Fisco e contabilità

Fondone, contributi «aggiuntivi» dei Comuni alle imprese in emergenza, va rispettata la disciplina europea sugli aiuti di Stato

I paletti della Corte dei conti sui finanziamenti con il Fondo funzioni fondamentali

di Corrado Mancini

Il Comune può erogare contributi economici, in aggiunta ai ristori governativi, alle attività interessate dai provvedimenti restrittivi a seguito emergenza Covid-19 utilizzando il fondo funzioni fondamentali (articolo 106 del Dl 34/2020 e articolo 39 del Dl 104/2020) nel rispetto delle condizioni e dei limiti per l'erogazione dei contributi a soggetti terzi. Questo è il parere espresso dalla Corte dei conti, sezione di controllo per l'Emilia Romagna, deliberazione n. 130/2021 (si veda anche NT+ Enti locali & edilizia del 3 agosto).

Infatti ricordano i Magistrati, la Rgs ha ritenuto «che l'ente possa finanziare con tali risorse anche altre tipologie di interventi - diversi da agevolazioni Tari ma comunque connessi all'emergenza epidemiologica in corso (es. voucher per imprese/famiglie in sofferenza economica) - qualora, sulla base della conoscenza del proprio territorio, ritenesse tali altri interventi maggiormente utili».

Innanzitutto, osserva la Corte, sono da ascrivere alla categoria dei contributi gli atti di concessione caratterizzati dal fatto di costituire generiche attribuzioni di un «vantaggio economico» riconducibile all'articolo 12 della legge n. 241 del 1990 e cioè qualunque attribuzione che migliora la situazione economica di cui il destinatario dispone senza che vi sia una controprestazione verso il concedente.

In questa direzione l'ente dispone di una competenza ampia che abbraccia tutte le iniziative finalizzate a tutelare i cittadini e le attività economiche e a sostenerne la crescita e lo sviluppo.

La Sezione, però, non può esimersi dal sottolineare che il legislatore ha circondato tale materia di ulteriori, particolari cautele e garanzie procedimentali: ogni "elargizione" di denaro pubblico, deve essere infatti ricondotta a rigore e trasparenza procedurale e l'amministrazione agente, non può considerarsi, quindi, operante in piena e assoluta libertà e, nel caso specifico, deve rispettare i canoni costituzionali di uguaglianza e i principi stabiliti negli atti fondamentali dell'ente.

Nello specifico i Magistrati si pongono il quesito se l'emergenza pandemica, evento per definizione imprevedibile e senza dubbio straordinario, e la conseguente crisi economica, possa essere posta a fondamento per interventi ulteriori sul piano finanziario da parte del Comune, che in ogni caso devono essere, allo stesso tempo, finalizzati a conseguire interessi della comunità amministrata (nella specie, nel senso del sostegno di attività economiche territoriali).

I Magistrati contabili escludono una specifica competenza del Comune per ciò che concerne l'ambito degli interventi di carattere preventivo riguardanti genericamente il settore delle «chiusure e conseguenti licenziamenti con pesanti ripercussioni nella collettività amministrata», che appartiene alla competenza dello Stato in virtù dell'articolo 117 della Costituzione.

La Corte poi rammenta che, ai fini della legittima erogazione dei contributi a soggetti in difficoltà, va fatto uso di un criterio costituzionalmente orientato di carattere squisitamente autonormativo contenuto negli atti fondamentali dell'ente, in ossequio peraltro al disposto degli articoli 3 e 13 del Dlgs 267/2000.

Quindi, una volta individuato l'ambito specifico, disciplinato dal regolamento che deve contemplare una «serie molteplice ed eterogenea di settori (…) il cui fattore comune ed unificante appare l'intervento pubblico finanziario e cioè l'assunzione delle relative spese a carico del bilancio comunale», i contributi erogati e comunque finalizzati al sostegno delle attività saranno ritenute meritevoli per gli scopi indicati, purché previsti nello Statuto comunale.

Peraltro, l'intervento del Comune potrà risolversi solamente nell'erogazione di provvidenze economiche a favore di singoli cittadini residenti e potranno essere considerati legittimi, in quanto riconducibili alla sussistenza di uno stato di bisogno che individua situazioni di disagio inerenti a profili socio-economici (Tar Veneto, Sezione I, sentenza n. 1938/2007).

Va per altro intercettato l'esatto confine delle provvidenze basate sul concetto di disagio economico che ne rappresenta l'elemento principale e occorre quindi ricercarne l'esatta delimitazione sulla base di precise coordinate normative.

Infatti, prosegue la Corte, l'erogazione di somme non riconducibili al disagio o che trovino titolo in altre o precedenti situazioni non assimilabili non sono da ricondurre a tale categoria: milita in tal senso del resto la previsione dell'articolo 22, comma 2, della legge 328/2000 che elenca analiticamente gli interventi che costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi.

Nel caso in cui il Comune intenda assumere, nei ristretti limiti considerati, il perseguimento delle finalità specifiche delineate nel quesito, è necessario tuttavia ossequiare le indicazioni provenienti dalla delibera n. 7/2021 che pongono l' attenzione sul «sotteso, intuitivo interesse pubblico del comune istante di perseguire, con finalità equitativa solidaristica, l'attenuazione delle gravi conseguenze sulle imprese dell'emergenza sanitaria e delle connesse misure restrittive, e al contempo di tutelare la permanenza del tessuto produttivo e commerciale all'interno del proprio territorio».

Resta in ogni caso ferma la necessità di rispettare, da parte dell'ente locale, la disciplina europea in materia di aiuti di Stato valutandone l'applicabilità, avendo a riferimento alla specificità della disciplina regolatrice della materia.

Sul piano procedimentale, posto che in linea generale e astratta, rientra nelle funzioni istituzionali del Comune l'istituzione di provvidenze, comunque denominate, da conferire a singoli individui in situazione di difficoltà economica, nei termini descritti, è necessario che l'ente locale si doti di un proprio regolamento, da approvarsi in sede di Consiglio comunale, per disciplinare i presupposti e le modalità (tenuto conto inoltre del principio della distinzione tra funzioni di direzione politica e funzioni di direzione amministrativa) di erogazione del contributo, ai sensi dell'articolo 12 della legge 241/1990.

L'individuazione dei criteri selettivi e, conseguentemente, dei soggetti da agevolare rientra nella discrezionalità del singolo ente, che deve essere esercitata rispettando i principi di trasparenza, imparzialità e predeterminazione, in attuazione di quanto previsto dall'art. 12 della legge 241/1990 e del relativo regolamento comunale. Essi saranno ammessi se rispettano i parametri formali (espressi nella motivazione) sanciti dall'articolo 12 della legge 241/1990, il cui secondo comma prescrive che i «singoli provvedimenti» di cui al primo comma (i provvedimenti di concessione) devono esplicitare l'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di intervento. La predeterminazione e pubblicazione dei criteri e modalità cui le amministrazioni devono attenersi soddisfa l'esigenza di trasparenza dell'azione amministrativa (Corte Conti, sezione di controllo, 10 maggio 1993, n. 76).

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