Fisco e contabilità

Fisco, la delega riparte dai tagli agli sconti per evitare il deficit

Il ministro dell’Economia Giorgetti e il vice Leo annunciano l’arrivo del testo che riscrive la tassazione con Irpef a tre aliquote e revisione delle tax expenditures per finanziare le nuove misure

di Marco Mobili e Gianni Trovati

La nuova delega per la riforma fiscale che potrebbe arrivare in consiglio dei ministri la prossima settimana punterà ad autofinanziarsi prima di tutto attraverso una revisione delle spese fiscali. Sotto esame finirà sia la fioritura di detrazioni e deduzioni giudicate non più strategiche, sia la possibilità di ridurre il costo di alcuni degli sconti più diffusi attraverso la definizione di nuovi limiti legati ai livelli di reddito.

Il testo è sostanzialmente pronto, come hanno confermato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo, che ha la delega alle Finanze, intervenendo alla tavola rotonda su “Ripresa economica e crescita sociale” organizzata dagli ordini dei commercialisti e degli avvocati di Milano e dall’Università Cattolica. Ma il ripensamento del sistema fiscale, che poggia sull’Irpef a tre aliquote, il superamento dell’Irap e nuovi meccanismi di tassazione per le imprese, dovrà svilupparsi non avrà ampi spazi di deficit su cui svilupparsi e dovrà quindi cercare al proprio interno la strada per mantenere l’equilibrio dei conti. Ci sarà «un processo graduale di riduzione del carico fiscale», ha spiegato Giorgetti, in un quadro che però è dominato dall’«esigenza assoluta di avere i conti pubblici in ordine». Perché è vero che «la recessione sembra scongiurata», come sottolinea il titolare dei conti italiani, e il Def atteso in consiglio dei ministri il 13 aprile potrebbe ritoccare al rialzo gli obiettivi di crescita portandoli dal +0,6% nei dintorni del +1%, dopo uno «straordinario» +11% cumulato negli ultimi due anni. Ma il debito, che pure è sceso a fine 2022 un punto sotto le attese del governo attestandosi al 144,7% del Pil, resta elevato e «a chi ha bilanci fortemente indebitati come quello italiano i rialzi dei tassi di interesse” decisi e annunciati dalla Bce “pongono problemi seri». Con queste premesse è inevitabile per la riforma fiscale cercare risorse con cui sostenersi, a partire com’è ovvio al dedalo degli sconti. «Abbiamo 600 tax expenditures che valgono 156 miliardi; lì si può intervenire, e se si fa una revisione attenta si possono trovare le risorse per calibrare meglio le aliquote», ha detto Leo.

Il meccanismo a tre aliquote per non creare problemi ai conti pubblici dovrà poggiare su una concreta revisione delle spese fiscali, le cosiddette tax expenditures che oggi arrivano a erodere gettito tra bonus, esenzioni, e sconti di imposte, apputo, per 156 miliardi. Il percorso che la “riforma Leo” intende imboccare, in sintesi, è quello di arrivare a realizzare quell’equità orizzontale dove tutti i percettori di reddito sono tassati con le stesse regole sia chi ha reddito da lavoro autonomo, imprenditoriale da lavoro dipendente o da pensione. Oggi esistono tre zone dove il reddito non è considerato imponibile: per i lavoratori dipendenti il limite è di 8.145 euro annui, per pensionati il tetto è stato elevato dall’ultima intervento del governo Draghi sull’Irpef e per gli autonomi la no tax area è di 5.500 euro annui. L’idea di fondo della riforma è quella di partire da una n tax area uguale per pensionati e dipendenti.

La “delega Leo” in arrivo non si limita all’Irpef ma fissa criteri specifici su tutto o quasi il sistema tributario. Al centro del progetto c’è anche la revisione del reddito d’impresa con un taglio dell’aliquota Ires per quelle imprese che decidono di investire gli utili in nuovi investimenti e in occupazione. Anche per l’Ires l’idea di fondo per finanziare il taglio del 24% è quella di una revisione dei crediti d’imposta. A partire dall’eliminazione dell’Ace, l’aiuto alla crescita economica finalizzato a sostenere la capitalizzazione delle imprese e non i loro investimenti. In sostanza la riduzione del prelievo Ires deve spingere le imprese a finalizzare i loro utili sugli investimenti in beni strumentali ma non tutti i beni strumentali e in particolare a quelli più innovativi come transizione 4.0 e quelli in ricerca e sviluppo. La riduzione dell’Ires passa anche per gli investimenti in capitale umano e in questo caso un ruolo centrale in tema di finanziamento della riforma potrà arrivare dalla revisione del Reddito di cittadinanza (si veda il servizio a pagina 4).

L’altro grande capitolo della riforma è il cambiamento di approccio nell’accertamento. Come anticipato domenica su queste pagine il Ddl in arrivo dividerà i controlli sulle imprese in due grandi famiglie: per quelle più piccole arriverà il concordato preventivo biennale. Sulla base dei dati della fatturazione elettronica, degli scontrini telematici e delle comunicazioni periodiche il fisco conosce già il livello di tassazione delle partite Iva tanto da poter loro proporre in contraddittorio un livello di tassazione sul fronte delle imposte dirette da concordare per almeno un biennio. Per le grandi imprese si punta al potenziamento della cooperative compliance. Oggi riservata alle grandissime imprese e che in prospettiva dovrà prevedere una soglia di accesso più bassa e soprattutto un sistema premiale più vantaggioso a partire dalle sanzioni amministrative e da quelle penali tributarie.

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