. 18500/2017 si era pronunciata in senso favorevole all'applicazione del tributo anche sulle aree esterne destinate a parcheggi pertinenziali di centri commerciali, sebbene sia in regime di Tarsu, sia oggi in regime di Tari siano escluse dal tributo le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili (articolo 1, comma 641, legge 147/2013 per la tari; Dl 328/1997-n. 8/1999).

(*) Vice Presidente Anutel - Docente ANUTEL

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