Amministratori

Decaro (Anci): «Le opere Pnrr dei Comuni sono tutte realizzabili semplificando l’iter»

L'intervista al presidente dell'Anci sul Piano di ripresa e resilienza

di Gianni Trovati

«Le opere del Pnrr previste nei Comuni sono tutte realizzabili nei tempi se si semplificano le procedure. Se non si semplifica, diventano tutte irrealizzabili». Appena sceso dal palco dove ha chiuso la 39sima assemblea nazionale dell’Anci, il presidente Antonio Decaro, sindaco di Bari, ha l’aria soddisfatta e preoccupata allo stesso tempo. Soddisfatta per aver vissuto una delle edizioni più affollate (oltre 5mila presenze, più di 2mila amministratori locali e 20 membri del governo) nella storia delle assemblee dei sindaci. Preoccupata perché la sfida vera del Pnrr per i Comuni inizia ora, con la stragrande maggioranza dei bandi da chiudere nel 2023.

Il governo sostiene che bisogna recuperare risorse tagliando dal Pnrr i progetti che non si possono chiudere nei tempi. Quanti sono quelli dei Comuni, fra i 40 miliardi di cui gli enti territoriali sono soggetti attuatori?

Nessuno. A patto di trarre lezione dall’esperienza di questi mesi e semplificare le norme e soprattutto le procedure. Se lo si fa, riusciamo a chiudere in tempo. Se non lo si fa, tutte le opere sono destinate a ritardare. Giusto ora è arrivata la notizia che a Bari il Tar ha bloccato le Ferrovie dello Stato su una variante da 500 milioni, cofinanziata dal Pnrr, per un ricorso di alcuni comitati. Ricorso legittimo: ma così non si va avanti.

Lei butta la palla al centro, ma molti osservatori temono che gli enti locali non possano farcela perché poveri di competenze e personale, come avete spesso lamentato anche voi.

Ma noi avevamo preso l’impegno a presentare i progetti e farci assegnare le risorse entro giugno, e così è stato anche se gli organici sono all’osso e solo ora comincia ad arrivare il nuovo personale. Anzi, i progetti che abbiamo messo sul tavolo superano le risorse a disposizione.

E a nessuno di questi si può o si deve rinunciare? Ne è sicuro?

Qualche anno fa un governo aveva provato a togliere fondi ai Comuni per il piano sulle periferie, ed è poi dovuto tornare sui propri passi per l’onda di proteste nelle città. Perché ripensare il Pnrr dei Comuni significa dover dire ai cittadini che non ci sarà quell’asilo nido in più o quella riqualificazione urbana che era stata promessa. Poi ci sono anche i vincoli giuridici, i bandi presentati, gli espropri già avviati. Non si può certo tornare indietro. Ora però dobbiamo essere aiutati nell’attuazione. La prima emergenza è l’aumento dei costi, e i segnali non sono buoni.

Perché? In legge di bilancio è ricomparso il fondo per le compensazioni anche nel 2023.

Sì, ma l’iter per l’assegnazione delle risorse è stato complicato moltissimo rispetto ai meccanismi automatici di quest’anno. Servirà un doppio passaggio autorizzativo al Mef, con il rischio di allungare i tempi. Senza i fondi non si possono far partire i bandi, con il risultato che una norma pensata per spingere gli investimenti rischia di creare nuovi ritardi. Si dice che per il Pnrr bisogna correre. Vero: ma allora devono correre tutti, altrimenti si lasciano i sindaci con il cerino in mano.

Teme che sia il governo a fare questo gioco del cerino?

No, attenzione. Da tutto il governo arrivano il riconoscimento della centralità dei Comuni e segnali di grande disponibilità al confronto. Il ministro dell’Istruzione Valditara si è seduto con noi al tavolo e ha rivisto le scadenze su asili nido e scuole materne, diventate impossibili perché il ministero ha impiegato tre mesi per definire accordi pieni di obblighi e sanzioni mentre noi in quattro mesi avremmo dovuto aggiudicare i lavori. Ora la semplificazione va generalizzata.

Questa apertura c’è anche nella manovra?

Bisognerà vedere le cifre finali. Noi non chiediamo fondi in più, ma di avere le stesse risorse del 2022 senza tagli ombra. Perché non si possono progettare nuovi asili nido mentre si riducono gli orari degli asili che ci sono perché mancano i fondi.

Sulla vostra richiesta di rivedere l’abuso d’ufficio, invece, l’impegno del governo è stato corale.

Anche qui, il problema è lo stesso. Servono regole chiare altrimenti tutto si blocca. Se un sindaco sbaglia deve pagare più degli altri perché il suo mandato nasce dal consenso dei cittadini. Ma non può esistere un “reato di ruolo”, per cui diventa impossibile fare il sindaco senza essere indagato. Nel 93% dei casi si finisce in un nulla di fatto, ma intanto passi mesi o anni di sofferenze e l’immagine è stata sporcata.

Dall’assemblea sono emersi molti timori sull’autonomia differenziata.

Noi siamo le autonomie locali, e siamo l’unico comparto che attua la perequazione prevista dalla legge sul federalismo fiscale pensata nel 2009 dal ministro Calderoli, superando i vincoli della spesa storica e dando di più a chi ha più bisogno tenendo conto dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali. Occorre che l’eventuale riforma non sposti competenze dai Comuni e non interrompa il percorso virtuoso sulla perequazione che abbiamo avviato. Chiediamo di partecipare alla fase di confronto che non può essere solo con le Regioni.

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