Urbanistica

Edilizia privata, per la serra amovibile ancorata a terra serve il titolo edilizio

Palazzo Spada: l'astratta amovibilità non giustifica la classificazione di edilizia libera, conta la funzione

di Massimo Frontera

Una serra realizzata in «struttura leggera» e ancorata al terreno «attraverso dei semplici plinti», solo per evitare che il vento se la porti via, non si può considerare un intervento di edilizia libera, ma un'opera che richiede un titolo edilizio. Così il Consiglio di Stato - sentenza n.6346/2021 (Sesta Sezione) - che torna a ribadire i confini tra edilizia libera e non, con riferimento ai criteri della «precarietà» e soprattutto della «astratta amovibilità».

Nel caso specifico, l'intervento - realizzato nel comune di Brancaleone (Rc) consisteva appunto in una serra a uso agricolo che, pur essendo costituita da «strutture agevolmente rimovibili» risponde a esigenze continuative, altera «in modo duraturo l'effetto urbanistico-territoriale» e «per estensione e presenza duratura nel tempo, determina un'alterazione dei luoghi permanentemente stabile». L'opera inoltre non può dirsi stagionale in quanto permane per l'intero arco dell'anno. L'opera, peraltro, realizzata senza alcun titolo, ricade su un'area con vincolo paesaggistico-ambientale e idrogeologico-forestale. A seguito dell'ordinanza di demolizione il proprietario ha proposto il ricorso al Tar Calabria, che lo ha respinto, e si è quindi appellato al Consiglio di Stato, che ha confermato la sentenza del Primo giudice.

«La funzione svolta da un'opera - precisano i giudici della Sesta sezione - rileva in ordine alla necessità della previa acquisizione del titolo edilizio per la realizzazione della stessa, escludendosene la sussumibilità nell'alveo della categoria dell'attività edilizia "libera", sebbene manifesti una potenziale facile amovibilità, caratteristica che nella specie non può dirsi del tutto sussistente essendo le serre in questione ancorate al suolo con plinti di cemento armato, restando indifferenti, sotto un profilo prettamente edilizio e di carico urbanistico delle installazioni, le ragioni di tale "invasivo" metodo di ancoraggio». «Infatti - proseguono i giudici - l'astratta amovibilità delle strutture non ne muta la qualificazione edilizia, in quanto non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo. E ciò in quanto i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale.»

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