Amministratori

Enti pubblici, ai presidenti compensi da 30mila a 240mila euro

Pubblicato il Dpcm coi tetti in cinque fasce parametrate alle dimensioni di bilancio

di Stefano Pozzoli e Gianni Trovati

Il parere durissimo del Consiglio di Stato non ha fermato il cammino del decreto sui compensi degli organi di amministrazione e controllo degli enti pubblici, pubblicato un po' a sorpresa sulla Gazzetta Ufficiale di giovedì (Dpcm 143/2022). Il decreto entrerà in vigore il 7 ottobre. I compensi attuali restano confermati fino alla scadenza del mandato, a meno di revisioni da sottoporre all'amministrazione vigilante d'intesa con Palazzo Chigi e Mef.
Il decreto è importante non solo per gli enti a cui è direttamente riferito, e quindi per le migliaia di amministratori e professionisti che hanno incarichi nei collegi sindacali, ma anche perché conferma l'intenzione di procedere nella politica di revisione dei compensi di amministratori, sindaci e dirigenti che riguarda anche le società pubbliche. Il testo parallelo su questo tema è stato presentato in Unificata in sede tecnica, ma attende ancora la calendarizzazione per il parere.

Il nuovo decreto, ferma l'esclusione degli organismi degli enti locali che aveva acceso le critiche dei giudici amministrativi, prevede uno schema di compensi legato alla complessità degli enti amministrati, parametrata alle medie degli ultimi tre bilanci di patrimonio netto, attivo patrimoniale, spese del personale e valore della produzione (per gli enti in contabilità finanziaria si considerano le entrate accertate al netto della partite di giro ).L'incrocio di questi indicatori determina un punteggio sintetico, in base al quale gli enti vengono collocati in cinque fasce dimensionali distinte a cui corrispondono altrettanti livelli di compensi attribuibili, distinti per presidente dell'organo di amministrazione, vice e consigliere e presidente o membro dell'organo di controllo.

La tabella coi compensi ha una voce «base» e un «massimo». «L'importo base costituisce il parametro entro il quale il compenso è da ritenersi comunque congruo» (articolo 6.3), mentre per il compenso massimo complessivo intervengono altri quattro indicatori: l'esclusività del rapporto di servizio del vertice politico, il grado di autonomia delle risorse finanziarie, la presenza di un bilancio consolidato o di gruppo e la complessità organizzativa territoriale. Una tabella precisa le possibili percentuali di incremento nell'ambito dei due estremi prefissati che vanno, nel caso degli enti maggiori e per i presidenti dei cda, da 150mila a 240mila euro mentre per quelli più piccoli oscillano tra 20mila e 38mila euro.

Anche l'organo di controllo segue gli stessi criteri ma con compensi assai più modesti, che in una serie di casi potranno rivelarsi penalizzanti rispetto ai livelli attuali. Si va da un massimo di euro 28mila euro (massimo della fascia più elevata) a un minimo di 3mila (base della prima fascia). Sono ammessi gettoni di presenza aggiuntivi, nel limite del 20% del compenso fisso (escluse però le spese di viaggio e soggiorno), ma solo «in occasione delle riunioni degli organi collegiali» negli «enti di notevole complessità organizzativa ai quali, per statuto o ordinamento, viene richiesto un impegno particolarmente rilevante» (articolo 8).Per derogare a questi vincoli nel caso in cui i compensi siano giudicati inadeguati, gli enti attraverso le amministrazioni vigilanti possono chiedere alla presidenza del Consiglio la costituzione di un tavolo tecnico che riveda i valori con il Mef.

La stessa salvaguardia può essere adottata per i direttori generali, su cui il decreto introduce un intelligente collegamento con il trattamento economico dei dirigenti dello Stato, comprendente parte fissa, variabile e di risultato (articolo 9) seguendo i contratti nazionali e gli integrativi dell'amministrazione vigilante.

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