Appalti

Dl Semplificazioni, verifiche antimafia più leggere fino al 31 luglio 2021

Ok alla stipula immediata dei contratti anche con soggetti non censiti dalla banca dati del Viminale

di Laura Savelli

Semplificazioni in arrivo per le verifiche antimafia. Nell'articolo 3 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, c'è spazio infatti anche per una rivisitazione - in chiave derogatoria - dell'intera disciplina dei controlli eseguiti dalle Pa sulle imprese affidatarie dei contratti pubblici, sul presupposto che una loro semplificazione possa contribuire ulteriormente alla celerità degli interventi di rilancio dell'economia nella fase post Covid-19: ragion per cui, anche tali norme avranno una efficacia limitata nel tempo, nel senso cioè che saranno applicabili solo fino al 31 dicembre 2021 (sei mesi in più, aggiunti in corso di conversione parlamentare, rispetto all'originaria formulazione del decreto).

La regola generale
Dal momento della entrata in vigore della disposizione, cioè dal 17 luglio 2020, ricorrerà sempre il presupposto dell'urgenza per l'acquisizione della documentazione antimafia, e potrà essere consentita l'erogazione di benefici economici, comunque denominati, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e pagamenti da parte di Pubbliche amministrazioni, anche se il rilascio di tale documentazione non dovesse essere immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati nazionale antimafia.

L'affidamento dei contratti pubblici
Un'informativa liberatoria provvisoria: questa sarà in particolare la documentazione che la banca dati antimafia rilascerà alle stazioni appaltanti per consentire la stipula dei contratti di appalto di lavori, forniture e servizi. Una volta interrogato il database del Ministero dell'interno, non sarà così necessario attendere i tempi ordinari per il completamento delle verifiche prefettizie (pari a 30 giorni nell'ipotesi della comunicazione antimafia, e a 30 o 45 giorni - a seconda dei casi - in quello dell'informazione antimafia), anche quando - ed è questa, probabilmente, la vera novità - il soggetto risulti non censito.

A questo punto, la Pa potrà procedere con la stipula del contratto, seppur sotto condizione risolutiva, come avviene di norma alla scadenza dei termini concessi al Prefetto per i controlli, che dovranno in ogni caso essere effettuati entro 60 giorni, invece dei 30 stabiliti nella vrsione originaria del provvedimento; e, al pari di quanto accadeva sino ad oggi, nel caso in cui dovesse essere accertata una causa ostativa alla stipula, la stessa Pa dovrà recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento delle prestazioni già eseguite (anche se la norma si riferisca alle sole "opere", come nel Codice antimafia) e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. Naturalmente, il recesso potrà in ogni caso essere evitato se, e solo se, l'opera è in corso di ultimazione o se si tratta di forniture o servizi ritenuti essenziali per il perseguimento dell'interesse pubblico e il prestatore non sia sostituibile in tempi rapidi, come previsto dall'articolo 94, commi 3 e 4, del Dlgs. n. 159/2011 e dall'articolo 32, comma 10, del decreto-legge n. 32/2014.

Tuttavia, la portata della misura semplificatoria viene drasticamente ridotta nel momento in cui si stabilisce che la liberatoria non potrà essere rilasciata all'istante, quando la banca dati avrà rilevato, a carico del soggetto sottoposto a verifica, misure di prevenzione (anche solo proposte), o tentativi di infiltrazione mafiosa desumibili dalle situazioni indicate dall'articolo 84, comma 4, lettere a), b) e c), del Codice antimafia (applicazione di una misura cautelare o presenza di sentenze di condanna, anche non definitive, per turbata libertà degli incanti o del procedimento di scelta del contraente, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, usura, riciclaggio, impiego di denaro, di beni o di utilità di provenienza illecita, associazione per delinquere e trasferimento fraudolento ed ingiustificato di valori, oppure - ancora - omessa denuncia di fatti di concussione o estorsione). E quindi, in tali circostanze (che, tra l'altro, rappresentano la gran parte delle situazioni ostative al rilascio della documentazione antimafia), non sarà possibile usufruire della liberatoria provvisoria, ma - presumibilmente, considerato che la norma non dispone nulla al riguardo - bisognerà attendere gli accertamenti prefettizi del caso, secondo le regole tradizionali contenute negli articoli 88, comma 2, e 92, comma 2, del Codice antimafia.

I problemi interpretativi
Al netto di questa parziale semplificazione, la disposizione presta in ogni caso il fianco ad alcune criticità, a cominciare proprio dall'espressione adoperata per denominare tale nuova documentazione.

Il termine "informativa" sembra infatti richiamare alla mente la sola ipotesi della informativa antimafia, vale a dire della documentazione che normalmente viene richiesta dalle stazioni appaltanti prima della stipula dei contratti di appalto sopra-soglia Ue e dell'autorizzazione dei subappalti di importo superiore a 150 mila euro. Se così fosse, resterebbe escluso dall'ambito di applicazione di tale agevolazione la diversa ipotesi della comunicazione antimafia, richiesta invece per la stipula dei contratti di appalto sotto-soglia Ue. Ragioni sistematiche fanno però propendere per una interpretazione che, in realtà, intende riferirsi ad entrambe le tipologie di documentazione, soprattutto se si considera che il decreto Semplificazioni ha effettuato uno snellimento procedurale proprio degli affidamenti sotto-soglia, e non vi sarebbe stato dunque alcun motivo di escludere tali settori dall'ambito della informativa liberatoria provvisoria.

