Appalti

Gare, niente clausola sociale per i servizi di natura intellettuale

Il caso risolto dal Consiglio di Stato riguarda un appalto per il supporto alle attività informatiche

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di Roberto Mangani

I servizi di natura intellettuale si caratterizzano per lo svolgimento di prestazioni professionali in via prevalentemente personale, finalizzate all'ideazione di soluzioni o elaborazioni di pareri, preponderanti rispetto alle attività materiali e all'organizzazione di mezzi e risorse. In questa logica, va esclusa la natura intellettuale di servizi che comportano le svolgimento di attività ripetitive che non richiedono l'elaborazione di soluzioni personalizzate, essendo sufficiente l'esecuzione di prestazioni standardizzate.
Ai fini dell'affidamento dei servizi di natura intellettuale la documentazione di gara non deve contenere la così detta clausola sociale, in virtù dell'esplicita esclusione contenuta nell'articolo 50 del D.lgs. 50/2016.

Peraltro, non è ammissibile l'impugnativa volta a contestare il mancato inserimento di tale clausola, in quanto lo stesso non può considerarsi concretamente e immediatamente lesivo di alcuna posizione giuridica dei concorrenti, tutelabile in via giudiziaria.Sono queste le più rilevanti affermazioni operate dal Consiglio di Stato, Sez. V, 21 Febbraio 2022, n. 1234, che offrono interessanti spunti interpretativi sui caratteri dei servizi di natura intellettuale e sull'ambito di efficacia della clausola sociale.

Il caso
Una società in house della Regione Lombardia aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento dei servizi di supporto alle attività informatiche. La procedura era suddivisa in cinque lotti; in relazione a uno di tali lotti un concorrente impugnava l'aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante a favore di un raggruppamento temporaneo di imprese.

Il Tar Lombardia accoglieva il ricorso sulla base di due concorrenti motivazioni. In primo luogo veniva dichiarata l'illegittimità del bando di gara per il mancato inserimento nello stesso della clausola sociale, sul presupposto che i servizi oggetto della procedura non potevano essere considerati di natura intellettuale e quindi non potevano godere dell'esenzione prevista dalla norma. In secondo luogo, l'aggiudicatario avrebbe operato un'illegittima modifica dell'offerta in sede di giustificazioni rese nel giudizio di anomalia, avendo ridotto la quantità di lavoro rispetto a quanto originariamente indicato.

La sentenza del Tar è stata oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato da parte dell'ente appaltante, sulla base di una serie articolata di motivi.Con il primo motivo l'appellante ha censurato la sentenza di primo grado per non aver rilevato l'irricevibilità del ricorso del concorrente per tardività dell'impugnazione del bando. Secondo l'appellante la ritenuta illegittimità del bando per mancato inserimento della clausola sociale avrebbe dovuto essere oggetto di impugnazione immediata, cioè subito dopo la pubblicazione del bando e non dopo l'intervenuta aggiudicazione.

Con il secondo motivo è stata sollevata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto dell'interesse a ricorrere. L'appellante ha infatti evidenziato che il mancato inserimento nel bando della clausola sociale non rappresenterebbe una lesione della posizione giuridica del concorrente, considerato che tale omissione comporta una più ambia libertà dello stesso nell'organizzazione dei fattori produttivi e in ultima analisi nell'espletamento del servizio. Infine, la sentenza del giudice di primo grado sarebbe errata anche per aver censurato il mancato inserimento della clausola sociale sul presupposto che i servizi oggetto di affidamento non potessero essere considerati servizi intellettuali. Ciò in quanto l'attività di realizzazione, gestione e manutenzione del software e dei servizi a supporto rientra a pieno titolo nei servizi di natura intellettuale.

L'esclusione della clausola sociale nei servizi intellettuali
Il Consiglio di Stato ha in primo luogo accolto il motivo di appello volto a far valere l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di effettiva lesione della posizione giuridica del concorrente conseguente al mancato inserimento nel bando della clausola sociale. Al riguardo il giudice amministrativo ricorda che la clausola sociale comporta l'obbligo tendenziale per l'offerente di mantenere gli stessi livelli occupazionali del precedente gestore dell'appalto. Tale obbligo – sia pure temperato dall'esigenza di assicurare la libertà organizzativa di impresa – incide sulla formulazione dell'offerta e sulla fase esecutiva dell'appalto. In questo senso la clausola sociale, se formulata in termini talmente stringenti da pregiudicare la possibilità di formulare un'offerta economicamente sostenibile, può essere oggetto di impugnazione immediata in quanto direttamente lesiva dell'interesse legittimo del concorrente alla partecipazione alla gara.

