Gare, spese di partecipazione risarcibili solo per illegittima esclusione
Consiglio di Stato: costi destinati a rimanere a carico dell'impresa
In caso di domanda di risarcimento da mancata aggiudicazione, le spese sostenute dall'impresa per la partecipazione alla gara non possono essere risarcite, trattandosi di costi destinati a rimanere a carico dell'impresa sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi possono assumere rilevanza ai fini del riconoscimento del danno emergente solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sentenza 26 febbraio 2021, n. 1678) che ha confermato la pronuncia con la quale il Tar Toscana aveva respinto la richiesta di risarcimento danni presentata da una società di costruzioni che aveva partecipato alla gara indetta dal Comune di Montecarlo (Lucca) per l'affidamento, secondo il criterio dell'offerta più vantaggiosa, di lavori di consolidamento e messa in sicurezza di un versante di frana a valle di un centro abitato.
La vicenda trae origine dal provvedimento con cui l'ente locale , dopo aver aggiudicato la gara ad un'impresa, aveva annullato in autotutela la nomina della commissione giudicatrice e, conseguentemente, tutte le attività poste in essere, compresa l'aggiudicazione, che era stata nuovamente disposta in favore della stessa impresa. La ricorrente aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione e chiesto il risarcimento dei danni per equivalente, con riferimento alle spese di partecipazione alla gara, al danno curricolare, al danno curricolare e al profitto ritraibile dall'esecuzione dell'appalto, da risarcire a titolo di lucro cessante.
In particolare, ad avviso della ricorrente, il rinnovo delle operazioni concorsuali era risultato «privo di garanzie sotto il profilo dell'imparzialità del seggio di gara» perché la nuova commissione giudicatrice «aveva espresso le proprie valutazioni "a buste aperte" […] su offerte già note e rese pubbliche dalla valutazione operata dalla prima commissione» e per il fatto che «uno dei membri della nuova commissione era stato componente della precedente». Argomentazioni che non hanno colto nel segno in nessuno dei gradi di giudizio.
Il Tar Toscana e il Consiglio di Stato, pur accogliendo la tesi della ricorrente secondo cui l'amministrazione avrebbe dovuto disporre «la rinnovazione dell'intero procedimento [a] garanzia dell'effettiva imparzialità delle valutazioni della commissione giudicatrice», hanno rigettato la domanda risarcitoria.
In particolare, con riferimento al risarcimento dei costi di partecipazione alla gara, entrambi i Collegi si sono pronunciati in continuità con l'orientamento giurisprudenziale a mente del quale tali costi:
1) non possono essere risarciti perché costituiscono una voce di spesa che resta comunque a carico dell'impresa «anche nel caso in cui risulti vincitrice della gara ed esegua il contratto» (cfr. Cons. Stato: Sez. VI, sentenza 17 febbraio 2017, n. 731; Sez. VI, sentenza 28 luglio 2015, n. 3716);
2) devono essere ristorati in forma specifica «mediante rinnovo delle operazioni di gara e, solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente» (Cons. Stato, Sez. VI: sentenze 16 settembre 2011 e 9 giugno 2008 n. 5168), altrimenti si concederebbe al partecipante alla gara «un beneficio maggiore di quello che deriverebbe da una partecipazione regolare e addirittura dalla stessa aggiudicazione» (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 7 settembre 2010, n. 6485).
Quanto alla richiesta di risarcimento delle altre "voci" di danno, anch'essa è stata respinta. Anzi è stata dichiarata inammissibile perché la ricorrente, diversamente da quanto stabilito dall'art. 40, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. («il ricorso deve contenere distintamente i motivi specifici su cui si fonda») si era riservata di "esplicitare" i danni subiti nella memoria conclusiva ex art. 73 cod. proc. amm., attribuendo a tale atto una funzione diversa da quella riconosciuta, vale a dire « [la] mera illustrazione delle censure già ritualmente proposte in giudizio» (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 27 novembre 2017, n. 5543).
Ciò fermo restando il principio generale secondo il quale è onere dell'impresa allegare i danni subiti a causa della mancata esecuzione della commessa e provarli nel loro ammontare dal momento che, diversamente da quanto avviene per l'azione di annullamento di atti amministrativi, nell'azione di risarcimento dei danni per equivalente opera l'art. 64, comma 1, cod. proc. amm. («il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite» ( cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza 12 febbraio 2020, n.1116 che ha rigettato la tesi secondo cui il danno subito a causa della perdita dell'appalto sarebbe determinabile «sulla base di criteri presuntivi, derivati a loro volta dalle previsioni concernenti le analisi da effettuare per la determinazione dei prezzi»).