Fattura elettronica Pa, la nota di accredito evita il rifiuto
La possibile correzione dei dati non permette di respingere il documento
Entrerà in vigore il 6 novembre prossimo il Dm132/20, con ogni evidenza destinato ad individuare, limitandoli, i possibili casi di rifiuto delle fatturePa). Attraverso l'integrazione del Dm 55/20 con un nuovo articolo, il 2-bis, il decreto sembra proprio rivolto a porre un freno alle tante, e ricorrenti, situazioni di rifiuto prive di fondamento tecnico, come l’indicazione nella fattura del professionista del termine «fattura» in luogo di «parcella», l’inesatta indicazione del termine di pagamento o del luogo di consegna della merce acquistata, le indicazioni relative al bollo e così via. Per superare una situazione per molti versi fuori controllo, il decreto 132/20 ribalta l’attuale scenario stabilendo un divieto generalizzato di rifiuto delle fatturePa, con alcune limitate eccezioni, tra le quali il ricevimento di una fattura elettronica riferita a un’operazione che non è stata posta in essere nei confronti dell’ente destinatario della fattura stessa; oppure l’omessa o errata indicazione del codice identificativo di gara (Cig) o del codice unico di progetto (Cup). Altro caso è quello dell’omessa o errata indicazione del numero e della data della determina dirigenziale di impegno di spesa (per le fatture emesse nei confronti di Regioni, Province e Comuni).
Il primo caso di legittimo rifiuto non necessita di particolari approfondimenti: una fattura riferita a un rapporto tra due soggetti che si rivela essere inesistente è fiscalmente irrilevante, e può dunque essere rifiutata. Piuttosto, va segnalata un’incongruenza tra questa ipotesi e l'ulteriore previsione del decreto secondo cui «le pubbliche amministrazioni non possono rifiutare la fattura nei casi in cui gli elementi informativi possono essere corretti mediante le procedure di variazione di cui all'articolo 26», vale a dire mediante note di accredito. Per esemplificare: se il fornitore ha erroneamente indirizzato la fattura al Comune A anziché al Comune B, egli ben può emettere una nota di accredito a storno della fattura errata; a questo punto, tuttavia, per effetto del secondo comma verrebbe meno la principale causa di rifiuto di una fatturaPa. La seconda ipotesi di possibile rifiuto riguarda la mancata indicazione del Cig o del Cup in fattura, ed è piuttosto utile. Tenuto conto che questo errore impedisce il pagamento della fattura, e che l'emissione di nota di accredito sarebbe tecnicamente preclusa (dal momento che l'articolo 26 del decreto Iva prende in considerazione casi del tutto diversi come le variazioni dell'imponibile o dell’imposta – del tutto diversi), il rifiuto di una fatturaPA consente di superare il problema. La terza ipotesi di legittimo rifiuto riguarda l’omessa o errata indicazione del numero e della data della delibera di incarico. Inutile sottolineare, a questo punto, la necessità che queste indicazioni siano tempestivamente comunicate dall’ente a ogni sua controparte.
Rispetto a queste due ultime ipotesi va peraltro segnalata la procedura alternativa proposta dalla risposta ad interpello 436/19: nei casi di errori od omissioni che non pregiudicano la validità fiscale della fattura, essa ammette l’invio, da parte del fornitore, di un nuovo documento non rilevante ai fini Iva, comunque utile a integrare i dati mancanti nella fatturaPA originaria. Resta il fatto che questa seconda procedura presenta uno svantaggio, quello di rendere necessario un aggiustamento manuale della fatturaPA nella Piattaforma per la certificazione dei crediti, per segnalare che non potrà darsi luogo al pagamento della fattura fino all’avvenuto ricevimento del documento integrativo da parte del fornitore. Da ultimo, a ulteriore conferma che la sua vera funzione è quella di bloccare rifiuti immotivati sotto il profilo tecnico, il decreto 132/20 precisa che la comunicazione del rifiuto della fatturaPA al fornitore, da effettuarsi a mezzo del SdI nell’usuale termine di 15 giorni dal suo ricevimento, dovrà indicare la causa del rifiuto riportando l'indicazione di uno dei casi previsti dal provvedimento.