In termini specularmente opposti, il mancato inserimento nel bando della clausola sociale non solo non comporta un onere di immediata impugnazione, ma non incide neanche in termini negativi sulla posizione giuridica dei concorrenti, che non sono tenuti all'osservanza degli obblighi che sarebbero derivati dalla clausola sociale. In sintesi, il mancato inserimento di detta clausola non lede in alcun modo la posizione giuridica dei concorrenti. Sotto questo profilo il Consiglio di Stato respinge la prospettazione che era stata operata dal giudice di primo grado. Quest'ultimo aveva infatti sostenuto che la mancata previsione della clausola sociale da parte dell'ente appaltante costituirebbe una violazione di legge, come tale idonea a rendere illegittima l'intera procedura di gara. Tale vizio di legittimità lederebbe la posizione di tutti i concorrenti, che avrebbero quindi interesse a ricorrere davanti al giudice amministrativo.

A questa ricostruzione il Consiglio di Stato replica che, per le ragioni sopra richiamate, non è dato rinvenire una effettiva lesione dell'interesse (soggettivo) dei concorrenti a partecipare alla gara, non potendo l'impugnazione di un atto amministrativo essere utilizzata per un asserito interesse (oggettivo) al ripristino della legalità violata.

La nozione di servizi di natura intellettuale
Ancorché l'accoglimento del motivo di censura relativo all'inammissibilità del ricorso abbia valore dirimente, il Consiglio di Stato ha ritenuto di affrontare anche il tema della definizione dei servizi di natura intellettuale, la cui ricorrenza nel caso di specie aveva indotto l'ente appaltante a escludere l'inserimento nel bando della clausola sociale, sulla base dell'esenzione prevista dallo stesso articolo 50 del D.lgs. 50.Al riguardo il giudice amministrativo ricorda che la natura intellettuale dei servizi si qualifica, in termini negativi, per l'impossibilità di una loro standardizzazione e per la non prevalenza di attività di tipo manuale. In questo senso, va esclusa la natura intellettuale del servizio che abbia ad oggetto lo svolgimento di attività ripetitive che non richiedono l'elaborazione di soluzioni personalizzate, bensì l'esecuzione di attività standardizzate.

Al contrario, i servizi intellettuali si caratterizzano in positivo per lo svolgimento di prestazioni professionali di tipo prevalentemente personali, che si sostanziano nella ideazione di soluzioni o elaborazioni di pareri tarati sullo specifico caso.Ed è proprio in relazione alle caratteristiche proprie dei servizi di natura intellettuale che si spiega la ragione dell'esclusione della clausola sociale dalle relative procedure di affidamento. Tale esclusione nasce dalla considerazione che il carattere professionale e personale delle relative prestazioni rappresenta un oggettivo ostacolo a una clausola che impone l'assorbimento del personale dell'appaltatore uscente. Ciò in quanto proprio i suddetti caratteri esigono che il nuovo appaltatore goda della più ampia libertà nel reclutamento del personale che mai come in questo caso si deve basare sull'intuitus personae.

In sintesi, poiché le prestazioni da rendere non sono di tipo manuale e standardizzato ma rappresentano essenzialmente il frutto di opere d'ingegno, non si può costringere l'appaltatore a utilizzare personale che non ha autonomamente selezionato e che potrebbe ritenere non idoneo allo scopo. Nel caso di specie le prestazioni di sviluppo di software ad hoc, di nuovi sistemi applicativi, nonché la manutenzione evolutiva di tali sistemi e la loro personalizzazione rientrano a pieno titolo nella definizione di servizi di natura intellettuale, con la conseguente correttezza dell'operato della stazione appaltante che ha escluso l'inserimento della clausola sociale nella documentazione di gara.

Le criticità della clausola sociale
L'intero impianto della pronuncia del Consiglio di Stato si fonda sull'espressa esenzione contenuta nell'articolo 50 del D.lgs. 50. La norma, nel prevedere l'obbligo di inserire nella documentazione di gara la clausola sociale, esplicitamente prevede che tale obbligo non trovi applicazione per i servizi di natura intellettuale. Le ragioni alla base di tale esenzione sono correttamente indicate nella pronuncia. Tuttavia, queste stesse ragioni non sembrano limitate esclusivamente ai servizi di natura intellettuale, riguardando piuttosto tutti quegli appalti caratterizzati dall'impiego di personale qualificato e altamente specializzato. Non è casuale che la stessa giurisprudenza amministrativa sia ripetutamente intervenuta per delimitare in senso restrittivo l'ambito applicativo della clausola sociale, evidenziando che la stessa non può comprimere oltre un certo limite la libertà imprenditoriale e l'autonomia organizzativa dell'appaltatore. Sembra quindi evidente che le pur legittime istanze di tutela sociale che la clausola in questione vuole soddisfare rischiano di contrapporsi al principio della libera iniziativa economica privata, anch'esso costituzionalmente garantito. Il che impone una lettura e un'applicazione di tale clausola scevra da particolari rigidità e vincoli operativi.

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