Gare, non scatta l'esclusione per i documenti in inglese
L’utilizzo dell’italiano è obbligatorio solo per la redazione del bando
L'articolo 72 del Codice degli appalti prevede che gli avvisi e i bandi siano pubblicati per esteso in una o più delle lingue delle istituzioni Ue scelte dalle stazioni appaltanti, con la precisazione che il testo pubblicato in tali lingue è l'unico facente fede. Le stazioni appaltanti italiane scelgono quindi di norma la lingua italiana, fatte salve le norme vigenti nella provincia autonoma di Bolzano in materia di bilinguismo. Tuttavia, il medesimo obbligo non sussiste anche per quanto concerne i documenti da allegare all'offerta. In vigenza del vecchio Codice, la giurisprudenza era intervenuta sulla questione, assumendo un profilo "aperturista".
Nonostante all'epoca fosse quasi del tutto sconosciuto l'istituto del soccorso istruttorio, il Consiglio di Stato (20/2012) affermava come «la presentazione, in sede di gara, di un documento in allegato all'offerta, redatto in lingua diversa da quella italiana e privo di relativa traduzione certificata non costituisce motivo di esclusione dalla gara. Il disposto di cui all'articolo 67 del Dlgs 163/06 prevede l'utilizzo dell'italiano solo per la redazione delle offerte, e non anche per i documenti da allegare alle offerte, con la conseguenza che la eventuale necessità della relativa omessa traduzione potrebbe, al più, configurare una richiesta di integrazione documentale, ma non anche motivo di esclusione dalla gara». Lo stesso tema era stato poi recentemente affrontato dal Consiglio di Giustizia amministrativa siciliana (sentenza 785/2019), che aveva ritenuto non decisiva per l'esclusione «la valutazione di documenti a corredo delle offerte non suffragati dal rispetto di tale requisito, abilitando (la commissione) semplicemente a esigere dall'offerente, ove in concreto necessario, la relativa traduzione». Il principio trova conferma nella pronuncia del Consiglio di Stato 1313/2021, in cui si ribadisce come non possano ritenersi escludenti le disposizioni di gara, che "obblighino" i concorrenti a presentare documentazione (le certificazioni di qualità) in lingua ufficiale della procedura di gara, ovvero in lingua italiana.
Tra i diversi motivi di appello (respinti dal Consiglio di Stato), la seconda classificata nella graduatoria finale contestava appunto all'aggiudicataria la circostanza che le certificazioni di qualità depositate in gara – secondo normativa Uni En Iso 140001 e Ohsas 18001 – fossero in inglese, nonché rilasciate da un organismo di certificazione non affiliato ad "Accredia". Si tratta dell'ente unico nazionale di accreditamento, che opera in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico. Le certificazioni erano state rilasciate dal concorrente in lingua inglese, senza essere accompagnate dalla relativa traduzione giurata.I giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto infondata la censura, sul presupposto che la disciplina di gara, pur prevedendo che la documentazione tecnica dovesse essere presentata in lingua italiana, non contemplava (né avrebbe potuto) un automatismo espulsivo per la violazione di tale regola. Diversamente, la previsione sarebbe stata sospettabile di contrarietà al diritto Ue. L'uso della lingua italiana è obbligatorio quando i documenti di gara non sono facilmente comprensibili per i componenti della commissione giudicatrice. Ma questo non è il caso dell'inglese.