Gare: il conflitto di interessi riguarda la posizione del personale Pa, non le imprese
Consiglio di Stato: essere aggiudicatari del primo lotto non inficia la partecipazione per l'assegnazione del secondo
L'impresa che sia già stata affidataria dei lavori da eseguire su un primo lotto di un edificio non versa in alcuna situazione di conflitto di interessi in relazione alla gara per l'affidamento dei lavori del secondo lotto. Di conseguenza la stessa impresa può legittimamente partecipare a tale gara, senza che nei suoi confronti possa operare la causa di esclusione prevista dall'articolo 80, comma 5, lettera d), che fa riferimento a una situazione di conflitto di interessi che, pur riguardando i concorrenti alle gare, in realtà chiama in causa il personale della stazione appaltante.
Si è espresso in questi termini il Consiglio di stato, Sez. V, 11 dicembre 2020, n. 7943, con una pronuncia che, oltre ad affrontare questo significativo aspetto del conflitto di interessi, offre molti spunti interessanti anche in tema di procedimento di verifica delle offerte anomale.
Il fatto
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva bandito una gara per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione e adeguamento funzionale di un immobile demaniale, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
A seguito della valutazione delle offerte da parte della commissione giudicatrice il Rup sottoponeva le prime due offerte in graduatoria al procedimento di verifica dell'anomalia. All'esito di tale procedimento l'offerta prima classificata risultava anomala; di conseguenza, l'aggiudicazione veniva disposta a favore del concorrente (un consorzio stabile) che era risultato secondo in graduatoria.
A seguito dell'aggiudicazione venivano proposti due distinti ricorsi davanti al giudice amministrativo. Il primo da parte di un concorrente alla gara, rispetto al quale l'aggiudicatario proponeva a sua volta ricorso incidentale. Il secondo ricorso veniva invece proposto dal primo classificato in graduatoria, la cui offerta era stata esclusa in quanto anomala.
Il giudice amministrativo di primo grado, nell'esaminare entrambi i ricorsi, confermava la correttezza dell'operato dell'ente appaltante e, di conseguenza, la legittimità dell'aggiudicazione. La sentenza è stata quindi impugnata davanti al Consiglio di Stato da parte di tutti e due i ricorrenti originari.
Il procedimento di verifica dell'anomalia
In sede di appello una prima serie di censure ha riguardato il procedimento di verifica dell'anomalia delle offerte.
Contro la sentenza di primo grado che ha ritenuto illegittimo il procedimento di verifica svolto nei confronti dell'aggiudicatario, quest'ultimo ha in primo luogo ricordato che, secondo un principio consolidato, il giudizio di anomalia è espressione di una valutazione tecnica dell'ente appaltante, insindacabile salvo l'ipotesi di manifesta irragionevolezza.
Nello specifico, ha evidenziato come il primo giudice abbia erroneamente ravvisato, nell'ambito del procedimento di verifica, una modifica dell'offerta economica, laddove invece vi è stata semplicemente una diversa articolazione delle diverse voci di costo, che ha tuttavia lasciato immutata l'offerta finale.
Questa censura è stata respinta dal Consiglio di Stato. Nel ribadire che il giudizio di anomalia dell'offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell'ente appaltante, sindacabile dal giudice amministrativo esclusivamente sotto i limitati profili della macroscopica illogicità o dell'errore fattuale, il giudice di appello ha ritenuto che correttamente il Tar ha rilevato come l'aggiudicatario, nell'ambito del procedimento di verifica, abbia operato, tramite i giustificativi presentati, un'inammissibile modifica dell'offerta presentata in sede di gara.
Sotto questo profilo è stato respinto il motivo di appello secondo cui le voci di costo oggetto di modifica riguarderebbero l'offerta migliorativa, formulata nell'ambito dell'offerta tecnica, e non inciderebbero quindi sull'offerta economica in quanto tale.
Questa tesi è stata respinta dal Consiglio di Stato sotto un duplice profilo. Dal punto di vista formale rileva la previsione contenuta all'articolo 97, comma 3 del D.lgs. 50/2016, secondo cui nel caso in cui il criterio di aggiudicazione sia quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la congruità dell'offerta è valutata prendendo in considerazione sia gli aspetti economici che quelli tecnici dell'offerta, rendendo evidente che anche questi ultimi assolvono un ruolo nell'ambito del giudizio di anomalia.
Sotto il profilo sostanziale, appare ragionevole tenere conto, in sede di tale giudizio, anche dei costi che attengono alle migliorie, posto che gli stessi sono pari a circa un terzo dell'intera offerta economica, per cui sarebbe del tutto irragionevole ritenere che gli stessi non incidano sulla sostenibilità e attendibilità dell'offerta.
