Urbanistica

Demolizione opere abusive/2. L'omissione del Comune configura silenzio-inadempimento

Chi ha sollecitato il Comune ad adottare provvedimenti repressivi può ricorrere contro l'inerzia dell'Ente, dice il Tar Calabria

di Pietro Verna

Chi ha proposto un'istanza volta a sollecitare l'esercizio dei poteri repressivi in materia edilizia può ricorrere avverso il silenzio del comune atteso che l'art. 31 del Dpr n. 380/2001 obbliga l'ente locale ad eseguire l'ordinanza di demolizione. Ciò fermo restando l'applicazione dell'art. 41 del medesimo decreto a mente del quale, in caso di inadempimento, provvede il Prefetto avvalendosi degli uffici del Comune nel cui territorio ricade l'abuso edilizio da demolire e del concorso del Genio militare. Lo ha stabilito il Tar Calabria con la sentenza n.1905/2022 che ha confermato l'orientamento secondo cui può essere oggetto di sindacato giudiziale, con il c.d. rito del silenzio-inadempimento ex artt. 31 e 117 c.p.a, sia la mancata adozione di un provvedimento ammnistrativo, sia la mancata esecuzione dell'attività direttamente e materialmente connessa ai provvedimenti amministrativi che portino all'adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto (Tar Sicilia Catania , sentenza 22 marzo 2021, n. 897; cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 1°aprile 2022, n. 2420 secondo cui l'azione avverso il silenzio assume una natura giuridica mista atteso che mira «ad ottenere sia l'accertamento dell'obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina di riferimento, sia la condanna della stessa Amministrazione inadempiente all'adozione di un provvedimento esplicito»).

Il fatto
La vicenda trae origine dalla sentenza con la quale Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso proposto dalle proprietarie di alcuni immobili siti nel Comune di Petrizzi, aveva annullato un permesso a costruire in sanatoria rilasciato al proprietario di un edificio prospicente. Alla sentenza era seguita l' ordinanza comunale di demolizione delle opere abusive, l'atto di diffida con cui le ricorrenti avevano sollecitato il Comune e la Prefettura di Catanzaro in merito all'adozione dei «provvedimenti ritenuti più opportuni» per l'esecuzione dell'ordinanza e, infine, la richiesta con la quale le ricorrenti avevano chiesto al Tar che fosse accertato il silenzio-inadempimento di entrambe le Amministrazioni in relazione alla diffida a «rimuovere materialmente» le opere abusive o, in alternativa, ad acquisirle al patrimonio comunale ai sensi dell' art. 31, comma 5, del DPR n. 380/2001 (deliberazione consiliare che dichiari l'esistenza di un interesse pubblico prevalente).

La sentenza del Tar
Il Tar ha evidenziato che il Comune «non ha dato esecuzione materiale all'ordinanza di demolizione né adottato gli atti amministrativi vincolati conseguenti all'accertata inottemperanza da parte del destinatario dell'ordine», ossia l'atto di accertamento dell'acquisizione gratuita della proprietà dell'immobile abusivo e dell'area di sedime al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. 380/2001 unitamente alla sanzione pecuniaria prevista dall'art. 31, comma 4-bis e ss., del medesimo d.P.R. Da qui la sentenza in narrativa ha condannato il Comune «a portare a termine integrale esecuzione dell'ordinanza» e disposto ex art. 41 cit. la nomina del Prefetto di Catanzaro quale commissario ad acta «in sostituzione dell'Amministrazione inadempiente». Fermo restando che il Tar ha accolto l'eccezione di «carenza di legittimazione passiva» formulata dalla Prefettura. Ciò in aderenza all'orientamento secondo cui l'art. 41 cit. «non esclude, ma anzi presuppone, l'obbligo [del] Comune di adottare i propedeutici atti amministrativi» oltre che la partecipazione dello stesso Ente alla «fase materiale» della demolizione dell'opera abusiva (Tar Campania- Napoli, sentenza n.6868/2021).

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