Fisco e contabilità

Enti in pre-dissesto, i piani riequilibrio possono essere «rimodulati» se approvati prima dell'emergenza Covid

La manovra prevede la rideterminazione, entro 120 giorni, degli obiettivi ed eventualmente della durata del documento

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di Maria Teresa Nardo

La legge di bilancio 2022, in deroga agli articoli 243-bis-243-sexies del Tuel, prevede la rimodulazione dei piani di riequilibrio finanziario pluriennale per gli enti in pre-dissesto.
Secondo quanto disposto all'articolo 1, commi 992-994 della legge di bilancio, gli enti locali che hanno approvato il piano prima della dichiarazione dello stato di emergenza da Covid-19 - il cui iter di approvazione (o di bocciatura) non si è ancora concluso – hanno la facoltà di rimodularlo.

Gli enti locali avranno quindi 30 giorni per comunicare alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo, alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali del ministero dell'Interno e, a seconda della fase in cui si trova l'iter procedurale, alla Corte dei Conti Sezioni riunite, la volontà a rimodulare il piano. La comunicazione alle sezioni riunite della Corte dei conti è trasmessa solo nel caso in cui l'ente locale, in base all'articolo 243-quater, comma 5, del testo unico, abbia impugnato la delibera di diniego del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Il legislatore al comma 994 prevede la rideterminazione, entro 120 giorni, degli obiettivi ed eventualmente della relativa durata del documento.

Nulla, invece, è espressamente previsto per la ridefinizione della "massa passiva".

Si ricorda che il Tuel all'articolo 243-bis, comma 5-bis, calcola la durata del piano attraverso il rapporto tra massa passiva da ripianare e spesa corrente impegnata come da ultimo rendiconto approvato prima del ricorso alla procedura di riequilibrio.

Il legislatore precisa che, per analogia, le procedure da applicarsi sono quelle previste all'articolo 243-quater, commi 7-bis e 7-ter.

Il comma 7-bis dispone testualmente che «qualora, durante la fase di attuazione del piano, dovesse emergere, in sede di monitoraggio, un grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi superiore rispetto a quello previsto, è riconosciuta all'ente locale la facoltà di proporre una rimodulazione dello stesso, anche in termini di riduzione della durata del piano medesimo. Tale proposta, corredata del parere positivo dell'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente, deve essere presentata direttamente alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti».

Secondo il comma 7-ter «in caso di esito positivo della procedura di cui al comma 7bis, l'ente locale provvede a rimodulare il piano di riequilibrio approvato, in funzione della minore durata dello stesso». Commi questi, che solitamente si applicano ai piani già approvati e in fase di attuazione.

É evidente che, così formulato il testo normativo, appare non praticabile la sostanziale ridefinizione del piano. Si ricorda infatti che già la magistratura contabile si era espressa sulla differenza tra "rimodulazione" e "riformulazione" (Deliberazione n. 5/2018). La rimodulazione, prevista oggi dal legislatore, limita la revisione del documento ai soli obiettivi, indirizzati ad assorbire nel tempo la massa passiva, ed eventualmente alla durata dello stesso. La riformulazione, oggi preclusa agli enti locali, permette invece di rivedere complessivamente la massa passiva inserendo anche nuovi disavanzi emersi o formatesi nel periodo pandemico.

La possibilità di riformulare il piano era già stata prevista dal legislatore a seguito del riaccertamento straordinario dei residui con l'entrata in vigore della riforma di contabilità per l'applicazione del disavanzo da esso derivante. Casistica però che questa volta il legislatore non sembra aver scelto riducendo di fatto la portata della norma.

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