A conferma della correttezza della pronuncia di primo grado, il Consiglio di Stato aggiunge che la giurisprudenza consolidata ammette che in sede di giustificazioni possano essere modificate singole voci di costo in relazione a eventi sopravvenuti o al fine di porre rimedio a comprovati errori di calcolo, sempre che resti fermo il principio dell'immodificabilità dell'originaria offerta economica.
In questa logica la rimodulazione di singole voci di costo deve trovare un inoppugnabile fondamento economico, poiché in caso contrario si avrebbe un'inaccettabile modifica postuma dell'offerta, in violazione dei principi di par condicio e di trasparenza e comunque in palese contrasto con la ratio e la funzione del procedimento di verifica dell'anomalia.
Questi principi trovano peraltro una puntualizzazione con riferimento a due specifiche voci di costo: gli oneri di sicurezza aziendale e il costo del lavoro.
Con riferimento agli oneri di sicurezza, il giudice amministrativo evidenzia che la possibilità di rimodulazione di alcune voci di prezzo, nei limiti sopra ricordati, trova comunque un vincolo ineludibile nell'impossibilità di modificare la voce relativa agli oneri di sicurezza, trattandosi di un elemento costitutivo dell'offerta caratterizzato da una separata identificabilità e da una rigida inalterabilità, anche in considerazione del soddisfacimento primario dell'interesse pubblico – la tutela della salute dei lavoratori – cui tali oneri sono preordinati.
Considerazioni non dissimili valgono per il costo del lavoro. Anche in questo caso il Consiglio di Stato evidenzia come la modifica del costo del lavoro in fase di gara, attraverso i giustificativi presentati in sede di verifica di anomalia, integri un'inammissibile rettifica di un elemento costitutivo dell'offerta che, per le sue caratteristiche strutturali, non può essere modificato, pena anche in questo caso la lesione dell'interesse pubblico costituito dalla tutela delle condizioni di lavoro.
Il conflitto di interessi
La parte più significativa della pronuncia riguarda il tema del conflitto di interessi. Uno dei motivi del ricorso in appello era infatti incentrato sulla ritenuta posizione di vantaggio competitivo in cui si sarebbe trovata l'impresa esecutrice dell'intervento – designata come tale dal consorzio aggiudicatario – in relazione al fatto che l'impresa medesima era risultata affidataria di un precedente appalto per l'esecuzione di lavori su un altro lotto del medesimo edificio. L'indebito vantaggio sarebbe consistito nel fatto che tale impresa avrebbe potuto acquisire informazioni strategiche idonee a incidere sulla formulazione dell'offerta. In sostanza, il possesso di dati privilegiati - non disponibili da parte degli altri concorrenti - conseguenti all'esecuzione di precedenti lavori avrebbe consentito al consorzio aggiudicatario di formulare un'offerta più competitiva, in violazione del principio della par condicio.
Questa condizione, secondo il ricorrente, integrava una situazione di conflitto di interessi, idonea a configurare la causa di esclusione dalla gara ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera d), del D.lgs. 50/2016.
Quest'ultima previsione sancisce infatti l'esclusione del concorrente nel caso in cui quest'ultimo si trovi in una situazione di conflitto di interessi ai sensi dell'articolo 42, comma 2 del medesimo D.lgs. 50. Ma tale ultima disposizione, nel definire il conflitto di interessi, fa riferimento alla situazione del personale della stazione appaltante che abbia un interesse personale tale da influenzare il regolare svolgimento della procedura di gara.
Ed è proprio su questo ultimo aspetto che si sofferma il Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo sottolinea infatti come il conflitto di interessi preso in considerazione ai fini dell'eventuale esclusione del concorrente è in realtà il riflesso indiretto di una situazione che riguarda il personale della stazione appaltante.
Questa situazione nulla ha a che fare con il fatto che il concorrente alla gara abbia in precedenza eseguito altri lavori sul medesimo immobile. Nessuna norma o clausola del disciplinare di gara configura questa fattispecie in termini di conflitto di interesse, e quindi idonea a determinare l'esclusione del concorrente dalla procedura.
A riprova di ciò, il giudice amministrativo ricorda che la giurisprudenza ha escluso l'applicabilità della norma sul conflitto di interessi anche nell'ipotesi in cui alla gara concorra una società partecipata dal medesimo ente appaltante. Indice evidente di un orientamento volto a offrire un'interpretazione restrittiva di tale norma, incentrandola esclusivamente sulla situazione del personale dell'ente appaltante.