Imprese

Dalla Ue altri 283 milioni sul Pnrr, Giovannini: le risorse aggiuntive alla riconversione industriale green

Il Mims ragiona sui fondi in arrivo con il capitolo aggiuntivo di Repower Eu e altri fondi Ue nazionali da programmare

di Giorgio Santilli

«Il Pnrr ha un altissimo contenuto strategico e realizza le infrastrutture necessarie per connettere al meglio il Mezzogiorno e farne un hub logistico-marittimo e un hub energetico. Ma quella della sostenibilità ambientale è una sfida decisiva anche per il sistema produttivo e penso che tutte le risorse aggiuntive che arriveranno per il Pnrr vadano destinate prioritariamente alla riconversione industriale ed energetica». Così il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha commentato - nel corso del dibattito a Maratea sul Mezzogiorno organizzato dalle Fondazioni Nitti e Merita - la notizia che la Ue ha ritoccato verso l'alto di 283 milioni i fondi per il Pnrr italiano portandoli quindi più vicini ai 197 miliardi. Il ragionamento del ministro è certamente più ampio e tocca i fondi in arrivo con il capitolo aggiuntivo di Repower Eu e altri fondi europei e nazionali da programmare, ma soprattutto risponde con la necessità di uno strumento di sostegno pubblico a quanti ieri a Maratea hanno sottolineato il serio rischio di deindustrializzazione collegato alle politiche di Green Deal.

L'ex presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, era stato il più duro parlando di «progetto deindustrializzazione» dell'Unione europea dietro l'accelerazione delle norme sul Fit-to-55 che Bruxelles ha intenzione di trasformare da direttiva a regolamento, rendendo le nuove norme subito vigenti e saltando l'interlocuzione con gli Stati. Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria, ha ricordato che «il Green deal significa soprattutto investimenti delle imprese, perché di 3.500 miliardi stimati come necessari mille li mette la Ue e gli altri dovranno metterle le imprese». È necessario sostenere questi sforzi. Grassi ha poi plaudito all'effettiva accelerazione delle Zone economiche speciali che sono una delle leve fondamentali per lo sviluppo dell'economia del mare che Confindustria considera una priorità. Anche Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil, si è detto preoccupato perché «il rischio deindustrializzazione è molto alto, se non avviamo politiche di accompagnamento che favoriscano la riconversione e non spingiamo i grandi player energetici nazionali, Eni ed Enel in testa, a fare al Sud tutti gli investimenti necessari per la trasformazione dell'economia di questi territori».

Chi ha confermato la contrarietà del governo a modificare il Pnrr è Chiara Goretti, coordinatrice della segreteria tecnica del Pnrr a Palazzo Chigi. «Semmai - ha detto - va accelerato, rinforzato in alcune parti e continuato». In particolare il disegno strategico, rilanciato a Maratea, di fare del Mezzogiorno il ponte dell'Italia e dell'Europa nel Mediterraneo sia sul piano logistico che su quello energetico, «diviene davvero fattibile - ha detto Goretti - soltanto se al 2026 avremo realizzato le infrastrutture e i progetti previsti dal Pnrr: l'Alta velocità al Sud, per fare un esempio, è una precondizione di questo disegno». A proposito del Repower Eu, Goretti ha ricordato che vuole «rafforzare l'indipendenza energetica, ma sempre all'interno del piano di trasformazione green». L'idrogeno è un progetto fondamentale, ha detto ricordando i protocolli firmati in questi giorni dal governo con cinque

Regioni per localizzare altrettanti hub di produzione dell'idrogeno.L'amministratore delegato di Trenitalia (Fs), Luigi Corradi, ha pure fatto riferimento al progetto idrogeno, dicendo che «l'idrogeno sarà la vera risposta sostenibile» nelle ferrovie e spiegando che «il treno a idrogeno c'è già, ci stiamo lavorando e sosteniamo tutta la filiera dalla produzione in avanti». L'aspetto fondamentale del Pnrr per Corradi è tradurre in servizi per i cittadini le infrastrutture che saranno rese disponibili grazie al Pnrr. Serve un salto che Fs e Trenitalia stanno già cominciando a fare. «Noi dobbiamo andare con la gomma, con meno emissioni possibili, dove la ferrovia non può arrivare: da qui passa il vero shift intermodale, con l'integrazione alla ferrovia di servizi e modalità diverse».

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