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Ex Mercati generali di Roma, l'Anac elenca le irregolarità e chiede risposte al Comune

Dopo 16 anni il progetto è ancora sulla carta. L'Autorità chiede conto al comune di fatti non previsti dalla concessione, e che comunque non hanno fatto avanzare il cantiere, fermo da anni al 25%

di Massimo Frontera

Lavori fermi da anni al 25,7% del previsto, modifica unilaterale degli accordi concessori e del valore dell'oggetto dell'appalto, forti dubbi sul fatto che il progetto - per come si è modificato nel tempo - abbia conservato l'interesse pubblico per l'amministrazione concedente. Questi i temi oggetto dei rilievi indirizzati alla città di Roma e relativi a uno dei cantieri simbolo delle incompiute romane: l'area degli ex Mercati Generali, nel quartiere Ostiense. A partire dalla firma del concessione, l'11 novembre 2006, niente di quello che era stato progettato è stato realizzato. E ora, la città di Roma, in qualità di stazione appaltante, «è invitata a comunicare all'Anac le eventuali determinazioni entro il termine di 45 giorni dalla comunicazione della presente delibera».

La delibera è quella depositata il 22 settembre e pubblicata il 30 settembre sul sito dell'Anac. Le determinazioni riguardano una serie di rilievi sull'iter, tormentatissimo, della riconversione della famosa area del quartiere Ostiense. Il vuoto urbano creato dal trasferimento del mercato ortofrutticolo all'ingrosso è stato oggetto di un progetto di riqualificazione che, nelle intenzioni originarie, era destinato principalmente ai giovani e prometteva un'altissima qualità, grazie al coinvolgimento dell'archistar olandese Rem Koolhaas. Il progetto di Koolhaas è stato messo da parte dopo l'aggiudicazione, e la concessione ha messo in fila una serie di irregolarità. Il contratto è stato sottoscritto a valle di una gara vinta dal raggruppamento guidato dalla società Lamaro Appalti dei fratelli Claudio e Pierluigi Toti, noti costruttori romani, che hanno aggregato una cordata composta da The Mills Limited Partnership, Cinecittà Centro Commerciale Spa, Cogeim Spa, Fingen Spa e Consorzio Cooperative Costruzioni. In tutti questi anni il cantiere è arrivato al 25,7%, ed è fermo dal dicembre del 2016, data dell'ultimo Sal rintracciato dall'Anac.

Non è la prima volta che l'Anac si è occupato di questa operazione immobiliare. Nel 2019, l'allora presidente dell'Autorità, Raffaele Cantone, ha chiesto alla Prefettura l'applicazione delle misure di sostegno (ex articolo 32 decreto legge 90/2014) per documentate condotte corruttive che sarebbero poste in essere dai referenti del Gruppo Toti, nei confronti di un amministratore pubblico romano (Marcello de Vito). Il periodo di sostegno, ricorda la recente delibera dell'Anac, è terminato nel gennaio 2021, ma la situazione è rimasta bloccata.

Dalla ricostruzione contenuta nella recente delibera dell'Anac emerge che nell'arco dei quasi 16 anni trascorsi dalla firma della convenzione ad oggi, si sono verificati diversi e significativi cambiamenti, introdotti unilateralmente dalla controparte privata, riconosciuti illegittimi rispetto ai termini della concessione originaria e alle procedure fissate dal quadro normativo in vigore all'epoca (Legge Merloni e relativo regolamento). Uno di questi riguarda la modifica della compagine sociale. L'originaria cordata ha visto sfilarsi, tra gli altri, The Mills Limited Partnership (in qualità di mandante del raggruppalemento). E ha invece fatto ingresso la Società Immobiliare Generale Italia 7 srl. Ma, soprattutto, nel 2012, dopo l'approvazione di una prima variante progettuale che ha elevato il valore dell'operazione dai 142 milioni circa a 150 milioni, gli originari soci costruttori si accordano per cedere le loro quote al nuovo socio, con un accordo di subconcessione. Inoltre uno dei soci della compagine originaria del raggruppamento perde le qualifiche Soa richieste per l'esecuzione. L'accordo di subconcessione è subordinato all'approvazione di un'altra variante (con uno strascico legale che ha visto una pronuncia del Tar Lazio), effettivamente approvata, che farà schizzare il valore a 232 milioni di euro. Di questo accordo il comune non ne sa niente: «Il concedente - si legge nella delibera Anac - ha dichiarato di non possedere informazioni in ordine al citato contratto preliminare»). Sempre nel 2019, come si diceva, scoppia il caso legato a fatti di corruzione segnalati dall'allora presidente dell'Anac Raffalele Cantone.

I fatti che invece l'Anac vuole segnalare oggi - con la delibera firmata dall'attuale presidente Giuseppe Busia - riguardano appunto le irregolarità che si sono andate accumulando nei vari passaggi. L'Autorità prende atto che sono in corso trattative che potrebbero portare all'ingresso di un nuovo socio finanziatore; e registra anche che l'amministrazione capitolina non vuole rescindere il contratto di concessione («il Comune - si legge nella delibera - evidenzia che non sussisterebbero i presupposti dell'autotutela annullatoria o revocatoria e che l'eventuale risoluzione contrattuale darebbe luogo ad un importante contenzioso»). L'Anac chiede comunque risposte alle seguenti questioni: la seconda variante aggiuntiva (quella che ha portato il valore da 150 a oltre 233 milioni di euro) non è conforme alla normativa di riferimento, anche contrattuale, a base della concessione; «sussiste una criticità non giustificabile costituita dal grave ritardo accumulato nella realizzazione dell'opera, anche in conseguenza della seconda variante aggiuntiva»; «la variazione soggettiva della società di progetto, consistente nell'estromissione del socio esecutore, non è conforme alla normativa di riferimento, anche contrattuale, a base della concessione»; «il contratto preliminare di cessione di quote sociali del 2012 e il contratto di subconcessione del 2015 non sono conformi alle prescrizioni contrattuali poste a base della concessione».

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