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Fondo Sviluppo e Coesione, l'errore di limitarsi a progetti simbolo a-strategici

di Ercole Incalza ed Ettore Jorio

Il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc) - una volta Fondo per le Aree Sottoutlizzate (Fas) - è per tanti (e non solo cittadini comuni) quasi un illustre sconosciuto. Certamente, per come non viene nominalmente goduto dalla società civile, che ne ha registrato sino a oggi il fallimento gestionale con il conseguente pericolo di mettere a rischio 2,2 miliardi del Pnrr (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 22 aprile). E dire che è uno degli strumenti finanziari più duttili per generare crescita e coesistenza tra le diverse componenti geografiche che compongono il Paese, alcune delle quali tanto arretrate rispetto alle altre da apparire nelle peggiori condizioni extra continentali.

Un sacrilegio non utilizzarlo, sino a stressarlo fino all'ultimo centesimo. La legge di bilancio per il 2021 (articolo 1, comma 177) ha messo sul piatto 50 miliardi di euro, quale sua dotazione iniziale. Una fiche pesante per determinare crescita e maggiore uguaglianza sociale. Un tesoro da utilizzare quanto all'80% per il bisognoso Mezzogiorno e il restante da spendere nel centro-nord. Nello specifico: 4 miliardi per il 2021; 5 miliardi annui dal 2022 al 2029; per finire, con 6 miliardi per il 2030. Non solo. A tutto questo è sopravvenuto, per successiva decisione parlamentare, un ulteriore incremento di 23,5 miliardi, sino ad arrivare a 73,5 miliardi per il suo ciclo di programmazione 2021-2027.

A fronte di tutta questa grazia di Dio, da impiegarsi fruttuosamente per dodici obiettivi strategico-tematici, avremmo avuto modo di potenziare dal 2021: ricerca e innovazione, digitalizzazione, competitività delle imprese, energia, ambiente e risorse naturali, la cultura, i trasporti e la mobilità, la riqualificazione urbana, il lavoro e l'occupazione, il sociale e la salute, l'istruzione e la formazione e la capacità amministrativa.

Per fare sì che tutto potesse andare meglio a buon fine, si è optato di percorrere la medesima strada con il medesimo veicolo: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza quanto a 15,5 miliardi di euro. Una scelta, quella di premere il piede sull'acceleratore del tempo, per mettere più velocemente a terra le infrastrutture, utilizzando in proposito anche le risorse provenienti dal Fondo Complementare, istituito dal decreto legge 59/2021 a integrazione delle anzidette risorse.

Da qui, con una ulteriore aggiunta di 1,6 miliardi destinati a interventi decisivi e fondamentali, è cominciata la corsa della spesa da destinare a opere strategiche, tutte definite in una lista concordata con i Presidenti delle Regioni, da sostenere con il Pnrr, con quello complementare e con le finanze regionali, da rendere il più consistenti possibili.

Peccato limitarsi da tempo, a progetti simbolo a-strategici, peraltro con una lentezza che non si addice alla spesa dei fondi europei, specie a quelli spendibili nella loro unitarietà complessiva. Fa bene la ministra Gelmini a sollecitare le Regioni a fare meglio. Solo 51 obiettivi portati a termine e 102 da raggiungere, forse e come lo si vedrà, nell'ovvio rispetto dei tempi utili a godere della seconda e terza rata dei fondi europei.

Questo è il limite dei cosiddetti «progetti bandiera», non propriamente ideali e dispersivi da interventi seri e veramente trasformativi di quel Mezzogiorno, pieno zeppo di progetti fini a se stessi.

E dire, che sarebbe bastato leggere attentamente i dodici assi portanti per capire come e per cosa spendere questa montagna di quattrini europei. Ma si sa, le bandiere al vento affascinano anche i bambini, figuriamoci i papà e i nonni!

Gli esempi di buona pratica negli investimenti sarebbero stati tanti: una rete viaria che rendesse frequentabile le bellezze, le utilità e le mete necessarie del Sud del paese; una rete fognaria unitaria a partire dal basso Lazio che mettesse in salvo anche il mare dall'invasione perenne dei coliformi fecali; una tutela ambientale che proteggesse la natura e l'uomo; un welfare assistenziale unitario che assicurasse i diritti costituzionali a tutti vicino casa propria.

Ma si sa, spesso le illuminazioni delle piccole chiesette producono (ahinoi) più voti delle cose serie. Così è stato per anni, sperando che le cose cambino sensibilmente investendo su grandi e medi progetti di realizzazione di infrastrutture, anche sociali.