Un ulteriore profilo di criticità è poi rappresentato dalle modalità di rilascio della informativa liberatoria provvisoria. In diversi punti, l'articolo 3 del decreto-legge fa infatti riferimento - com'è giusto che sia - alla consultazione della banca dati nazionale unica antimafia, salvo poi chiamare in causa anche "tutte le ulteriori banche dati disponibili", con riferimento alle quali si pone un problema di corretta individuazione.

Inoltre, da un punto di vista sistematico, bisogna tener presente che il decreto-legge contiene una serie di disposizioni in deroga al Codice dei contratti, come ad esempio l'articolo 2, che, per l'affidamento degli appalti sopra-soglia, consente alle amministrazioni di discostarsi dalle regole procedurali ordinarie, "fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159". Ma, le misure di semplificazione per il rilascio della documentazione antimafia non sono state inserite nel Codice a causa della loro efficacia limitata nel tempo; e quindi, come da tradizione legislativa oramai consolidata, sono entrate a far parte di quel mondo ordinamentale parallelo rispetto ai testi delle discipline di riferimento. Per questo motivo, sarebbe stato più corretto specificare che le deroghe al Codice dei contratti sono ammesse a condizione che vengano comunque rispettate la disciplina antimafia e le relative semplificazioni previste anche dal Dl n. 76/2020.

Infine, resta il fatto che un eventuale risparmio di tempo nella gestione di una gara d'appalto, ottenuto con il rilascio dell'informativa liberatoria provvisoria, deve fare i conti con la diversa tempistica legata all'accertamento degli altri requisiti di ordine generale indicati dall'articolo 80 del Codice dei contratti, che potrebbe di fatto vanificare la semplificazione che si è cercato di ottenere con il nuovo decreto.
Ad ogni modo, c'è ancora la possibilità di correggere il tiro, non solo con i lavori parlamentari di conversione del decreto, ma - ancor prima - con un provvedimento del Ministro dell'interno che potrà essere adottato entro quindici giorni successivi dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge, al fine di individuare ulteriori misure di semplificazione con riguardo alla competenza delle Prefetture in materia di rilascio della documentazione antimafia.

I protocolli di legalità
L'ultimo comma dell'articolo 3 del decreto Semplificazioni è dedicato invece ad una modifica diretta del Codice antimafia e costituita dall'introduzione dell'articolo 83-bis. Nonostante la sua collocazione all'interno del Dl. n. 76/2020, la norma appare però di dubbia semplificazione, dal momento che si limita di fatto a riprendere contenuti già presenti, in ordine sparso, nell'ordinamento.

In sequenza, tale nuova disposizione riconosce in prima battuta la possibilità - nei riguardi del Ministero dell'interno - di sottoscrivere protocolli (o altre intese, comunque denominate) per prevenire e contrastare i fenomeni di criminalità organizzata "anche allo scopo di estendere convenzionalmente il ricorso alla documentazione antimafia". Fin qui, nulla di nuovo, essendo i protocolli di legalità ed i patti di integrità strumenti di natura pattizia ampiamente adoperati, fino ad oggi, nel settore dei contratti pubblici, anche se il loro utilizzo ha sempre posto dubbi di legittimità.

Ad essere singolare, però, è la previsione - da un lato - dell'ulteriore possibilità che tali accordi possano essere siglati anche con imprese di rilevanza strategica per l'economia nazionale, e con le associazioni delle categorie produttive, economiche o imprenditoriali, maggiormente rappresentative a livello nazionale; e - dall'altro lato - del fatto che gli stessi accordi possano determinare le soglie di valore oltre le quali è prevista l'attivazione degli obblighi fissati dal protocollo, e quindi - in tal senso - eventualmente fissare regole antimafia più stringenti, pur non avendo la forza propria di una legge. Di certo, la prima di queste due previsioni è diretta conseguenza della sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato 20 gennaio 2020, n. 452, con cui è stato affermato che è illegittima l'acquisizione - prevista da un protocollo di legalità - di una informativa antimafia da parte di un soggetto privato.
A seguire, gli ulteriori due commi dell'articolo 83-bis si limitano a riportare, entro i confini del Dlgs. n. 159/2011, disposizioni - di contenuto analogo - racchiuse in altre fonti di legge: da un lato, si ribadisce infatti che l'iscrizione sia nelle white-list (articolo 1, comma 52, della legge n. 190/2012, e articolo 7, Dpcm 24 novembre 2016), sia nell'anagrafe antimafia degli esecutori istituita nell'ambito della ricostruzione post sisma del 2016 (articolo 30, comma 10, del d.l. n. 189/2016, conv. dalla legge n. 229/2016) equivale al rilascio dell'informazione antimafia.

Assolutamente identico al comma 17 dell'articolo 1 della legge anticorruzione, è infine il terzo ed ultimo comma dell'articolo 83-bis del Codice antimafia, che altro non fa se non ripetersi nei seguenti termini: "Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratto".

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